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ECCO LA VERA STORIA DI BIRAGHI E FIRENZE: IL RUOLO DI ASTORI, IL LAVORO DI PIOLI. DDV CAMBIA ASSETTO SOCIETARIO DI TOD'S. IL FUTURO DELLA FIORENTINA PASSA DA QUI

di Enzo Bucchioni

Il "Biraghi day" è finito con una autentica, meritatissima celebrazione del gol di un ragazzo che sta raccogliendo i frutti del suo lavoro, del sacrificio, della voglia di crescere e della passione. Un ragazzo da ammirare come tutti quelli che in qualche modo si fanno da soli giorno per giorno. Se poi ci mettiamo anche il cuore nel momento del trionfo, quel gol dedicato a chi non c’è più, l’omaggio in mondovisione al Capitano di tutti Davide Astori, scopriamo che Cristiano Biraghi è un ragazzo dai grandi valori. Ha scritto una bella pagina di calcio e di vita, dobbiamo dirgli grazie. Firenze lo ha adottato.

Dispiace però che i trombettieri e quelli del clan della bistecca, come ormai tradizione, abbiano strumentalizzato il tutto e preso la palla al balzo per celebrare invece il loro mentore, al secolo Pantaleo Corvino. Legittimo, per carità. Però vorrei che i trombettieri e quelli del clan della bistecca oltre al pudore conservassero anche la memoria per tornare a quell’estate del 2017 quando Cristiano Biraghi è arrivato alla Fiorentina. Quello è stato un mercato disastroso tanto che il 15 agosto, nell’amichevole con il Parma a pochi giorni dal via del campionato, Pioli fu costretto a schierare una squadra imbarazzante. Andatevi a rivedere la formazione. Nei piani del direttore generale della Fiorentina, i terzini dovevano essere Tomovic a destra e Maxi Olivera a sinistra con Bruno Gaspar terzo incomodo. Contro l’Inter al debutto della stagione (3-0), infatti giocarono proprio loro. Anche qui basta andare a vedere su Internet e la formazione la trovate. Quelli però furono giorni difficili. Corvino faticava a comprare giocatori accettabili, ricorderete l’arrivo di Thereau e di altri all’ultimo secondo. Bene.

Proprio in quei giorni difficili, il quindici agosto quando i giochi avrebbero dovuto essere fatti, per risolvere gli evidenti problemi sugli esterni difensivi, Corvino in difficoltà si rivolse a un procuratore amico, Mario Giuffredi, conosciuto fin dai tempi del Casarano. Stima e fiducia reciproca. Giuffredi è indiscutibilmente bravo, gli ha proposto due suoi assistiti, prima Cristiano Biraghi, arrivato a Firenze il sedici agosto. Qualche giorno dopo Laurini. Affare fatto per un paio di milioni a testa, prestito con diritto di riscatto. Non certo idee di un grande annusatore di mercato, o talent scout, ma scelte dell’ultimo minuto quando non sai più dove battere la testa. Quasi della disperazione. Biraghi era retrocesso con il Pescara, aveva giocato in una difesa che ha subito 83 reti, un record. Laurini, invece, era retrocesso con l’Empoli.

Allora dissi e lo confermo oggi, che dopo aver venduto giocatori per 100 milioni, la Fiorentina non poteva comprare due terzini modesti provenienti da squadre retrocesse.

Purtroppo i primi mesi di Biraghi e le sue difficoltà le ricordiamo bene, con tutta sincerità non mi sembrava un giocatore all’altezza della Fiorentina e con altrettanta sincerità lo ammetto ora. Lo dissero e lo scrissero anche gli adulatori di oggi, ma la memoria per qualcuno è un optional. Io, ripeto, lo confermo senza problemi. Del resto il compito del cronista è raccontare quel che vede senza padrini o padroni alle spalle. E in quei giorni Biraghi non sembrava pronto, e la storia dei suoi ultimi anni era li a confermarlo. Ricorderete anche la contestazione dei tifosi, pure degli eccessi vergognosi, condannabili, con insulti annessi e connessi. Qualcuno senza cervello (e dico poco) arrivò perfino a minacciare la famiglia di Biraghi dopo gli errori con il Chievo. Caso mai la colpa non era la sua, ma di chi l’aveva comprato. Ma questo è un altro discorso.

