BERNARDESCHI TRA UN TALENTO DA BLINDARE E L'AMARA VERITÀ DI SOUSA. UNA DIFESA DA INCUBO E LE MILLE NECESSITÀ DI UNA FIORENTINA DOVE SEMBRA VIETATO SOGNARE
Paulo Sousa non aveva torto. Anzi, la ragione era tutta dalla sua quando diceva che "Federico Bernardeschi potrà ambire a piazze con più ambizioni di quella fiorentina". Solo che un tesserato e uno stipendiato non può certo dir certe cose, sminuire il valore della piazza e dell'azienda dove allena e lavora. Disse una verità da non raccontare, da proteggere e da sussurrare solo a denti stretti. Però è normale che un Federico Bernardeschi così sia degno delle attenzioni di tutto il Mondo, così come merita applausi il reparto avanzato viola, in una notte degna di una delle più belle gallerie d'arte ma anche di quelle da incubi che mettono i brividi.
Una notte che racconta una Fiorentina che ha un grande talento, che ha una difesa ballerina, che ha rinforzi non all'altezza di tale appellativo, che ha mille necessità ma pure cuore. Di buono c'è quel 10 che balla sulle punte, che segna dopo discese da velocista, che pennella come un artista, che dribbla come uno slalomista. Firenze si aggrappa ai sogni, come da sempre fa. Bernardeschi è la stella più lucente del presente e del futuro, la sua voglia di prolungare il suo domani viola è la grande speranza di una città e di una piazza. Sousa ha ragione, questo Bernardeschi è più grande di questa Fiorentina ma spesso il cuore riesce ad andare anche oltre alle ambizioni e "metterlo in cassaforte", per riprendere le parole del ds Freitas, deve essere la vera e grande priorità del presente e del futuro del club.
Di buono c'è anche un Mauro Zarate ritrovato, che Paulo Sousa aveva inspiegabilmente accantonato, che si è rivelato invece ancora il giocatore capace di accendere la lampadina della fantasia al posto giusto e nel momento giusto. Zarate ha la classe che pochi hanno, trovasse anche costanza e sostanza, sarebbe l'acquisto sulla trequarti che la Fiorentina sta già cercando per gennaio (e allora, forse, le sirene inglesi per Josip Ilicic non arrivano casuali). Di buono c'è la standing ovation per Federico Chiesa, un altro che garantisce a Firenze e alla Fiorentina quel cuore oltre alle ambizioni presenti che significa futuro e speranza.
Nella Notte al Museo del Franchi, però, ci sono anche tante, troppe ombre. La consueta sensazione che la Fiorentina necessiti di un portiere che non faccia sospirare ma bensì esalare respiri tranquilli a battiti regolari. La percezione, concreta, che nonostante una fase difensiva discreta, il reparto arretrato sia ballerino e decisamente perfettibile. Nel complesso e nei singoli. Tomovic e Salcedo hanno combinato errori gravissimi; Rodriguez è capitano col futuro in bilico e con più di una voglia d'Argentina. Milic e Olivera garantiscono sufficienze risicate ma per quel salto di qualità chiesto e richiesto da Firenze servirebbe altro.
Il finale è stato la perfetta fotografia della stagione fiorentina, quella del vorrei ma non posso. Dell'attesa rinascita e del nuovo crollo. Non del tracollo, ma della delusione, del grigiore e dell'insoddisfazione. Della consapevolezza di poter dipingere qualcosa di bellissimo, con talenti come Bernardeschi, ma anche di poter rovinare tutto in un attimo come fatto da Tomovic e da una fase difensiva da incubo. In fondo, Sousa aveva ragione. Solo che un allenatore non può permettersi certe uscite. Certe verità.