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C'E' POSTO NEL CUORE di Marco Bucciantini

di Marco Bucciantini

Eccoci alla settimana decisiva. Per cosa? Dobbiamo togliere questa cappa di dramma sopra la Fiorentina, e i suoi protagonisti. Dobbiamo anche cambiare linguaggio. Ogni domenica è decisiva, ogni vertice è decisivo, e la vicenda dell'allenatore è decisiva più di tutte, le si è dato carattere simbolico: se Prandelli resta, significa che il progetto va avanti, se Prandelli se ne va, significa che i Della Valle hanno deciso di ridimensionarsi. Rifiuto questo modo di pensare.

Vorrei restasse Prandelli perché è bravo, è serio, ha messo insieme uno staff ottimo, che allena bene muscoli e testa. Vorrei che restasse perché quando venne eravamo l'ultima squadra della Serie A, quelle dietro di noi erano retrocesse, e scoprimmo poi di doverci perfino vergognare per come eravamo rimasti aggrappati a quel campionato. E con lui, con Corvino, sono arrivati campionati di vertice, viaggi importanti, una dimensione europea. Per questo, per la professionalità, per i meriti, vorrei restasse Prandelli.

Ma se l'anno prossimo ci fosse un altro allenatore, per me questo non significherebbe nient'altro che aver perso una bella persona, che probabilmente ci lascerebbe per lavorare al massimo livello, alla Nazionale, alla Juventus, all'Inter.
Non credo sia giusto caricare una vicenda “normale” di rapporti di lavoro con altri significati. Lo sarebbe se fossero altri i protagonisti. Ma per l'elenco dei meriti che riconosco a Prandelli ho fiducia anche negli altri protagonisti, che sono persino più imprescindibili dell'allenatore: nel calcio le persone più importanti sono i presidenti. Loro – i Della Valle – rappresentano, garantiscono, incarnano la continuità del progetto. Non starebbero nel calcio per fare le comparse, non è nel loro modo di fare e pensare.

Questo non assicura la patente d'infallibilità, e nessuno può esibire un documento simile. Ed è questo che a volte loro si chiede, quasi che dovessero pagare un dazio eterno al fatto di non essere fiorentini, e forse nemmeno simpatici. La vicenda poteva spiegarsi linearmente: andare avanti insieme, dopo cinque anni, tempo limite in un calcio stressante e logorante come quello italiano, dove spesso le novità saziano a prescindere. Per continuare, adesso, dopo una stagione finita male (ma molto succosa in alcuni momenti), serve un'unità d'intenti e un calore che non vedo fra i protagonisti. L'alternativa è cambiare. Lasciarsi (bene, questo è importante), augurarsi buona fortuna, magari per ritrovarsi più avanti. Questo non è un dramma, e lo dovrei scrivere maiuscolo, perché così viene vissuto. La mancanza di misura è però un limite degli ambienti perdenti. La Roma aveva un allenatore che sembrava aver inventato il bel calcio (Spalletti). Lo ha salutato (male), ha cercato un “dottore” come Ranieri, spesso buono per rinsaldare ambienti sfarinati. Per poco non ha fatto un miracolo.

Non è facile indovinare un finale in questo sport, ma è bello vivere i suoi alterni momenti. Credo che quest'anno dovevamo assaporare di più e meglio ciò che stava proponendo la stagione. Ci siamo fatti sormontare e sopraffare dall'ansia di futuro, e l'abbiamo rivoltata contro la società, accusandola di aver venduto Kuzmanovic e Dainelli (con tutto il rispetto, non giocherebbero mai in questa Fiorentina al completo). Questo è stato ingiusto, perché i primi a “vedere” il futuro, qui, a Firenze, con in ballo un pallone, sono stati i Della Valle, anche pomposamente, con un plastico e una città dello sport, e uno stadio meraviglioso. Ho detestato, davvero, questa precisa, scientifica strategia di un gruppo spontaneo ma vivacemente convinto di colleghi e addetti ai lavori che ha voluto frapporre Prandelli ai Della Valle, “forzando” la convivenza come unica garanzia di una Fiorentina di vertice.

Questa cosa ha impermalosito Diego e reso scomoda la posizione di Prandelli, lusingato dalle richieste. E soprattutto, questa prova di forza e di nervi ha spremuto la squadra, arrivata al lumicino di forze mentali in questa primavera. Ed ha ammantato d'ipocrisia tutti, costringendoli a dichiarazioni di circostanza, “resto, ho un contratto”, “resta, ha un contratto”. Non sia per quel contratto che si va avanti insieme. Sarebbe la terza soluzione, l'unica davvero perdente. Se dovesse restare, io sarei felice. Se dovesse andare via, si porterà ovunque vada un pezzo di cuore nostro, mio, anche. Quel che resta di questo cuore, sarà per chi viene.