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LA CRISI VIOLA È SERIA MA VA GESTITA, NON SUBITA. SULL’ ALLENATORE DA AIUTARE SI MISURA LA FORZA DELLA SOCIETÀ

di Mario Tenerani

Non ce lo saremmo mai aspettato, ma il 17 settembre la Fiorentina è già ufficialmente in crisi. Lo dicono i numeri, il gioco e un mercato sbagliato, quantomeno ad oggi. Quello che sarà domani lo scopriremo con calma. Magari Cabral verrà candidato al Pallone d’Oro, Ikonè diventerà il nuovo Bruno Conti e Jovic farà 40 gol invece dei 30 promessi. Tutto può succedere ancora, ma noi dobbiamo occuparci di ciò che già è successo. La Fiorentina imbarazzante di Istanbul non ha fatto altro che amplificare un quadro generale giù complicato. Una disfatta che in Europa ha fatto fare una pessima figura a tutti. 

I viola hanno avuto un atteggiamento inspiegabile, figlio probabilmente dell’incertezza, della grande paura. I loro volti erano terrei e le parole di Biraghi, capitano vero, hanno messo a nudo la realtà: “Qualcuno non ha capito che così torniamo quelli di due anni fa…”. Potremmo aggiungere anche di tre e quattro anni fa. Evidente che dentro la squadra c’è un malessere, da estirpare. Chi ci deve pensare? Intanto Italiano, è lui il custode ed il gestore delle anime viola. La sua frase, “non so se riuscirò a venirne fuori”, è al tempo stesso onesta intellettualmente e disarmante sul piano calcistico. E’ il tecnico che deve studiare le soluzioni, possibilmente aiutato dalla società. 

L’errore più grande che potrebbero fare adesso dirigenti e presidente sarebbe quello di dare in pasto ai pesci il loro allenatore. Dopo averlo riempito di elogi, avergli raddoppiato il contratto e difeso dalle critiche dei giornalisti - quei cattivoni  - come ha spiegato il presidente Commisso. Beh, dopo questi fortilizi eretti a sua protezione, se lo cacciassero sfiorerebbero il ridicolo. E bene avrebbero fatto, sempre i dirigenti, a parlare nel dopo partita di Istanbul. Un intervento del club sarebbe stato da protocollo in quel frangente. Il silenzio è stato un errore. 

Ma non possiamo nemmeno far finta di nulla. Il calcio è questo, il paese dello scaricabarile perché la piazza fa sempre paura. Un film già visto, ma attenzione alla coperta, potrebbe rivelarsi corta. Perché Italiano, come detto, ha le proprie responsabilità, prova ne sia una involuzione del gioco, passato da verticale ad orizzontale, ma anche la società ha le proprie. Vlahovic è stato sostituito - anzi non lo è stato proprio - da Cabral e Jovic. Chiesa da Callejon prima e Ikonè dopo. Torreira da Mandragora, anche se gioca Amrabat. Ognuno, dunque, si prenda le proprie. Senza dimenticare la difesa: nessun giocatore al posto di Nastasic, solo la promozione di Ranieri - “abbiamo sempre creduto in lui”, queste le parole di Pradè, forse il primo a non crederci era proprio il diesse -, che poi a Istanbul è andato in panchina, nonostante fossero fuori due centrali come Milenkovic e Quarta.

Ma Pradè e Italiano si parlano? Perché uno dice che ci punta e l’altro schiera Amrabat centrale difensivo? Sono cose curiose che stimolano a vederci più chiaro. Come il tema degli infortunati: Firenze era l’isola felice della serie A, qui non si faceva male quasi nessuno, a parte lo sfortunatissimo Castrovilli (forza Gaetano), mentre adesso l’infermeria è intasata. Che succede? Al netto della privacy sacrosanta, potrebbero farci capire cosa ha Gonzalez, giusto per fare un esempio. L’argentino, che manca come il pane alla Fiorentina, sembra sia vittima di una tallonite. Bene, anzi male, ma quando torna? Come stanno i tempi di recupero? Tanti incidenti sono da ricondurre ad un infame destino o trovano riscontro in questo inizio folle di stagione, fatto di partite in sequenza? 

I problemi sono tanti, non c’è dubbio, ma parte di essi possono essere risolti. Si tratta di stare uniti, come ha detto la società (giustamente) e di intervenire nei punti giusti. In queste situazioni si misura la cifra di un club, la sua forza, la sua centralità. E’ un bell’esame per i dirigenti della Fiorentina. Speriamo lo passino. Le crisi si gestiscono, non si subiscono.

Infine una bella notizia che fotografa il senso di appartenenza ad una comunità e la storia di una curva come la Fiesole che va oltre chi indossa la maglia e chi dirige una società. Ieri nel tardo pomeriggio sotto i gradoni della Fiesole si sono ritrovati 150 vecchi ultras degli anni '70 insieme ai loro eredi più giovani per ricordare a 30 anni dalla sua scomparsa Stefano Biagini, detto Pompa, leader di sempre della mitica curva. I vecchi amici hanno portato una corona di fiori mentre gli ultras di oggi hanno donato una targa: tutto questo di fronte agli occhi commossi della mamma di Stefano. Firenze è anche questo.