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CORVINO, Ritratto del ds viola visto da Torino

di Redazione FV
Fonte: Tuttotoro.com

C’erano una volta Italo Allodi e Luciano Moggi: grandi uomini mercato, antesignani dei moderni manager in grado di scoprire talenti, di gestire società, dotati di carisma e fascino.
Oggi che Allodi non c’è più e Moggi è rimasto schiacciato sotto il peso del suo stesso potere, nel calcio italiano tra i “Ds” che riescono ad essere più incisivi nei risultati della propria squadra c’è senza dubbio Pantaleo Corvino, 58 anni, deus ex machina della Fiorentina di patron Della Valle.

Non per nulla, dal momento del suo ingaggio ad oggi, i viola sono riusciti a diventare una delle grandi del campionato, senza dover ricorrere né ai grandi nomi, né tanto meno ai grandi... assegni.
Il suo modo di lavorare, infatti, è semplice e si vede chiaramente guardando la rosa della Fiorentina: si possono anche spendere tanti soldi, ma solo se l’obbiettivo è un giocatore valido e, soprattutto, giovane.

Ecco il suo segreto, un segreto che si porta dietro fin dal momento in cui, lasciato il calcio giocato prima e l’Aeronautica militare, divenne direttore sportivo della squadra della sua città natale, il Vernole. Insomma, una partenza da fiaba del calcio: la terza categoria, poi la Promozione a Scorrano, quindi la serie C in quel Casarano che - prima del fallimento - tra gli anni Ottanta e Novanta regalò al calcio giocatori come Fabrizio Miccoli, Cosimo Francioso, Paolo Orlandoni e Dario Passoni.

Come a dire, che Corvino il fiuto per un bravi giocatori l’ha sempre avuto... Non per nulla, nel 1998 viene assunto dal Lecce e, per sette stagioni, è il protagonista principale di uno dei periodi più floridi della società giallorossa: si “inventa” Bojinov, Chevanton, Vucinic, Ledesma, rigenera Cristiano Lucarelli e i salentini diventano ospiti quasi fissi della serie A.
Un gran bel lavoro, che nel 2005 gli vale la chiamata da parte della famiglia Della Valle. E lui, il pacioso Pantaleo, giunge nella città di Dante e, dal giorno dopo, riprende a fare quello che faceva a Lecce: scoprire talenti, rigenerare campioni e campioncini appannati, far girare squadra e società come un ingranaggio tedesco.