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CARI AMICI, UNA CONFIDENZA: CREDO FERMAMENTE NELLA POSSIBILE MALAFEDE ARBITRALE

di Stefano Prizio

Cari amici, una confidenza: credo fermamente nella possibile malafede arbitrale, credo fermamente nella possibile corruzione dilagante del mondo del calcio, sospetto fortemente il possibile complotto, la cospirazione, il mercanteggiare mafioso - a fini di arricchimento personale, di carriera, di scambio di influenze - che hanno falsificato alcuni (non tutti, ma solo perché il fato è spesso più forte) dei risultati sportivi dei campionati nostrani. Questo o quell'episodio c'entrano poco, non farò i nomi poiché non li conosco, ma citerò i tanti, tantissimi, casi giudiziario sportivi (e talvolta anche riguardanti la giustizia ordinaria) che hanno costellato il pallone patrio negli ultimi trentanni. Le tante Calciopoli e Scommessopoli che ricicciano fuori ogni due o tre anni, come la peste bubbonica nell'Europa medievale.

Lo so, ma non ho le prove, diceva Pasolini parlando di temi ben più importanti. Parlando della stagione del terrorismo stragista. Eppure nel pallone c'è stata qualche buona prova, qualche fatto accertato: i processi appunto, i radiati, i condannati, i deferiti, i rinnegati del calcio italiano, alcuni ancora al loro posto. Nomi, cognomi, fatti, date, intercettazioni. Prove. Prove di meccanismi intelligenti, organizzati, tesi ad un fine preciso e consapevole.

Credo quindi nella possibile malafede di certi arbitraggi non perché sia un trotzkista trinariciuto, un vegano ambientalista, un irresponsabile cacciatore di streghe. Ma perché sono un cronista sportivo, un medio lettore professionale di ciò che succede nel pallone. E nel Paese. Già, il Paese. Falcidiato dal malcostume, dall'ignoranza che accascia. Il Paese violentato e in ginocchio. L'Italia, povera nazione - piccola e povera direbbe un Marchionne qualsiasi - l'Italia trista landa del "perito di parte". Quel professionista "terzo e indipendente" che pure su un omicidio può definire il tal fatto "compatibile",  "non compatibile" e alla bisogna "non incompatibile". Basta crederci. E pagare. E' così l'Italia, perché di grazia dovrebbe essere diverso lo sport che più l'appassiona? E infatti non è diverso. E' invece il festival d'ogni malcostume. La sentina. Lo scolo. il riflusso del ciarpame nostrale ruspante. Con buona pace degli struzzi.

L'Italia è il paese dove anche con la prova provata (e riprovevolmente riprovata) in mano, c'è sempre chi sia disposto a difendere, anzi fianco a sposare, a brandire come alabarda, la causa del reprobo di turno spacciato per eroe. Con i vestiti da gagà, i fan festanti e il ghigno e l'ignoranza dei primi della classe, tanto per citar Guccini.

Ricordo un episodio: tanti anni fa in una trasmissione tv, venne ospite in studio una persona in qualche modo legata al mondo arbitrale italiano. Bell'uomo, distinto. Ben vestito. Non ne ricordo il nome. Somigliava al turco di Mediterraneo quello che col sorriso sbiancato diceva sempre "nonzo, nonzo". E poi si fregava tutto nottetempo. Glielo dissi sul mostaccio, e Calciopoli era lungi da venire: "credo ci siano arbitri in malafede, credo ci sia qualche arbitro corrotto". Il sorriso non gli si levò dalla faccia. Spallucce e via. I sospetti liquidati con trentadue denti. E ancora: ai tempi del mio lavoro a fiorentina.it, correva l'insospettabile anno 2004, l'allora dirigente del Perugia Ermanno Pieroni rilasciò dichiarazioni choccanti sulle strane "manovre" che si usava fare in sede di sorteggio di arbitri e guardalinee. Le sue parole erano pietre, ma fecero l'effetto di sassolini sulla stampa nazionale. Nonzo… Nonzo…. glissavano la grande e libera stampa e i cosiddetti "uomini di calcio".

Ero giovane e ci persi una notte ad incrociare i dati. Il giorno appresso pubblicai tutto - forse qualcuno lo ricorderà - anticipando, almeno in qualche spunto, in qualche parte, nell'idea almeno, la clamorosa inchiesta che sarebbe poi stata Calciopoli. Tra i lettori di quel pezzo ci furono gli scettici, i solidali, gli incuriositi. E gli struzzi. Lettori che ho nel cuore perchè schiavi di una passionaccia bella e profonda che talvolta gli fa scambiare un paffuto e invitante fondoschiena con le giaculatorie che s'usa dire in un preciso periodo liturgico. Io faccio un mestiere in cui è disdicevole concedersi il lusso di non vedere.

Stefano Prizio

giornalista di Radio Toscana e Squer.it