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CAMPINI CHIUSI A TEMPO INDETERMINATO, LA FIORENTINA È UN ESEMPIO PER TUTTI. A UDINE UN PAREGGIO PICCOLO PICCOLO, LA SPERANZA RIBERY E IL RISCHIO DI NON FINIRE IL CAMPIONATO. FELICI PER SPORTIELLO, L’AMICO DI DAVIDE

di Leonardo Bardazzi

Campini chiusi a tempo indeterminato. La Viola, intesa prima squadra, femminile e settore giovanile tutto, si mette in quarantena. Una scelta saggia e inevitabile viste le indicazioni del Governo, che allo stesso tempo diventa un esempio per l’intero movimento del calcio italiano. La Fiorentina non ha perso tempo, e ha fatto bene. In questi giorni al centro sportivo ci si allenava con grande prudenza, con borracce personalizzate, controllo della temperatura per tutti e cibo sigillato. Con la salute non si scherza, il calcio viene dopo. Molto dopo.
L’input è arrivato in primis da Rocco Commisso che, mentre alcuni suoi colleghi litigavano sul giocare il lunedì piuttosto che la domenica per evitare le porte chiuse e il rimborso agli abbonati, già pensava a come mettere in sicurezza la sua squadra. Ancora una volta dunque la Fiorentina ha saputo fare la mossa giusta per parlare al cuore della gente e diventare un simbolo di etica, proprio nel momento in cui noi italiani abbiamo perso un pezzo della nostra libertà e siamo costretti a convivere con il timore del contagio. Di un club che si mescola e pensa alla sua gente non c’è che andare orgogliosi, e pazienza se la sosta forzata voterà qualcosa in termini di prestazioni se (e sottolineo se) il campionato riprenderà davvero a inizio aprile. Leggo che anche molti calciatori, insieme a tanti campioni del mondo dello sport, si stanno attivando per dare una mano: Terracciano ha fatto una donazione per l’ospedale di Milano, altri hanno messo la faccia all’iniziativa voluta dal Coni dal titolo “Distanti ma vicini”, altri ancora stanno pensando di aderire a “I give for health, and you?”, la grande raccolta fondi per aiutare chi sta in prima linea a combattere il grande nemico coronavirus. Bravi. Sono questi i messaggi che ci si aspetta dallo sport in momenti come questo. 
Il calcio italiano, suo malgrado, nel frattempo ha forzatamente chiuso i battenti, ma pensare di poter ripartire a inizio aprile al momento è pura utopia: il picco di contagi, dicono gli esperti, deve ancora arrivare e se così sarà, l’ipotesi di non finire mai il campionato è più che concreta. Dico di più: trovo assurdo che in un momento come questo si giochino le partite di coppa. E trovo ancora più assurdo che gli altri stati trattino noi italiani come appestati mentre il virus è ormai ovunque. 
A Commisso intanto è arrivata la prevedibile multa per le accuse agli arbitri post Juve: tutto prevedibile, tutto scontato. Ma intanto Rocco il pentolone lo aveva aperto, tanto che, da quella settimana in poi, le disposizioni sul Var sono cambiate eccome. Nel frattempo però la sua Fiorentina ancora non corre come vorrebbe lui. A Udine è arrivato un pareggio piccolo piccolo, pieno senz’altro di alibi visto il contesto in cui si è giocato, ma anche figlio della pochezza del gioco viola e della scarsità di idee della squadra. Badelj ha steccato, Chiesa si è visto solo al novantesimo, ma in generale non c’è stato ritmo. Si è giocato quasi esclusivamente per far trascorrere il tempo, per prendersi il punticino che muove la classifica ma che lascia la Fiorentina lì, in una posizione relativamente tranquilla, ma non ancora sicura. Con un Ribery in più spetterà a Iachini trovare l’idea giusta per far cambiare marcia alla Fiorentina. Se si tornerà a giocare, se insieme, con coscienza e spirito comune, supereremo presto questa bufera coronavirus, potremo davvero tornare a parlare di calcio. E magari pure a divertirci con le giocate di mago Franck. 

Ps: Fa piacere dedicare un pensiero anche per Sportiello, che dalla B col Frosinone si ritrova, da protagonista, ai quarti di Champions. Alla Fiorentina è stato un portiere da 6, ma nella storia viola avrà sempre un posto speciale. Perché Marco era, anzi è, l’amico di Davide. Quello delle sfide alla Play e del messaggio sulle scarpe dimenticate in camera. L’ultimo che lesse il capitano, prima di lasciarci.