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IL MALE OSCURO DELLO SPOGLIATOIO

di Cristiano Puccetti

Qualche settimana fa un giocatore cardine della grande Fiorentina di Prandelli, in vena di racconti interessanti - oggi sempre più narcotizzati da quel castigo mediatico ribattezzato sala stampa -, mi espresse un concetto che mi indusse ad una profonda riflessione: “Il gruppo? Quando la Fiorentina è stata veramente unita ha raggiunto obiettivi straordinari, altamente al di sopra delle proprie possibilità. Poi la società, in maniera peraltro incomprensibile, ha progressivamente voluto smembrare il gruppo storico, senza che all’interno dello spogliatoio ci fosse un vero ricambio generazionale. Nessuno si è preoccupato di questo problema, che oggi è IL VERO GRANDE problema della Fiorentina”.
Ovviamente questa confessione non saziò la mia curiosità, anzi se possibile la moltiplicò. Chiesi ulteriori spiegazioni e pretesi di sapere nomi, cognomi e funzioni specifiche di questa piccola e solidissima organizzazione. Il nostro ‘svelatore’ di segreti, segreti per la verità mediamente noti, attaccò a spiegare: “Dainelli e Jorgensen si preoccupavano di parlare, di dialogare costantemente con la società e soprattutto con i dirigenti. Evitando in tal modo inutili e fastidiose introduzioni all’interno dello spogliatoio, risparmiandoci dunque la noiosa recita di filippiche o pistolotti che altro non servono che a fare innervosire noi calciatori. Liverani si era incaricato di controllare che la società pagasse puntualmente i premi promessi per il raggiungimento dei risultati. A voi può risultara una banalità, ma in realtà non lo è. Mai sgarrato di un giorno. Mutu e Ujfalusi si cimentavano nell’organizzazione delle uscite collettive in ristoranti e discoteche, si spendevano perché alle serate partecipassero tutti. E uscivamo davvero tutti o quasi tutti insieme. Questo aveva molteplici vantaggi: cementava il gruppo ed evitava che uno potesse sputtanare l’altro. Se eravamo tutti, la colpa era sempre di tutti, almeno nei pochi periodi in cui le cose non sono andate bene. Era un’organizzazione perfetta. La Fiorentina volava e si divertiva”. Etc. etc. interrompo qui il racconto e torno a bomba ad oggi.

Quale male oscuro si cela all'interno dello spogliatoio viola? Quali le possibili ed auspicabili soluzioni a questa sventurata condizione di caos? Quali e quando le prossime mosse della società per mettere un freno a questa situazione pericolosamente instabile? Ecco le domande, lecite e pertinenti, che il popolo gigliato si pone da tempo e alle quali non ha ancora ricevuto risposte convincenti. Né a parole, né tanto meno sul campo. Interrogativi non casuali - specie nevigando a vista distanti a soltanto quattro lunghezze dal baratro - che in modi e in tempi diversi sono stati puntualmente sollevati da addetti ai lavori, colleghi ed ex viola. Ultimo fra questi il vecchio capitano Jorgensen, uno che nello spogliatoio viola ha dettato legge per lungo tempo, che ha di fatto sollevato dubbi, ampiamente condivisibili, sull'effettiva coesione dello spogliatoio gigliato. Un parere, dunque, di un certo calibro e precisamente riferito alle dinamiche interne alla squadra di Delio Rossi. Ovvero ad un gruppo, sebbene valutato con occhi esterni, che stenta ancora a trovare una reale unione di intenti e che di converso lamenta invece grosse difficoltà ad interiorizzare le motivazioni necessarie atte a ristabilire il naturale ordine delle cose.
Come detto, il male oscuro della Fiorentina. Quello di una squadra sulla carta più che dignitosa, ma al contempo incapace di correggere in corsa l'involuzione cavalcante delle ultime stagioni e che appare ancora oggi in evidente balia di uno stato confusionale a tratti imbarazzante. Una situazione critica, nata e sviluppatasi negli ultimi anni, che si ripete con inquietante puntualità - dopo la passata stagione - nonostante un parco giocatori ampiamente rivoluzionato e un cambio alla guida tecnica, da molti giudicato l'unica medicina in grado di invertire la tendenza. Una teoria che, stando ai numeri e alla classifica, è stata polverizzata nei pochi mesi della gestione Rossi, riaprendo di fatto quel vaso di Pandora che si pensava esser stato prontamente messo sotto chiave e sigillato una volta per tutte. Niente di più sbagliato.
Ad oggi, con ventotto punti in classifica e una serie negativa alle spalle di tre sconfitte - con sei gol subiti e zero realizzati - appare infatti doveroso ammettere il fallimento di tali propositi e quanto mai necessario constatare che il suddetto male sia stato tutt'altro che debellato. Un'ammissione devastante alla luce dei prossimi impegni in chariiave salvezza della Fiorentina e ancor più per l'evidente assenza di soluzioni immediate alla portata della società.

I problemi infatti, se analizzati con attenzione, risultano essere molteplici e in taluni casi di lunga data. Primo su tutti, come già accennato, la mancata reazione della squadra con l'arrivo di Rossi a Firenze. Una delusione ampiamente manifestata nel corso della scorsa settimana proprio su Firenzeviola.it, che stenta a scemare vista la continua ed eclatante incertezza mostrata dal tecnico nel riuscire a gestire uno spogliatoio difficile come quello viola, sia in campo che a livello mentale. Secondo, ma non meno importante del primo, i rapporti interni allo stesso spogliatoio. In pratica il frutto amaro di un insieme di giocatori con storie e prospettive troppo diverse tra loro - quelli in scadenza, i fuori rosa, gli svogliati, i criticati e infine quelli già sicuri di lasciare Firenze a fine stagione -. In pratica un gruppo troppo eterogeneo in quanto a motivazioni che sembra non riconoscersi in un progetto e che appare troppo spesso intollerante alle regole del gioco. Una situazione giocoforza di difficile gestione per chiunque, basti chiedere a Mihajlovic e Rossi, acuita nel tempo dalla mancanza di figure di riferimento all'interno del gruppo. Ovvero l'assenza di una leadership conclamata e riconosciuta dai tempi di Jorgensen e Dainelli - datata al gennaio 2010 - che ha visto attestarsi al comando figure quali Montolivo - eletto capitano dalla squadra e detronizzato dalla società -, Frey e Donadel - capitani senza fascia -, fino ad arrivare a Gamberini, mai realmente in grado di assurgere a tale compito, e Jovetic, futuro leader ma ancora troppo giovane per il ruolo. Sullo sfondo, infine, la mano incerta della società viola. Talvolta troppo distante per affrontare i problemi in prima persona e tal altre troppo coinvolta nelle problematiche da esserne di fatto parte in causa.
In buona sostanza un concerto di responsabilità che pesano sugli equilibri di una squadra fragile e che lasciano terreno fertile al proliferarsi di un 'male oscuro' divenuto col passare dei mesi sempre più dannoso. Quello stesso male al quale andrà trovata una cura in tempi brevi. Non fosse altro che per risollevare la passione di una città intera ed evitare tra qualche mese di ritrovarsi lo spettro della B sulla soglia di casa.

Cristiano Puccetti

direttore sport Lady Radio e Quotidiano Viola