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ALLO STADIUM VIRTÙ E LIMITI DEI VIOLA. UN TERZO DEL CAMMINO: PRIMO BILANCIO. ITALIANO MERITA FIDUCIA, VA AIUTATO. VLAHOVIC O NO, SERVONO ATTACCANTI. LO DICE ANCHE UNA STATISTICA... SCAMACCA PIACE MOLTO

di Mario Tenerani

La partita di Torino è già in archivio, col suo retrogusto amaro e la valigia piena di rimpianti. Un’occasione sprecata dalla Fiorentina al cospetto di una Juve di rara bruttezza. Quando ricapiterà di affrontare bianconeri così in crisi. Non averne approfittato è una via di mezzo tra una recriminazione e un’accusa o forse è semplicemente la fotografia di cosa sia veramente oggi la Fiorentina. 

I viola sul piano del gioco hanno stravinto la gara, ma non è bastato. Come era accaduto a Roma con la Lazio è stato un episodio a decidere il match, un colpo da biliardo di un campione. All’Olimpico Pedro, allo Stadium Cuadrado, ex avvelenato (a giudicare dall’esultanza). Con un distinguo: i viola di Torino ci sono piaciuti più di quelli di Roma, ma soprattutto è stata l’inferiorità numerica di sabato sera a fiaccare le gambe. 

Il secondo cartellino rifilato a Milenkovic non ci ha convinti del tutto: l’intervento del serbo, ancorché sbagliato nella scelta, non era così brutale, niente a che vedere la cura De Ligt, da consigliare in caso di attacco di letargia, con quelle botte ci si sveglia all’istante. Per conoscenza rivolgetevi a Vlahovic. Ci è parso un cartellino leggero, ma ciò non toglie che Italiano abbia fatto bene a riprendere il proprio difensore. In una zona del campo neutra, non si possono fare interventi simili. Però ci sono piaciute le scuse a fine gara di Milenkovic. Il ragazzo ha capito di aver commesso un errore grave. Mentre il giallo per Rugani è arrivato in colpevole ritardo. 

La Fiorentina ha fatto molto per provare a vincere, ma non abbastanza perché nel frangente decisivo è mancata la ferocia di andare a finire la Juve. E su questo dovrà lavorare Italiano, ancora più a fondo. Perché era tutto chiaro fin dall’inizio: viola a palleggiare, allargando il campo, mandando spesso fuori giri il modesto centrocampo di Allegri - Locatelli a parte -. Juventus ad aspettare con 9-10 uomini dietro la linea della palla. Giocare così in difesa nel proprio stadio significa avere davanti una squadra molto convincente oppure possedere poche idee e confuse. Sono valide entrambi le tesi, allo Stadium si sono manifestati contestualmente questi due elementi. Torino ha mostrato, dopo un terzo del campionato - quando insomma è lecito stilare un primo bilancio -, le virtù (molteplici) e i limiti (in numero inferiore) della Fiorentina. 

Basta guardare il percorso per farsi un’opinione: nessun pareggio, unica squadra in serie A, ma 6 vittorie e altrettante sconfitte. Bene e male, avanti e indietro, sopra e sotto. Questa è la Fiorentina di Italiano all’inizio della sua avventura che ci auguriamo foriera di tantissime soddisfazioni. I 18 punti sono un segnale di regolarità perché Venezia a parte i risultati sono giunti con le formazioni abbordabili. Con le grandi c’è stata solo l’eccezione di Bergamo, ma l’Atalanta era ancora dentro il consueto rodaggio. La classifica è stata fabbricata su un progetto di gioco molto interessante che sta portando indubbiamente frutti, forse anche oltre i pensieri estivi. La proposta tattica della Fiorentina ha incassato un bel consenso in tutta Italia, non soltanto a Firenze. Anzi, qualcosa in più fuori dalle mura che in città. La squadra viola è stimata e apprezzata dalla critica e anche da un pubblico amante del calcio. Sono crediti importanti. E’ questo il primo vero successo dopo tre anni di piena decadenza, con la mediocrità eletta a normalità. Il primo obiettivo che società e tecnico si erano dati, è stato centrato. Non è poco, ma è solo l’alba di un viaggio. 

La Fiorentina sa di avere scelto la rotta giusta, adesso si tratta di non smarrirla. Ecco, dunque, la virtù principale. A Torino abbiamo visto la differenza che passa tra una formazione con una forte identità e un’altra confusionaria, del tutto sprovvista di un segno di riconoscibilità. Noi dopo 12 turni di campionato sappiamo come gioca la Fiorentina, ma non la Juve.  

I limiti, invece, sono nell’organico. Bisognava salire il primo gradino della scala, rivalutando un patrimonio umano uscito a pezzi dalla scorsa stagione. Missione compiuta.  Il secondo sforzo ora deve essere mirato all’innalzamento qualitativo della rosa. Per aiutare Italiano, un allenatore che col suo lavoro sta meritando fiducia. Bisogna credergli e seguirlo. I cambi hanno fatto vincere Allegri e perdere la Fiorentina. Che tra i due gruppi ci sia una differenza abissale è noto, ma i viola possono comunque avere qualche risorsa in più in panchina, le possibilità economiche esistono. 

A Sottil e Duncan possiamo chiedere di entrare in partita con un atteggiamento diverso, ma sul loro valore non abbiamo dubbi, mentre Nastasic e Igor sono stati gettati nella mischia quasi alla fine. Amrabat invece aveva una grande chance e l’ha sprecata, ma in questo caso c’è dell’altro. Il centrocampista marocchino è un buon giocatore che nel calcio di Italiano c’azzecca poco. Per stare davanti alla difesa occorrono altre caratteristiche e quando sei là, nel cuore delle operazioni, non puoi permetterti di perdere palloni sanguinosi. E non puoi nemmeno portare a spasso il pallone. Torreira, in quel ruolo, si lascia preferire. Non fosse altro perché è uno specialista. Italiano ha detto che pretendeva più fisicità, per quello ha inserito Amrabat. E’ una scelta legittima che però è risultata sbagliata. Ci torna in mente Pizzarro, regista sontuoso (e puro): era tutt’altro che muscolare, eppure nei momenti di difficoltà, in mezzo al traffico, sapeva prendersi gioco dei chili e centimetri avversari. Italiano non abbia nessun timore, insista su Torreira, alla fine i conti torneranno. I dirigenti sul mercato dovranno fare una riflessione pensando ad Amrabat. 

Di sicuro in panchina a Torino Italiano avrebbe avuto bisogno di attaccanti, ma non c’erano. La chiave della prossima sessione invernale dovrà essere questa, al di là di Vlahovic sì o Vlahovic no. La Fiorentina è sulle tracce di Scamacca, bersaglio concreto. Più ci sono altre piste. Ma serve anche un esterno offensivo, uno che abbia gol e assist nel sangue. Ormai si gioca in 16, una panchina deve avere alternative utili a cambiare l’inerzia della gara. La statistica ci aiuta nel ragionamento: mai una squadra di Italiano era rimasta a secco coi gol segnati in trasferta per tre partite consecutive e l’ultimo allenatore a Firenze che aveva registrato questo dato era stato Delio Rossi... Aiutiamo Italiano, con più qualità nella rosa e in particolare in attacco.