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FIRENZE NON È CITTÀ DI CALCIO. RIAPRE IL CANTIERE VIOLA MA I CONTI NON TORNANO, ROCCO È CAMBIATO

di Leonardo Petri

È ormai assodato che Firenze non è, forse è meglio dire non è più, una città per il calcio. C'è poco da fare, sarà stato il fallimento, saranno stati gli ultimi tristi anni dellavalliani, non so cosa sarà stato, ma quel che è certo è che si è affievolita la passione. Ciò che una volta era inaccettabile oggi è considerato normale, ciò che una volta era al centro di tutto, la squadra, oggi è se non meno importante, non più importante del bilancio. In questo, purtroppo, siamo unici e su questa unicità dovremmo riflettere per non continuare a vivere di ricordi ormai lontani. 
Mi spiace dovervi tornare ma vi immaginate se Lotito avesse venduto Immobile alla Roma adesso? Con la scusa che ci voleva andare lui? Il finimondo. Qui è successo proprio questo ma l'effetto è molto diverso da ciò che sarebbe stato qualche anno fa. 

Vorrei una volta ci interrogassimo seriamente sul perché ci sia accaduto tutto questo. E lo dico proprio perché sono convinto che ritrovare l'identità perduta e il senso di appartenenza di una volta sia ancora più importante di un Presidente che spende. Vorrei davvero smettessimo di identificarci nel personaggio di turno. Siamo gli unici che inneggiano ai direttori sportivi e, ci tengo a precisarlo, non credo vi sia una sola persona a Firenze che abbia accolto a braccia aperte Rocco Commisso in quanto Rocco Commisso. Chiunque, liberato dai Della Valle, aveva visto nel nuovo arrivato il mezzo giusto per tornare a coltivare ambizioni, ed è stato il modo in cui il Presidente si è presentato a fare sognare, a fare sperare, a creare aspettative e se poi queste aspettative si sono scontrate con la realtà fare il tifo per la Fiorentina significa prendere atto della realtà ed agire di conseguenza.
Naturalmente ogni tanto c'è anche il campo e nonostante gli sconquassi di gennaio bisogna farci i conti. E i conti come largamente prevedibile per il momento non tornano. E come potrebbero. Vedrete, come accennato settimana scorsa, dovesse andare male il capro espiatorio diventerà presto Italiano. Qualcosa stiamo già vedendo. 

In ogni caso lui, il mister, bisogna non alimenti i servitori del Re con opzioni stravaganti e abbastanza discutibili. Non credo che Italiano abbia mai gestito una situazione del genere, con la squadra menomata e le forti pressioni della piazza. Sono convinto che alla lunga imparerà dalle proprie scelte infelici e rimedierà. Quel che è certo è che ad oggi ci sono meno gol all'arco viola; buonsenso vorrebbe che si stesse più attenti a prenderne meno perché ultimamente per gli avversari segnare è diventato davvero troppo semplice.

Ma siccome a calcio si gioca con i piedi ma soprattutto con il cuore e con la testa temo che il giocattolo se non rotto si sia pericolosamente incrinato. Va capito innanzitutto quante sicurezze ha perso la squadra, quante e quali certezze sono venute meno, quanto il tradimento sia stato considerato grave dal gruppo. Temo che squadra e società siano oggi più distanti di ieri e questo, fosse realmente così, certo non aiuterebbe. 

Intanto la Fiorentina è tornata di fatto un cantiere, e questo nel primo anno dopo "secoli" in cui stava competendo anziché solo partecipando. Perché, diciamoci la verità, la cessione del capocannoniere è una vergogna, ma se almeno avessero reinvestito i soldi, sistemato la difesa, creato alternative a centrocampo e rinforzato l'organico in altri settori potevo provare ad accettarlo. E questo lo chiedevano anche le tante lingue fedeli del panorama viola, salvo poi dimenticarsene immancabilmente il primo febbraio quando sono stati pronti a fare fioccare i soliti alibi e le consuete giustificazioni. 
A Firenze non c'è calcio perché la squadra non è il primo pensiero, e se la squadra non è il primo pensiero ogni plusvalenza sarà semplicemente fine a se stessa.