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MURIEL È A UN PASSO MA CI VUOLE ANCHE ALTRA QUALITÀ. A GENOVA POCA FORTUNA E TORTI ARBITRALI. SERVE UN GIRONE DI RITORNO DIVERSO

di Mario Tenerani

Partiamo dalla cronaca di queste ore: Luis Muriel, attaccante colombiano, è vicino alla Fiorentina. Ci sarebbe stata un’accelerazione dei dirigenti viola rispetto al duello col Milan. In realtà Muriel aveva dato da tempo la parola alla Fiorentina e adesso ha intenzione di rispettarla, dando quindi preferenza ai viola. La punta arriverebbe da Siviglia in prestito con diritto di riscatto - condizione prioritaria per Corvino, su indirizzo della società - fissato a quota 13 milioni. Intanto, per il disturbo, da qui a giugno, agli andalusi andrebbero 500mila euro. Il curriculum di Muriel in questa prima parte di stagione disputata in Spagna parla di 19 presenze con 800 minuti giocati per un totale di 4 gol e 4 assist in tutte le competizioni. 

E Gabbiadini? Resta in pista se dovessero subentrare complicazioni al fotofinish per Muriel anche se per l’ex attaccante del Napoli il Southampton chiedeva un prestito con obbligo di riscatto per circa 15 milioni. Ieri era circolata anche la possibilità che gli inglesi accettassero la strada dell’opzione, ma non sono state trovate grandi conferme. 

Il Siviglia, invece, era partito fin da subito con l’altra formula che per la strategia viola - zero investimenti in questa finestra di mercato - calza alla perfezione. 

Muriel sarebbe, intanto, il primo innesto per un attacco davvero in crisi come recita la cronaca. E’ un vecchio pallino della Fiorentina fin dai tempi di Lecce (2011-12 con 29 gare e 7 reti), a a quel tempo faceva coppia con Cuadrado. 

In Italia Luis ha giocato anche con Udinese e Samp, da Genova è partito nell’estate 2017. Muriel ha sempre dato l’impressione di essere un grande talento inespresso, tra l’altro dotato di una cilindrata fuori dalla media, molto esplosivo. Però fino ad oggi qualcosa è mancato nella sua carriera, non ancora decollata: in Italia ha segnato con una media di una decina di gol a stagione e sicuramente avrebbe potuto fare di più. E’ del ’91, nel pieno della maturità agonistica, speriamo che Firenze, se Firenze sarà davvero, possa diventare la culla della sua consacrazione. 

Il dato certo è che la Fiorentina, se vorrà davvero abbandonare la zona mediocrità della classifica, dovrà mettere dentro qualità. Servono investimenti più sostanziosi, un ritorno insomma ad una politica più adatta alle ambizioni della piazza, sempre ammesso che la società ne coltivi. L’equilibrio di bilancio è un dovere, mentre l’utile è una ghiotta opportunità per migliorare la parte agonistica. Non sfruttarlo, però, diventa un pericoloso boomerang in un frangente in cui la fiducia nei confronti della politica societaria è sempre più fragile. E’ un campionato livellato e questa aumenta ancora di più i rammarichi. Bastava non aver sbagliato un paio di calciatori e aver avuto il coraggio di spendere qualche euro in più per ritrovare una Fiorentina a ridosso della zona Champions, intorno al quinto-sesto posto. Sarebbe stato più che sufficiente per non deludere la città. Per puntare, invece, dal quarto posto in sù, occorrerebbero trasfusioni di denaro ingenti, ma questi non fanno più parte della seconda repubblica dellavalliana. 

I tifosi non chiedono la luna, sono troppo intelligenti per non capire che aria tiri da queste parti, si tratta solo di allestire una squadra che cammini solida su una chiara idea di calcio e che lotti davvero per l’Europa League. Non per il settimo posto - obiettivo poco invitante anche dal punto di vista semantico -, tutt’altro, poi, che sicuro vedendo la concorrenza e il cammino ondivago della Fiorentina.

La Fiorentina chiude il girone di andata al decimo posto, in fondo alla parte sinistra della classifica. Chi la pensa come la società viola può stare sereno perché il traguardo fissato dista solo 3 punti. Chi la pensa diversamente è sgonfio come un palloncino perché la Fiorentina decima suscita un moto irrefrenabile di confusa tristezza. Intorno a questo dibattito si giocherà il girone di ritorno. Stabilito che per dare qualche certezza in più a Pioli bisognerebbe rompere il salvadanaio, dal 20 gennaio in poi i viola dovranno fare tanto di più perché la proiezione oggi dà 52 punti finali. Nel maggio 2018 i viola finirono a 57 e 12 mesi fa chiusero solo con un punto in più. Ma sul campionato scorso pesa come un macigno la scomparsa di Astori e le dinamiche particolari che si sono innestate subito dopo. Dalla morte di Davide la squadra ha trovato una reazione sorprendente che ha stupito tutto il calcio italiano, quindi la valutazione complessiva è difficile da dare. La verità è che adesso manca solo il gol. Non un dettaglio, per carità, ma quello è il vero male. 

A Genova la Fiorentina ha fatto un’ottima partita, colpito due pali e sprecato come sempre alcune palle gol, di cui una in apertura clamorosa. Era più facile metterla dentro che fuori e purtroppo Simeone ha scelto la seconda… La Fiorentina ha un gioco, ma non si apprezza perché segna col contagocce. Sarebbe tutto diverso se la palla finisse dentro, anche i nostri giudizi sarebbero più dolci. Quando non si prende lo specchio o si spara in bocca al portiere si fa fatica a parlare di tattica… 

Tutto qui. E in giro anche le squadre più forti non esprimono momenti di calcio memorabili, a cominciare dalle milanesi, passando per le romane. Per fortuna i viola hanno una difesa da Champions (intesa come piazzamento) e non è un caso che due attaccanti temibili come Piontek e Kouamé siano rimbalzati contro il muro viola, guidato da un Pezzella super.

Chiudiamo con l’arbitraggio: la Fiorentina a Genova ha subìto un torto macroscopico, non c’era bisogno del Var per assegnare quel rigore. E invece è stato negato. Se pensiamo poi ai polpastrelli di Hugo a Milano e a taluni penalty concessi negli ultimi tempi, i dubbi aumentano. Cattivi pensieri, Zoff docet…

Auguroni a tutti.