TRA LUCI E (MOLTE) OMBRE
Il mercato è finito. O meglio, si è chiusa ufficialmente la sessione estiva della campagna trasferimenti. Perché il mercato non si ferma mai. Soprattutto per la Fiorentina. Per questa Fiorentina. Dopo aver parlato per mesi della situazione di Riccardo Montolivo, ora toccherà inevitabilmente ad Alberto Gilardino e Juan Manuel Vargas. E, forse, ma speriamo di no, a Stevan Jovetic. Ma andiamo per gradi.
Dal punto di vista puramente tecnico concordiamo sul fatto che quella della Fiorentina sia una rosa forse non di prim’ordine ma sicuramente di tutto rispetto.
Dal punto di vista tattico iniziamo a nutrire i primi dubbi. Molti esterni, seppur assai duttili, troppi difensori centrali (sei!), ma, soprattutto, nemmeno un centrocampista di interdizione. E’ vero che nel 4-3-3 il classico mediano può non servire, ma sarà un caso che tutte le squadre, anche quelle che adottano moduli decisamente offensivi, ne abbiano minimo uno in rosa, se non addirittura nell’undici titolare? Se in una partita gli avversari ti mettono in difficoltà sfondando per vie centrali, devi avere per forza un mazzolatore da buttare là in mezzo…Nell’estate del 2009 Pantaleo Corvino fu quasi beatificato per la cessione di Felipe Melo. A parte il fatto che, dal punto di vista finanziario, quell’operazione andrebbe, col senno di poi, molto ridimensionata -visto il rendimento complessivo di Marchionni e Zanetti- , ci si è mai chiesti, invece di lamentarci -seppur a ragione- dell’arbitraggio di Ovrebo, se Robben avrebbe segnato quel gol maledetto con in campo il Brasiliano o un giocatore con le sue caratteristiche? E, attenzione, parliamo della partita che ha segnato l’inizio del declino della Fiorentina. Per non dimenticare una gara ormai vinta a Verona e poi incredibilmente persa con l’uscita di Donadel. Ma un Brighi, andato all’Atalanta, non all’Anzhi, o un Nocerino, andato sì al Milan, ma per pochi spiccioli, proprio non c’era verso di prenderli? Comunque, siccome i “se” e i “ma” sono il patrimonio dei b......i, andiamo oltre.
Si è insistito molto sul discorso delle motivazioni. Bene, con tutto il rispetto –e non è una frase fatta- per determinati giocatori, con che spirito andrà in campo un Montolivo, privato della fascia di capitano e che rischia di essere travolto dai fischi del pubblico al primo errore? Come reagirà Alberto Gilardino se nelle prime gare di campionato dovesse avere dei problemi ad andare in rete? E Vargas continuerà a mettersi in luce solo nei posticipi serali contro le “big”?
Non ci piace affrontare il discorso finanziario, ma è inevitabile. Come inevitabili erano forse le partenze di Mutu e Frey. Ma il Francese bisognava proprio regalarlo? E, poi, lasciando da parte il caso D’Agostino –sarebbe come sparare sulla Croce Rossa- come è possibile che ogni anno ci siano sempre dei giocatori che se ne vanno a parametro zero? Sarà sempre e solo colpa loro? Giustamente non si sono voluti “svendere” i propri pezzi pregiati. Ma ci si rende conto o no che le valutazioni dei calciatori, fatta eccezione per quelli ceduti a sceicchi e tycoon vari, sono decisamente calate? Davvero Gilardino non poteva partire per meno di 15 milioni? E l’anno prossimo, quando, con tutta probabilità, sarà nelle stesse condizioni in cui si è trovato questa estate Montolivo, cosa si penserà di fare con l’attaccante biellese? Davvero, ci pare strano che delle persone di grande intelligenza e oculatezza come i Delle Valle permettano che avvenga tutto ciò. Vogliamo pensare che quello che è avvenuto in questo mercato non sia dovuto ad una cattiva gestione dei capitali che hanno ancora una volta voluto investire in questa squadra, ma ad un loro atto di generosità. E, proprio per questo, ci aspettiamo che, se le cose dovessero iniziare a non mettersi nel verso giusto, qualcuno ne renda loro conto.
In casa Fiorentina sono sempre piaciute parole come “ciclo” e “progetto”. Dopo un periodo di esitazione si è tornati ad usare il primo dei due termini, annunciandone uno nuovo. Invece siamo sempre nel limbo. Un limbo iniziato un anno fa. Quando davvero c’era la possibilità di rivoluzionare il tutto. E invece se ne è andato solo l’allenatore. Un allenatore che con il direttore sportivo non andava tanto d’accordo, ma con il quale, per quattro anni, ha costituito un binomio vincente. Forse, per cambiare davvero le cose, occorreva che con l’era Prandelli terminasse anche l’era Corvino. Ma non è stato così. C’è sempre tempo però. I Della Valle -per fortuna- non hanno l’abitudine, tipicamente isolana, di far piazza pulita al primo intoppo. Ma il campo, giudice inappellabile, ormai attende tutti quanti al varco.