II° SCUDETTO DAY, 11-5 '69, Viola campioni d'Italia!
Uno scudetto vinto sul campo della Juve. Erano circa le 16,15 dell'11 maggio 1969, quando una voce da lontano esclamò... "Quì Torino, la Fiorentina è campione d'Italia". Quella voce era di Enrico Ameri che, per una sorta di contrappasso dantesco (il popolare radiocronista era dichiaratamente juventino), raccontò in diretta a "Tutto il calcio minuto per minuto" il 2-0 della Fiorentina, ottenuto proprio sulla Juventus. Quel risultato (era la penultima giornata di un campionato esaltante) voleva dire che la Fiorentina "ye-ye" era diventata grande, che per la seconda volta nella sua storia si era mostrata la migliore di tutte, che aveva conquistato matematicamente il suo secondo scudetto. Superchi, Rogora, Mancin, Esposito, Ferrante, Brizi, Chiarugi, Merlo, Maraschi, De Sisti, Amarildo. E poi Bandoni, Rizzo, Stanzial, Pirovano, Cencetti, Danova, Mariani... Allenatore il "petisso", Bruno Pesaola. Questi gli eroi di una cavalcata trionfale lunga 30 giornate, vissuta testa a testa col Cagliari di Gigi Riva e col Milan di Gianni Rivera. Alla fine la classifica recitava: Fiorentina 45 punti, Cagliari e Milan 41, con uno score per i viola di 16 vittorie, 13 pareggi ed una sola sconfitta. Eh già, perchè la Fiorentina, in quel campionato, perse una sola volta. Successe alla 5° giornata, in casa col Bologna. Fu un 1-3 sfortunato, raccontano le cronache persino ben giocato, ed alla fine negli spogliatoi nacque il "patto per lo scudetto" con gli "invincibili" che da quel giorno non perderanno più.
Fu uno scudetto vinto a sorpresa. Nel mercato estivo erano stati ceduti autentici pezzi da novanta come Albertosi e Brugnera al Cagliari. Al loro posto era arrivato Franco Rizzo, centrocampista dotato di un gran tiro da fuori. Fu ceduto (stavolta per soldi, tanti soldi) anche Mario Bertini all'Inter, un mediano formidabile che di lì a poco diventerà vice-campione del mondo con l'Italia a Mexico 70'. Se ne era andato anche "Beppone" Chiappella, pigmalione di quella Fiorentina "ye-ye" basata su giovani di belle speranze che si chiamavano "Ciccio" Esposito, Claudio Merlo, Luciano Chiarugi e Ugo Ferrante. Al suo posto arrivò un allenatore argentino di Buenos Aires, Bruno Pesaola detto il "petisso", che raccolse l'eredità e fece l'impresa. Con queste premesse (lo confessano gli stessi protagonisti) l'obiettivo di partenza era la salvezza. Poi, dopo quella famosa sconfitta, arrivarono una serie di risultati esaltanti e la vetta della classifica fu conquistata in breve tempo. Vittoria a San Siro sull'Inter per 2-1, sulla Juve (all'allora "Stadio Comunale di Firenze)" ancora per 2-1, trionfo al San Paolo di Napoli per 3-1... Senza dimenticare un pizzico di fortuna, come nel derby col Pisa (poi retrocesso) dove i viola vinsero per 1-0 con gol su punizione di Amarildo all'89', dopo aver subito per tutti i novanta minuti. Quella Fiorentina, sapientemente costruita dal presidente Nello Baglini, industriale nel settore chimico, non segnava molto, ma subiva ancora meno. Alla fine saranno 38 le reti realizzate (capocannoniere Mario Maraschi con 14 centri) e solo 18 le reti subite, grazie ad un portiere emergente come Franco Superchi, due terzini marcatori come Bernardo Rogora ed Eraldo Mancin ed una coppia di centrali formata da Ugo Ferrante e Pino Brizi. Il resto lo fecero la classe di Claudio Merlo, le geometrie del "capitano" Giancarlo De Sisti, le scorribande di "cavallo pazzo" Luciano Chiarugi, e le magie "brasileire" di Amarildo, già campione del mondo nel 62' in Cile, col Brasile di Pelè.
Quell'11 maggio del 69' bastarono due gol per regalare un sogno: il primo, al 48', lo mise a segno Chiarugi che poi si lanciò in un memorabile giro di campo per raccogliere l'ovazione dei 30.000 fiorentini accorsi a Torino. Poi ci pensò Maraschi, al 69', a fissare il risultato finale sul 2-0 e laureare la Fiorentina campione d'Italia per la seconda volta. Quando tornarono, a tarda notte intorno alle 1,30 (la squadra fu ospite della Domenica Sportiva), c'era tutta Firenze ad aspettarli in una Piazza Signoria gremita di bandiere e straboccante di gioia. E sulla Torre di Arnolfo, garriva al vento un labaro viola...