Poi è successo qualcosa che nella vita e nello sport devono essere un merito e un vanto per quelli che diventano i protagonisti di certe vicende. Dentro Biraghi è scattato qualcosa. Quasi una ribellione. La voglia di dimostrare. Le critiche eccessive sono diventate una ferita aperta. Si è messo a lavorare a testa bassa, come prima più di prima, con l’obiettivo di crescere, di migliorare e migliorarsi. Una sfida personale. L’ha aiutato Pioli dandogli fiducia, l’hanno aiutato a inserirsi i compagni. Soprattutto Astori, il capitano. Nei giorni difficili delle minacce proprio il Capitano è stato vicino a Biraghi, lo ha tranquillizzato, gli ha fatto sentire calore e vicinanza, gli ha spiegato Firenze, lo ha accompagnato e supportato per fargli ritrovare serenità e voglia di lottare. Anche grazie ad Astori, Biraghi si è inserito, nel gruppo sano e motivato è stato più facile, gradualmente ha trovato la sua dimensione. E’ cresciuto come giocatore, ma anche come uomo. Ha vinto la sua sfida: ora nella Fiorentina ci può stare.

I meriti sono tutti suoi, dei suoi sacrifici, del suo lavoro quotidiano. Del suo equilibrio e della sua umiltà.

Il dramma che ha vissuto con la scomparsa del suo amico-capitano, gli ha dato quel qualcosa in più che ha accompagnato lui e la Fiorentina in questi mesi di dolore. Oggi Cristiano Biraghi è un buon esterno sinistro che, secondo me, deve ancora migliorare soprattutto nella fase difensiva. Se vi parlassi di Biraghi con gli stessi termini usati dai trombettieri sinceramente sarei in imbarazzo. Aspettavo solo che lo paragonassero a Maldini, ma ci arriveremo. Se lo scrivessi anch’io mi sembrerebbe di offendere proprio la dignità di Biraghi che è un ragazzo serio e sa benissimo quali sono le sue qualità e quali i suoi limiti.

In Nazionale, a sorpresa, lo ha portato Mancini che lo aveva lanciato giovanissimo quando era all’Inter. E spesso il calcio ripaga chi prova ad andare oltre i propri limiti. Piacciono quelli che ce la mettono tutta. Non ho mai amato i Cassano o i Balotelli, sono vicino culturalmente ai ragazzi umili come Biraghi e sono contento per lui e per l’Italia. Magari ora gli arriva anche una botta di autostima che gli farà fare un altro step nel suo percorso di crescita.

Non ritorno su Chiesa. Sapete come la penso e non mi meraviglio più: è un predestinato. Punto.  

Un po’ di sorpresa hanno destato, invece, le notizie apparse ieri su giornali e agenzie specializzate sul riassetto finanziario del gruppo che fa capo a Diego Della Valle. Una ristrutturazione che porterà Tod’s in una nuova società. Le altre partecipazioni immobiliari e editoriali di Ddv, compresa la Fiorentina, saranno invece scorporate in un’altra società. Cosa vuol dire tutto questo? C’è la voglia di rilancio di Tod’s? Per gli ambienti finanziari, invece, Ddv potrebbe aver deciso questo riassetto per poi mettere sul mercato tutta o in parte la nuova società che contiene appunto solo la Tod’s. Ieri sul titolo ci sono stati forti acquisti. Del resto, sono anni che alcuni grandi fondi del lusso corteggiano Ddv che mai, però, aveva voluto privarsi del suo gioiello nonostante nell’entourage gli consigliassero la cessione. Ma cosa succederà esattamente lo sapremo soltanto con il tempo e con le prossime mosse.

E’ chiaro che anche il futuro della Fiorentina passa attraverso la ristrutturazione finale del gruppo. Non è un caso che dal gennaio 2016 in poi Ddv abbia deciso di non immettere più denaro nella Fiorentina, la gestione è affidata ai manager in regime di autofinanziamento. Anche l’ultimo mercato si è chiuso in pareggio fra entrate e uscite. E forse anche la richiesta di un ulteriore slittamento sulla consegna del progetto esecutivo dello stadio (previsto per il 31 dicembre) è legata a queste vicende economiche e finanziarie. Probabilmente Ddv tornerà a occuparsi direttamente, a investire o a vendere (chissà?) la Fiorentina quando avrà completato il piano di riassetto complessivo.