Ecco perché l'illusione del cambio 'modulo' non può durare: le parole di Vanoli come richiesta alla società per gennaio
C'era una volta la Fiorentina 'camaleontica': così la voleva un allenatore che è fresco fresco di vittoria contro i campioni del mondo del Chelsea. Era una richiesta esplicita: saper cambiar spartito, stravolgere il sistema di partita in partita o a gara in corso. Poi però lo stesso tecnico, Raffaele Palladino, ha contribuito all'epurazione degli esterni: un anno fa se ne andarono, in serie, Riccardo Sottil, Jonathan Ikoné e Christian Kouamé. La loro partenza da Firenze coincise con una visione d'insieme futura condivisa anche dalla società: questa squadra vive e muore (calcisticamente) con la difesa a tre - da lì anche l'acquisto di Pablo Marì -, una sorta di progetto Inter in miniatura, l'altra realtà che ha rinunciato volutamente agli esterni alti. Poi però l'allenatore è cambiato, Stefano Pioli ha ereditato questa squadra 'monca' e Paolo Vanoli appena arrivato ha sottolineato proprio questa mancanza: "Al giorno d'oggi gli esterni offensivi fanno la differenza e noi non li abbiamo".
Mini-rivoluzione
Ieri, per la prima volta da quando è arrivato a Firenze, Vanoli ha provato a mettere insieme quello che aveva per cambiare qualcosa: e quindi, dal 70' in poi, gli esterni se li è inventati. Curioso che la prima vera variatio su tema (al di là dei 20' iniziali contro il Como, in cui Pioli schierò Lamptey esterno alto) coincida con il ritorno a roster di Kouamé, un desaparecido, uno da 1,8 milioni netti l'anno di stipendio che, in qualche modo adesso, in momento di magrissima, rischia di diventare più utile di quanto si pensasse. La Fiorentina ha terminato la gara contro la Dinamo con quattro esterni, Dodo e Parisi bassi, Fortini e Kouamé alti. E la musica è parsa diversa. Ma gli ammonimenti di Vanoli in conferenza sono legge: punto uno, un comandamento da scrivere nella pietra, "Non esistono i moduli", i numerini che ci divertiamo a inserire tra le barre rispondono alla necessità di racchiudere tutto in dati, in linee e figure organiche, mentre la partita è caos, posizioni fluide e quindi i 'campetti' che ci divertiamo a mettere sui giornali e siti sono salutati da chi questo sport lo fa davvero con una risata amara. Però esiste l'atteggiamento e soprattutto l'impianto di gioco, il sistema, quello sì che si può cambiare. Due uomini a battere le corsie esterne invece che uno, svuotare un centrocampo che, per quanto visto finora, può essere anche meno 'centrale', più cross per due centravanti veri, come visto negli ultimi venticinque minuti ieri.
La richiesta
Una piccola rivoluzione che Vanoli pensava da tempo, come detto. Ma anche lui, come Pioli, è prigioniero delle scelte fatte da chi li ha preceduti. «Nel calcio i moduli non esistono più, lo ripeto, conta altro. Poi però c'è un momento in cui devi cambiare qualcosa, l'atteggiamento. La difficoltà nel cambio di sistema di gioco deriva dalla mancanza degli esterni, la coperta è corta e i cambi non ce li hai, ma è un buon segnale questo, vedere che possiamo fare qualcosa di diverso. Ce l'avevo in testa da tempo» ha detto ieri nel post-Dinamo il tecnico varesotto. Tutto giusto, tutto inevitabile. E quindi, finché non arriverà il mercato a dare ulteriori soluzioni, un cambiamento ci potrà essere, ma solo per alcune fette di gara e, presumibilmente, a partita in corso. Perché in un calcio che va pensato sempre di più come uno sport che coinvolge 16 giocatori a partita (11 titolari e 5 cambi) è impensabile adesso strutturare un 4-4-2. Torniamo a ieri sera: Dodo, Fortini, Parisi, Kouamé, in campo insieme tutti gli esterni a disposizione in quel momento. E nessuno di loro fa di mestiere l'esterno alto. Uno potrebbe pensare al recupero di Gosens, all'adattamento di Fazzini, ma sono arrangiamenti, è una carbonara senza guanciale. Gli ingredienti dovranno arrivare a gennaio.