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IL CALCIO, PASSIONE DISINTERESSATA

di Pier Francesco Listri

Il calcio è passione disinteressata, amore del bel gioco; ma non solo. Se ne rende conto chi segue oggi la guerra fra paperoni (leggi presidenti e giocatori) che si svolge nello scenario della lega. Ma fra suocera e nuora non mettere il dito. Passiamo oltre.
Spostiamoci dalle calde diatribe del calcio italiano agli infuocati deserti dell'Africa. Dove, vuole la scienza e la tradizione sia nato il primo uomo, dunque continente emblematico.
E in Africa scegliamo due giocatori dal nome egualmente breve ma, forse, dall'indole diversa. Il primo si chiama George Weah (i giovanissimi lo ricordano ?) il secondo si chiama Samuel Eto'o. Ai rispettivi connazionali sono due talenti e due fortunati. Ma con esiti molto diversi.
Weah ha dedicato pensieri e fortune suoi propri al paese natale, la Liberia ed è forse l'unico caso di un possibile presidente della repubblica - quale lui è stato - che fosse anche pallone d'oro. Là ha costruito case e ospedali, là segue tutt'ora gli stenti di un popolo immeritatamente povero.
Il grande Eto'o ha invece deciso di sacrificare le grandi platee esperte del calcio, i compagni di squadra in grado di costruire favolosi giochi, per andare - curioso missionario - dove il calcio è poca cosa, il freddo (soprattutto per un africano) tremendo, ma dove guadagna per tre anni circa 110 milioni di lire al giorno. 
So che è facile e rischioso imbastire dei confronti, ma certe volte escono dalle mani. Soprattutto quando ci si rende conto che il più bel gioco del mondo può essere stravolto o soffocato dalle cifre con troppi zeri. Non è né moralismo, né contabilità è il feroce realismo che siede ormai anche sul verde rettangolo di gioco.
Sommesso post scriptum: è stimabile, all'ingrosso che buona parte dei cari e appassionati tifosi che applaudono le loro stelle non ricevono che un salario o uno stipendio che sta fra i 1.000 e i 2.000 euro al mese, davvero un miracolo della passione.