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I DELLA VALLE E IL CALCIO DEVONO RACCOGLIERE LA STRAORDINARIA EREDITA’ MORALE DI ASTORI. DALLA TRAGEDIA TROVIAMO TUTTI LA FORZA E IL CORAGGIO PER RIPARTIRE IN MODO DIVERSO: DOMENICA ASPETTO DIEGO E ANDREA ALLO STADIO. DUEMILA AI FUNERALI

di Enzo Bucchioni

Sono due giorni che faccio fatica a pensare ad altro. Come tutti, credo. L’angoscia e il senso di vuoto si rincorrono. Un vuoto grande come il mare, diceva il poeta. E’ così.

I perché sono tanti, si accavallano. C’è sempre qualcosa che non torna. Non può tornare. La fede, la filosofia, a volte aiutano. Ma non bastano. Qualcuno sostiene che ciascuno di noi ha una missione, una storia da scrivere nella vita terrena. Qualche altro dice che niente avviene per caso. Io non lo so, ma allora torno a chiedermi: perché Davide Astori? Perché un ragazzo di 31 anni che dalla vita aveva avuto tutto quello che sognava?

E qui mi perdo ancora nei meandri della mente. Quando muore un bambino a volte ho sentito dire "doveva diventare un angelo". Era quella la sua missione. Insisto, ma Astori?

E allora provo anch’io a dare un senso a una tragedia senza senso. E mi piace pensare che il sacrificio di Davide Astori sia servito per compiere una straordinaria missione: aiutare il calcio a cambiare. Serviva uno come lui.

Con la sua faccia pulita.

Con la sua storia.

Con il suo esempio.

Me lo chiedo perché una commozione e una partecipazione così grande, universale, non le avevo mai viste neppure per altre tragedie forse più scioccanti di questa, come la morte in campo, durante una gara.

Con Astori è successo di più, è partita una scossa morale che ha percorso tutto il mondo del calcio, lo ha fatto fermare, lo ha fatto riflettere. Forse serviva davvero uno come lui.

Lui che non era uno dei tanti falsi eroi.

Lui che era straordinariamente normale.

Lui che era semplicemente una persona perbene con una famiglia perbene.

Lui che aveva dei valori veri, semplici, quelli che ti fanno diventare uomo.

Lui che rispettava gli altri per rispettare se stesso.

Lui che era ancora capace di giocare a calcio per una straordinaria passione, tutto il resto veniva dopo.

Lui che sorrideva sempre perché si riteneva un ragazzo fortunato.

Lui che garantiva l’attaccamento assoluto a tutte le maglie con le quali ha giocato.

Lui che non faceva mai polemiche

Lui che per giocare a pallone conosceva soltanto la cultura del lavoro e delle regole.

La tragedia di Astori, quasi come se il calcio avesse bisogno di un Grande Esempio Positivo per indicare a tutti una strada nuova. Per cambiare rotta, dire basta agli eccessi, alle esasperazioni, al business sfrenato, a uno sport che sta perdendo le sue basi morali, quelle più vere.

Non lo so se è davvero così. Forse mi illudo. Mi piace pensarlo. Ma, comunque, la storia di Astori calciatore perbene è diventata la storia di tutti: se quello era il suo obiettivo, l’ha centrato in pieno.

Astori è morto ma è diventato immortale.

E forse questo, con il tempo, potrà alleviare anche il dolore di Francesca e di tutta la sua famiglia dall’ assoluta dignità, perbene come lui. Della piccola Vittoria quando gli racconteranno chi era il suo babbo. La tragedia non si cancella. Ma dall’orgoglio di aver amato un ragazzo così potrà arrivare alla famiglia una grande forza in più.

Cosa lascerà a Firenze ce ne stiamo accorgendo da due giorni. Un patrimonio morale enorme. Un patrimonio di appartenenza e di amore. Se Astori aveva anche questa missione, non ha sbagliato un colpo. Dietro un dramma si è ritrovato per intero tutto il Popolo Viola, si è ricompattato. Attorno ad Astori si è riallacciato un filo che sembrava spezzato dalle delusioni e dalle polemiche, dalle contrapposizioni.

In fondo proprio Astori aveva deciso di guardare avanti, aveva scelto Firenze e la Fiorentina, aveva capito lo spirito di questa gente e aveva indicato la rotta.

Seguiamola questa rotta. E mi auguro che anche la famiglia Della Valle sappia cogliere fino in fondo il messaggio, neanche tanto nascosto, che esce da questo lutto devastante. Prendiamola la lezione di Astori.

Domenica prossima sulle tribune del Franchi mi piacerebbe rivedere Diego, mi piacerebbe rivedere Andrea con i trentamila che saluteranno Astori nel suo stadio e cercheranno di aiutare la Fiorentina a ripartire. I Della Valle uniti al Popolo Viola nella tragedia, ma anche pronti a indicare strade nuove. In fondo lo devono proprio ad Astori che sapeva bene cos’era lo sport, l’esaltazione della vittoria, la delusione della sconfitta, il ruolo dei tifosi.

I Della Valle non possono perdere questa occasione per riabbracciare Firenze e i fiorentini. In fondo è questa l’eredità che lascia Astori, di sicuro sarebbe il primo a esserne felice.

E in queste ore, lasciatemelo dire, sta venendo fuori tutto il meglio, ma anche il discutibile del nostro mondo. Della tribù del calcio.

La Fiorentina, i Della Valle, stanno facendo tutto con una grande sensibilità. Di questo dobbiamo darne atto. Stanno pensando ad Astori ma anche e soprattutto a chi è stato dilaniato da questo dolore. Ci vorrebbe una maggiore sensibilità da parte di tutti e invece c’è chi parla di un contratto da rinnovare, di stadi da intitolare, di memorial da giocare. Ci sarà un tempo per tutto e la Fiorentina farà tutto, ma adesso è il tempo del silenzio, del dolore, del tributo e del ricordo. Per i funerali di giovedì sono in arrivo duemila persone, da domani un fiume di persone a Coverciano renderà omaggio alla salma. Uomini, donne, gente comune. Gente che fatica a capire cos’è la vita e cos’è la morte. Gente che però sa da che parte stare, con i valori della gente perbene.