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L'INUTILE RICHIESTA DELLA PRESENZA COSTANTE DEI DELLA VALLE E GLI ESEMPI DA MANCHESTER E ROMA. IL PROBLEMA E' UN ALTRO: GLI INVESTIMENTI, TRA STADIO E MERCATO

di Marco Conterio

Da tempo si discute del perché la famiglia Della Valle non si presenti da tempo a Firenze. Perché non parli, perché non presenzi e perché non appaia in conferenza stampa o a salutare i tifosi dalla balaustra. Un affare, quello viola, seguito a distanza da Diego Della Valle e da Andrea Della Valle che lascia aperti tanti punti interrogativi.

Basta allargare un attimo i propri orizzonti, però, per capire che non è quello il vero problema, quello reale. Arrivare, salutare, ma col portafogli chiuso nel taschino, servirebbe ben a poco, no? Di esempi di proprietà lontane e distanze è pieno il mondo. I Glazer a Manchester, sponda United, non si vedono praticamente mai. Gestiscono il tutto a distanza, dagli Stati Uniti addirittura e non a qualche regione di distanza, ma si affidano a una dirigenza ben strutturata in ogni settore.

Per restare in Italia, per esempio, Pallotta sta costruendo una Roma sempre più promettente e anche nella Capitale gli interrogativi sulla sua presenza in città esistono ma lasciano il tempo che trovano. Prima di Natale spera di annunciare il nuovo Stadio e, superato lo scoglio del fair play, tornerà a investire senza esser costretto a cedere i pezzi migliori. L'Inter ha la proprietà in Cina ma si affida ad Antonello come CEO per i conti e a Sabatini-Ausilio per la gestione diretta. Di esempi è pieno il mondo, solo nel calcio, italiano, ci si deve interrogare sul perché la presenza nel territorio sia un elemento che vada a peggiorare la situazione.

Il problema è un altro. E' la distanza che la famiglia Della Valle dimostra negli investimenti. In un mercato costretto ad autofinanziarsi. In tesoretti che non vengono poi riversati nelle casse altrui per acquistare giocatori all'altezza dei partenti. In progetti in stallo da troppo tempo. In comunicati freddi e glaciali sulla disponibilità a cedere il club, salvo poi chiedere spropositi per vendere l'ACF Fiorentina.

E' questo, il punto. Perché se i soldi non fanno la felicità, nel calcio è vero a metà. Servono a costruire progetti e processi, come dimostrato dagli stessi imprenditori marchigiani negli scorsi anni. L'all-in nella stagione di Gomez e Rossi è stato per loro scottante e da lì, negli investimenti, è stato un continuo passo indietro. L'esasperante attesa dello stadio non sta vedendo e vivendo di passi concreti e ha ragione Moreno Roggi quando dice che "se società e Comune sono d'accordo nel farlo, non capisco perché ci voglia così tanto e non basta la burocrazia per giustificare questo ritardo". Dietro, ci sono sempre loro. I soldi. Gli investimenti. Mica la presenza. Perché col portafogli in tasca e non a disposizione del mercato, di Corvino e dunque di Pioli, in fondo, serve a poco.