IL FIUME IN PIENA ROCCO, L’OPZIONE CAMPI E LA PALLA PASSATA ALLA POLITICA: IL FRANCHI RESTA PIU’ DI UN’OPZIONE , MA LA QUESTIONE STADIO E’ UN CUBO DI RUBIK. IACHINI IN BILICO, CHIESA PUO’ ANDARE, CASTRO NUOVO SIMBOLO
“Solo le leggi di Dio non si possono cambiare”. Il primo anniversario viola di Rocco Commisso è stato molte cose. Una festa soprattutto, con l’inno della Fiorentina suonato al pianoforte, gli auguri dei capi del calcio e quelli dei tifosi viola sparsi nel mondo. Ma anche l’occasione per lanciare segnali inequivocabili. Alla politica, a Chiesa, Castrovilli, Iachini e perfino Pradè. Rocco è stato il solito fiume in piena. Ha parlato quasi due ore, se l’è presa con Nardella per la Mercafir, con il Soprintendente (“Forse quello di Firenze è tifoso della Juve…”) per i paletti fuori logica sul Franchi, con la politica che non lascia spendere chi avrebbe voglia di farlo. L’opzione (di almeno un anno) firmata per l’acquisto dei 36,5 ettari di Campi è stata la notizia che ha fatto impennare l’entusiasmo della gente. Un accordo siglato venerdì, ma già sancito almeno 10 giorni fa, quando Barone andò di persona a Campi per ribadire l’interesse viola su quei terreni. Non c’è tifoso che non sogni lo stadio nuovo, non c’è tifoso che non stia con Rocco, un uomo che in pochi mesi ha speso come nessuno nella storia viola.
La partita sullo stadio però resta aperta. Commisso ha parlato di Campi come opzione perfetta per la Fiorentina, con uno spazio adeguato e costi giusti per fare quello che ha in testa. Eppure non ha chiuso la porta alla ristrutturazione del Franchi, anche se avrebbe potuto farlo senza troppi giri di parole, come successo con la Mercafir: “Lì lo stadio non lo faccio”, ha detto chiaro e tondo dopo aver letto le costose trappole del bando. Quella del Franchi però è un’altra storia, tant'è che l'architetto Casamonti continua a lavorarci sopra. Nonostante l’amarezza infatti, l’ipotesi ristrutturazione del vecchio Comunale resta in piedi, a patto, questo sì, che Rocco possa investire senza passare da Pessina, senza lacci e lacciuoli come quelli che hanno rispedito al mittente il progetto disegnato in autunno.
Da fine stratega insomma Rocco ha rispedito la palla nella metà campo di Nardella, del governo, della politica in generale. Solo le leggi di Dio non si possono cambiare: riscrivetele quelle leggi (in fretta) e avrete i miei soldi. Altrimenti fatevelo voi un bel progetto sul futuro del Franchi, io sono pronto ad andare a Campi. Questa, in sintesi, l’idea di Rocco, che dalla prossima settimana metterà a lavoro i suoi uomini per mettere nero su bianco il progetto che porterebbe lo stadio sui terreni della famiglia Casini. Anche Campi però non è una passeggiata e questo Rocco lo sa bene, tanto che nella lunga chiacchierata ha proposto un tavolo di lavoro con Toscana Aeroporti, in modo che la diplomazia crei una strada per costruire pista parallela e stadio insieme. Per la scelta sullo stadio comunque dovremo ancora aspettare, di sicuro almeno fino a fine estate. Per il Franchi sarà decisivo il decreto semplificazioni: dovessi scommettere un euro, direi che Rocco non avrà quello che chiede. Ma magari mi sbaglio. Magari davvero la pandemia ha davvero insegnato qualcosa a un paese che fatica anche a pagare ai cittadini soldi stanziati da mesi per la cassa integrazione in deroga, che spaventa gli investitori e spreca quattrini per mandare avanti una macchina pachidermica e ormai non più al passo coi tempi. La cosa che mi è più piaciuta della lunga chiacchierata americana comunque è stato sentire la vecchia grinta di Rocco. Il calore, la determinazione, l’empatia e la chiarezza di un uomo, che non vuol lasciare a suo figlio Joseph ”un progetto incompiuto” ma semmai “una strada spianata”. Rocco non molla. Anzi combatte più che mai. Il sogno è portare la Fiorentina tra i primi 20 club nel mondo. Basterebbe anche qualcosa meno, presidente.
L’altro fronte è la squadra. Iachini, colpito anche lui dal Covid quasi senza accorgersene, ha l’onere e l’onore di migliorare la classifica attuale, di “fare felice” Rocco e far divertire la gente. Un compito complicato, soprattutto per le mille incertezze che si porta dietro questa pazza e forzatissima ripartenza del campionato. Su Chiesa ho percepito freddezza, su Castro invece grande calore, al punto di regalargli la maglia numero 10 in diretta mondiale. A Pradè invece Rocco ha affidato il compito di costruire una Fiorentina degna delle ambizioni del presidente e della passione dei tifosi viola, anche senza stadio e nonostante i conti resi “disastrosi” anche per la pandemia. Prima di tutto però conta il campo. Nemmeno un irriducibile ottimista come Commisso infatti è sicuro al 100% di non rischiare di restare impantanato nella lotta per la salvezza. Partire forte e levarsi il dente prima possibile. Tutto il resto verrà. Compresa, forse, la soluzione di quel cubo di Rubik che si chiama stadio.