MERCATO, I DS in Europa, tra potere e competenza
Fonte: TMW
Il mercato incombe in tutta Europa, perché, frasi fatte a parte, è proprio in primavera che nascono i progetti delle grandi squadre per la stagione successiva: un mercato improvvisato a maggio inoltrato, o peggio ancora ad agosto, vivendo sulle "occasioni", è sinonimo e preludio di fallimento, teorema più volte confermato dal campo. Marzo ed aprile insomma sono i mesi di chi ha il compito più difficile ed oneroso nell'organigramma societario: che sia il direttore sportivo o l'amministratore delegato, piuttosto che il manager all'inglese, poco conta, ma indispensabile è che qualcuno, possibilmente competente (e non è poi così scontato), si assuma la responsabilità di scegliere le strategie e dettare le linee guida per la campagna rafforzamento, attraverso acquisti e cessioni. Marginale invece la figura del Presidente, almeno nel calcio contemporaneo: oggi i numeri 1 di vecchio stampo, Santiago Bernabeu o Silvio Berlusconi che siano, non ci sono più, o si sono arrugginiti nel caso del Cavaliere, così è meglio che i Moratti, De Laurentiis, Elkann, Laporta, Perez, si limitino a stanziare semplicemente i budget, senza mettere il naso direttamente in questioni che non necessariamente si addicono a uomini d'affari che nel calcio hanno investito contanti, ma con competenze difficilmente superiori a quelle dei tifosi. Insomma, "dimmi a chi ti affidi e ti dirò quanta strada fai" potrebbe essere il motto da tenere in considerazione: un "gestore" di club ha bisogno di un giusto mix di esperienza, freschezza, fantasia, furbizia e, sembra scontato, di una rete di conoscenze ed osservatori ben radicata, pur senza scadere mai nell'acquisto su "raccomandazione". Evidente, senza varcare i confini italiani, che in casa Juventus qualcosa sia venuta decisamente meno: Alessio Secco è giovane ed ambizioso, ma è stato buttato allo sbaraglio da una dirigenza in preda ad una crisi di rigetto in una società abituata a ben altri standard con Luciano Moggi. Con disarmante ingenuità si è pensato di riempire il cratere con due assegni da 25 milioni circa l'uno, per due ottimi giocatori ma non due campioni, e con una serie di acquisti telecomandati dal pilota sbagliato: flop clamoroso ed innegabile, meriterebbe forse un'altra chanche, almeno per provare a difendersi dalle pesanti accuse di incompetenza più volte rivoltegli dalla piazza torinese, ma chiaramente in un contesto diverso, in cui non venga limitato a fare il pony express di cifre spropositate in trattative che chiunque avrebbe saputo chiudere… In caso di nuovo fallimento, allora certo non avrebbe alibi e servirebbe su un piatto d'argento la ragione a stampa e tifosi. Allargando il raggio d'osservazione, un metro di giudizio revisionista lo meriterebbe l'operato di Pedrag Mijatovic, braccio destro di Ramon Calderon nella presidenza forse più sciagurata della storia del Real: eppure Sneijder, Robben ed Higuain, "un paio di cosette" in questa stagione le stanno mostrando, giocatori acquistati dal serbo ex Fiorentina con cifre adeguate al valore potenziale e non dei suddetti talenti. Se i primi due sono stati svenduti ad Inter e Bayern, mentre al terzo è stato comprato Benzema come cono d'ombra, il demerito è della premiata ditta Florentino Perez - Jorge Valdano: il primo, troppo pieno di sé per ammettere che i tempi di Zidanes y Pavones sono cambiati, il secondo delizioso poeta del calcio ("Il sogno di Futbolandia" resta, a mio giudizio, la miglior opera letteraria calcistica mai scritta) ma non esattamente un'aquila nel suo nuovo ruolo… A casa agli ottavi contro il Lione. A proposito dei francesi, ben funziona il binomio Aulas-Lacombe, che ha saputo rifondare anno per anno, costruendo in questa stagione una squadra che in Ligue 1 sta ricominciando a carburare, ma che in Champions ha raggiunto senza troppa fatica i quarti: un turno dove affronterà il Bordeaux di Triaud, citofonare in Via Turati e chiederne referenze, dopo la beffa del caso Gourcuff. In Inghilterra il discorso è diverso, perché i Wenger, Ferguson e Benitez (in ordine di "fiuto", ma non di risultati) hanno carta bianca totale: al Chelsea, la figura di Frank Arnesen è andata col tempo – e con l'incombere di problemi legali – sfumando, ma l'uomo che ha portato Ronaldo in Europa è quanto di più completo forse giri per i corridoi delle sedi calcistiche, quello che servirebbe ad un City che ancora non ha scelto cosa diventare da grande. Del discorso Germania ne abbiamo parlato più volte, la cultura ha dato la svolta ad un movimento intero, mentre in Spagna, Valdano a parte, troviamo Txiki Beguiristain, un dirigente fatto in casa come nella logica del Barça, con alti e bassi ma integrato alla perfezione nell'idea del Barcelonismo. Ben più solleticante il progetto Siviglia, con l'inossidabile Monchi: Culè, vi piace Daniel Alves? Mandategli un sms di ringraziamento al dirigente andaluso almeno. Insomma la carrellata ci riporta inevitabilmente in Italia, dove le sponde del Naviglio danno sensazioni controverse: Marco Branca è la vera sorpresa del movimento italiano, ci ha messo anni, ma ha sconfitto lo scetticismo ed ha saputo imporsi come un autorità, con le operazioni Julio Cesar, Maicon, Cambiasso a dimostrarlo. Al Milan non si può mettere in discussione la competenza di un duo pentacampione d'Europa come Galliani e Braida, ma indubbiamente è venuta meno la freschezza e forse anche la fantasia: il Milan costruiva i propri successi sui Van Basten, Shevchenko, Kakà, mentre oggi un'operazione alla Thiago Silva sembra più un'eccezione che la regola, mentre il caso Gourcuff ancora chiede vendetta a gran voce. Il francesino arrivò per volere di Ariedo Braida, non di uno qualsiasi: vien da chiedersi allora come abbia fatto un direttore capace di colpi di fantasia ed ingegno, a perdere lo smalto. Si può, ad esempio, andare a prendere Yepes, 35enne che neanche nelle sue migliori stagioni con le maglie di River Plate e PSG aveva fatto intuire margini tali da farlo considerare "da Milan"? Certo bisogna vedere con che aspettative il colombiano sbarcherà a Milanello (al posto di Favalli sarebbe forse credibile) e soprattutto quanta valenza abbia ancora la formula usata, ovvero "essere da Milan". Meglio guardare ai Corvino (ma la convivenza con Prandelli è difficile), Leonardi (nato nella scuola sull'asse Torino-Udine con oggettivi benefici per il Parma di Ghirardi) e Marotta (buon gestore economico, ma di un gradino sotto "calcisticamente")… E pensare che uno dei migliori se non "il" numero uno dello Stivale, è attualmente senza contratto: il Napoli da stanotte sogna la Champions e ben più di un grazie andrebbe a Pierpaolo Marino, perché Lavezzi, Gargano, Denis, Quagliarella ed Hamsik non sono arrivati al San Paolo per caso come figuranti di un film di Natale. Bilanci in piena regola e soldi investiti pari allo zero perchè quando risparmi sull'ingaggio puoi permetterti anche una leggera spesa in più sul cartellino. Ma la notte è passata e, tutti, con troppa fretta si dimenticano dei veri protagonisti: gli altri ballano quando la pista è chiusa, ma il tempo è galantuomo...