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I NUOVI E QUEL MERITO GIÀ ACQUISITO

di Stefano Prizio

Sui meriti che si conclameranno, se si conclameranno, diremo tra alcuni mesi ( speriamo) quando ciò che avrà fatto la Fiorentina quest’anno sarà  storia o almeno quando sarà qualcosa di più significativo che sette partite di campionato e una manciata di Conference. Ma ai nuovi calciatori oggi in rosa, almeno alcuni, è giusto riconoscere un merito momentaneo, transeunte perchè soggetto alla legge del divenire,  un merito però non per forza passeggero o effimero, ma sperabilmente consolidabile.

Taluni quel merito lo hanno già acquisito. L’idea la rubiamo a Giacomo Galassi il quale lunedì nella trasmissione ‘ Garrisca al vento’ su Radio Firenzeviola, discuteva assieme al lucido Sauro Fattori sul voto giusto da dare a Kean in pagella dopo la partita col Milan, il conduttore sosteneva come Kean avesse appunto già l’indiscutibile pregio di far parlare di sè e del suo voto, insomma di far parlare di calcio, facendo in modo che si evitasse di nominare Vlahovic, il fantasma che aleggia da fin troppo tempo sul capo della Fiorentina che adesso pare aver finalmente imbroccato la sua punta centrale dopo un triste elenco di comparse.

Il merito momentaneo di Kean è, se si vuole, anche la lode per altri  nuovi della truppa viola: De Gea che sembra in grado di prendere il posto dei grandi numeri uno della ricca  tradizione viola come i grandi campioni Costagliola, Sarti, Galli, Toldo e ultimo, per cronologia e forse anche per valore quel Frey protagonista dell’ultima Fiorentina da Champions targata Prandelli.

E ancora, quel raffinato franco algerino di Adli, con i capelli pettinati all’indietro, l’incedere elegante, l’aspetto trasognato, ironico ed assente, tanto per citare liberamente un capolavoro di Mimmo Modugno. Adli, per il quale  ci sembra perfetto l’adagio del primo imperatore Augusto: festina lente( affrettati lentamente). Adli che  sembra essere sulla strada buona per agevolare l'archiviazione  di un altro nome recente e pesante, quello di  Lucas Torreira.

E infine nominiamo Gudmundsson il quale, ca va sans dire, ha classe, blasone, efficacia e ci  fa parlare di sè e di calcio fin dal suo arrivo, tanto che gli abbiamo dedicato un articolo ad personam con un paragone pesantissimo e probabilmente eccessivo, quello con l’uccellino Hamrin (ma in fondo anche certe iperboli sono pur sempre un parlare amabilmente di pallone). Tutto ciò al netto del fatto  che su Gud pende quella brutta storia che lo vede protagonista in patria, il processo che dovrebbe conoscere oggi un momento decisivo, una storia che come vedete ci ha già costretti a non parlare di pallone per alcune righe.

Il calcio contemporaneo soffre da anni di alcune malattie croniche che costringono chi ne parla ad accantonare la parte ludica e più sana di questo sport in ragione degli aspetti economici, quando non addirittura delinquenziali, come nel caso del recente scandalo milanese che vede alcuni tifosi indagati per vari reati

Negli ultimi vent’anni, tra società in default,o  addirittura fallite e messe ai margini del movimento calcistico, come fu il triste caso proprio della Fiorentina di Cecchi Gori, precipitata dai fasti degli anni ‘90 al fallimento e alla C2, il calcio parlato è cambiato radicalmente. Due decenni di questa musica dolente infatti, hanno cambiato anche il linguaggio del calcio e di chi lo racconta. Hanno cambiato poi la priorità degli aspetti giornalistici meritevoli d’attenzione, sia per gli operatori dell’informazione che di chi ne fruisce.

Alcuni decenni fa non si parlava di bilanci nè così spesso di costo dei cartellini o di stipendi dei giocatori. Decenni fa il pubblico non si angustiava per i troppi soldi spesi dal proprietario di un club, i rapporti erano più prosaici. Che poi a forza di parlare di numeri e soprattutto di soldi, si scade nel virtuale, nell’assurdo, nel paradossale, proprio come la classifica redatta dal centro studi del CIES secondo la quale Beltran  sarebbe il giocatore di maggior valore economico della rosa viola, con una stima che andrebbe dai 34 ai 49 milioni di euro, valutazione che lo fa risultare settimo argentino in Italia dietro soltanto a Lautaro Martinez( bontà loro). Come a dire che i numeri in libertà portano, come nel mondo dell’economia , agli eccessi virtuali ed irragionevoli della Finanza coi suoi bond e i suoi futures e la montagna di carta, le bolle ed i bit, i valori gonfiati  così lontani dall’economia reale. Insomma  molto è cambiato, togliendoci un po’ il gusto semplice,  sano e onirico del parlare di pallone, solo di pallone. Argomento  che è ormai un lusso riservato a chi può permettersi tanti campioni.

La Fiorentina di oggi, per fortuna, qualche campione ce l’ha e qualcun altro lo ha in potenza. Perciò al grido un po’ ribelle meno numeri e più dribbling e rabone, che ci si possa godere il momento il più possibile.