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LA GODURIA DEL 97’ E LE COSE DA CUI RIPARTIRE: LA CRISI NON È ANCORA FINITA, MA LA FIORENTINA NON MERITAVA DI PERDERE. RIBERY E CALLEJON: PRANDELLI HA SCELTO DI INSISTERE. ORA IL CICLO DI FERRO, DA AFFRONTARE A TESTA ALTA

di Leonardo Bardazzi

Segnare all’ultimo secondo è sempre una goduria. Il pareggio non è quello che volevamo e neppure quello che sognavamo, ma quando le partite si mettono male, evitare una sconfitta che sarebbe stata disastrosa, è già qualcosa. Per analizzare questo lunedì al cardiopalma però, occorre provare a essere lucidi: il primo tempo viola è stato un disastro. La solita, vuota e lentissima Fiorentina ha sbattuto contro il muro di gomma genoano, come fosse una di quelle palline rimbalzine che andavano di moda quand’ero ragazzino.

Nella seconda parte però la storia è cambiata. Bonaventura, l’unico a buttarsi negli spazi e a dare dinamismo e imprevedibilità (se gioca così, merita di essere titolare), ha cambiato le carte in tavola e dato slancio alla manovra. Vlahovic ci ha provato, dimostrando piccoli ma significativi margini di crescita, e le occasioni per segnare la Fiorentina le aveva avute. Il solito gol dell’ex (ma siamo abbonati per caso?) ha avuto l’effetto di una lama nel petto, poi però il miracolo di Dragowski e la rete rabbiosa di Milenkovic hanno restituito un briciolo di giustizia a questo pazzo lunedì. Pur tra mille limiti e mille stenti, pur nel periodo nero di Ribery e negli impacci di Callejon, la Fiorentina non meritava di perdere. E non solo per la beffarda decisione del VAR, che ha tolto un gol a Bonaventura che sapeva di liberazione. In pochi minuti c’erano state l’occasione di Vlahovic (rimpallato da Jack), i due colpi di testa di Bonaventura (sempre lui), un altro paio di cross di Biraghi mal sfruttati e un tiro fiacco ma da ottima posizione di Amrabat. Non è molto, non è ancora quello di cui ci sarebbe bisogno, ma è abbastanza per dire che qualcosa di migliore rispetto agli ultimi tempi c’è stato, e che perdere contro chi ha messo il pullman davanti alla porta (mi scusi Mou, per la facile citazione), sarebbe stato davvero troppo. 

Della partita, come detto, non vanno dimenticati i difetti
, che sono stati molti. La partenza moscia per esempio, ma anche i cambi di Prandelli, che stavolta non hanno convinto per niente e che anzi hanno tolto impeto a una squadra che in quel momento stava dominando. Borja ha perso un pallone sanguinoso e Eysseric ancora una volta ha dimostrato di essere troppo sotto ritmo per il calcio italiano. Sarà anche un ragazzino, ma qualche pillola di Montiel, ogni tanto, potrebbe anche addolcire questo amaro campionato viola. Ci sarà tempo per il giovane spagnolo comunque, magari quando Cesare sarà riuscito a portare la barca viola in acque più tranquille.

Per uscire dalle peste infatti, Prandelli ha scelto di affidarsi alla vecchia guardia. Insisterà con Ribery e Callejon, tanto per essere chiari, perché solo sfruttando il loro talento la Fiorentina potrà pensare di fare il salto di qualità. Certo, se per Josè l’alibi della precaria condizione regge (è arrivato senza preparazione, poi ci si è messo pure il Covid), per Franck occorre capire cosa stia accadendo. Perché è vero che anche lui si è allenato col contagocce, ma è altrettanto vero che il fenomeno francese non ha più quella magia con la quale faceva stropicciare gli occhi anche ai tifosi avversari.

Continuità comunque. E fiducia. Le parole chiave sono queste. Con le piccole in questi anni è sempre andata male, quando c’è da attaccare difese schierate la Fiorentina balbetta. Certi limiti non si cancellano in poche settimane anche perché Prandelli, come detto e ripetuto, non è un traghettatore, ma semmai un insegnante di calcio, che potrà sbagliare qualche scelta ma che, poco a poco, sta tentando di rendere almeno più fluido il gioco viola. Domenica con l’Atalanta parte un periodo duro e senza sosta, la classifica è ancora brutta, anche se a guardarla per bene va detto che la Fiorentina è in gruppo di otto squadre racchiuso in appena 3 punti. Son tutte lì, basta poco per risalire, basta ancora meno per sprofondare. Coltello tra i denti, pazienza, fiducia e unità. Solo così si esce dalla crisi.


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