GAMBERINI, Dura marcare Chiesa-Simeone. I padri...
Alessandro Gamberini torna da avversario con il suo Chievo tornato alla vittoria dopo un lungo periodo di crisi. Una vittoria-liberazione come dimostra l'abbraccio collettivo dopo la vittoria e come conferma il difensore in conferenza stampa: "E' stata una liberazione, per il fatto di aver sofferto tutti insieme, non c'è stata una persona che questo periodo non lo abbia vissuto con dispiacere. E quello è stato un momento in cui tutti, se avessero potuto, sarebbero entrati in campo, dirigenti e tutti... Ed è stato bello vedere quanto vale un gruppo e quanto vale una società perché in momenti come questi sei portato a tirare fuori di più di quello che puoi se ci tieni alla maglia e a chi c'è dietro e questo è il segnale che tutti noi abbiamo voluto dare anche ai dirigenti".
Come veterano in questo periodo di crisi sei stato interpellato?
"Personalmente no, ma abbiamo parlato tanto anche perché qui c'è gente con esperienza e non alludo solo ai giocatori perché tutti hanno dato una mano. Solo così il Chievo sarebbe potuto uscire da questo periodo che a livello mentale ti toglie tante certezze, che erano state conquistate piano piano col sacrificio e la determinazione che però non bastavano più ad ottenere risultati. Ognuno di noi, anche chiacchierando a pranzo tra compagni o con i dirigenti qui a Veronello, ha provato a dire qualcosa e tutti sono stati ascoltati. Il giorno libero è stato un giorno vissuto mentalmente più leggero. La vittoria e come è venuta sono state una liberazione. Ora viene il momento più difficile: o si insiste su questo binario tutti quanti per uscire arricchiti da questa esperienza oppure si pensa di essere già fuori dal periodo difficile e quella sarebbe la strada più brutta".
Che effetto le fa tornare a Firenze?
"Per me, da quando sono andato via, tornare a Firenze è sempre diverso che andare in altri campi e stadi perché ci sono stato 7 anni ed è inevitabile che una parte importante di me si sia svolta là, tra l'altro è stato un ciclo bellissimo in cui ci siamo tolti tante soddisfazioni a livello personale e di squadra ma al di là di quello per noi è una gara importante".
Cosa pensa di Giaccherini?
E' stato un acquisto importantissimo perché è un giocatore di grande spessore non solo calcistico ma anche umano per l'umiltà e per come si è inserito pur venendo da grandi squadre. Ha voluto a tutti i costi il Chievo e lo ha dimostrato, perciò è stato un acquisto importantissimo e dispiace che ora abbia un piccolo problema per una ginocchiata ed ora stanno valutando il percorso migliore per recuperarlo".
Cosa pensa di Bani che da tifoso la seguiva in Champions ed ora è suo compagno?
"Ho sempre avuto una grandissima stima di Mattia e ne parlai già quest'estate in ritiro, perché mi impressionò subito e per il Chievo di sicuro è un patrimonio di grandissimo valore perché ha anche l'età giusta per aprire un ciclo importante e sarà un giocatore sul quale la società potrà fare affidamento per tantissimi anni. E' un difensore che è stato molto sottovalutato, che rispecchia il difensore moderno perché ha grandi doti fisiche e un'ottima capacità di far partire l'azione e di impostazione. Lo abbiamo notato tutti ed ora ha la possibilità di dimostrarlo e si è inserito alla grande. E' un ottimo giocatore di prospettiva".
Ma avete parlato con Maran?
"Non abbiamo avuto modo di parlare individualmente ma durante il periodo negativo la squadra ha avuto varie opportunità di stare insieme e fare gruppo, andando a cena anche con lo staff e cercando di restare uniti. Il rischio era di viverla con troppo carico emotivo e questi momenti di svago ci hanno dato una grossa mano a ritrovare la serenità. L'abbraccio dopo la partita infatti non è stato normale, è stato veramente tra tutti, vale più di mille parole".
Come si conquista Firenze?
"Sono arrivato là molto giovane, Firenze è una piazza impegnativa, dove si avverte molto la passione della gente intorno alla squadra e la cosa più semplice per conquistarla e farsi appreszzare è dimostrare di mettercela tutta. I tifosi apprezzano che quando si indossa quella maglia si dia tutto, anche più di quello che uno può e credo che per me sia stato questo. Io sono arrivato lì a 23 anni, in punta di piedi perché ero uno dei tanti acquisti che avevano fatto nel primo anno di Corvino che era di rifondazione dopo la salvezza e tanti eravamo arrivati da sconosciuti".
Nel Chievo è stato più facile superare le crisi rispetto ad altre piazze come Firenze?
"Ho vissuto una situazione simile l'ultimo anno di Firenze e quando tu vivi un'esperienza negativa ti porti dietro qualcosa, delle situazioni che hai paura di rivivere perché quella volta l'ho vissuta veramente male perché era un ambiente diverso e un gruppo diverso. Ad ogni piccola difficoltà c'era il pretesto per spaccare ancora di più lo spogliatoio e il gruppo e invece qua ho avuto la dimostrazione che il Chievo è rimasto unito, non c'è stata una crepa e questo mi ha dato la forza, anche se il periodo è stato lungo, di credere che ne saremmo usciti. Questa è stata la differenza con quell'altra esperienza".
Lei ha giocato con Chiesa e Simeone, ora dovrà marcare i figli, ci pensa a questo?
"Ci penso perché sono passati tanti anni. Io, Dario e Massimo ogni tanto parliamo delle prime partite, io ho giocato contro Boksic che qualcuno ora non conosce neanche. E' passata una generazione intera ed Enrico Chiesa me lo ricordo perché era un attaccante difficile da marcare, perché quello era un calcio diverso in cui il difensore rimaneva attaccato alluomo e dovevi conoscerlo per sapere se andava a destra o a sinistra e per marcarlo. Lui aveva grande tecnica e velocità di esecuzione superiore alla media, avevi molte difficoltà a marcarlo perché spaziava ovunque e calciava di destro e sinistro. Quando vedo correre il figlio, me lo ricorda, ma ha caratteristiche diverse, è eccezionale, atleta moderno e un giocatore fortissimo. Simeone secondo me è un giocatore difficile da affrontare, è di grande movimento e dà pochi riferimenti e come prima idea ha quella di attaccare la porta, ricordo anche all'andata qui a Verona, riesci a contenerlo e a prendergli le misure ma le occasioni se le crea perché punta cinquanta volte la porta".