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NON VINCERE DOPO AVER DOMINATO FA RABBIA, L'ENNESIMA X LASCIA RIMPIANTI. URGE UNA RIFLESSIONE SU SIMEONE. ARBITRI: COSÌ NON VAR. APPLAUSI A CESARE, UNO DI NOI. ORA TOCCA ALLA SOCIETÀ BATTERE UN COLPO

di Leonardo Bardazzi

Non vincere dopo aver dominato scoccia, non farlo dopo aver sbagliato almeno due gol fatti fa proprio rabbia. A Genova è andato in scena un film già visto, con la Fiorentina incapace di segnare e di prendersi tre punti. L’ennesima X in schedina così aumenta i rimpianti e lascia i viola in una posizione anonima di classifica, non lontana dalla zona ambita (-3 punti dal settimo posto) ma con davanti ben nove squadre. 

Facendo due conti, Pioli chiude il girone d’andata con un punto in meno dell’anno scorso (dodici mesi fa però era settimo, ora è decimo), con appena una vittoria fuori casa e un attacco capace di segnare solo una volta nelle ultime tre partite: dodici mesi fa la Fiorentina fece 30 punti nel girone di ritorno, frutto soprattutto del risveglio delle anime dopo la morte di Astori. Per far meglio dunque la Fiorentina di oggi dovrebbe mettere insieme almeno 32 punti, 34 se si dà per buona la quota-settimo posto (60 punti finali) dell’Atalanta edizione 2017/18: tanti, forse troppi, per una squadra così spuntata. 

La partita giocata contro il grande ex Prandelli comunque è stata una delle migliori dell’anno. E, se replicata, potrebbe aumentare le speranze di Pioli. Noorgard a centrocampo per esempio ha dato equilibrio e recuperato palloni. Non sarà un fenomeno ma merita più spazio, anche perché se gioca lui, Veretout (splendido nell’assist a Chiesa) può finalmente liberarsi e stare più vicino alla porta avversaria. Bene, naturalmente, anche la difesa, guidata da un monumentale Pezzella e sempre più punto di forza della squadra. Anche Mirallas, pur non brillantissimo, da trequartista garantisce equilibrio tattico e cuce gioco: il rombo a centrocampo insomma potrebbe diventare un’idea anche per il futuro, soprattutto se dal mercato dovessero arrivare i rinforzi che aspetta Pioli. Il problema però resta sempre quello: il gol. La jella stavolta ha giocato un brutto scherzo, i pali sono ancora lì che tremano, ma i gol falliti da Simeone, Edimilson e Chiesa gridano vendetta. Lo svizzero ha sparato addosso al portiere, Fede ha centrato il palo a due metri dalla porta e il Cholito ha mandato fuori un colpo di testa banalissimo: “Il gol del Cholito lo faceva anche un bimbo delle scuole calcio”, è stato il lapidario commento di Riganò, uno che di gol ne ha fatti a valanga in tutte le categorie. Più chiaro di così… La crisi dell’argentino mi pare sempre più sconfortante, la fiducia dell’ambiente è ormai ai minimi termini. Fosse possibile prendere un attaccante più forte di lui già a gennaio, non avrei dubbi. Punterei su altro. La Fiorentina ha bisogno di un centravanti migliore, più forte, più solido mentalmente e nei fondamentali. Lui, Pjaca e Gerson sono delusioni cocenti: vista la lunga sosta e il mercato alle porte, prenderne atto è il primo passo per provare a migliorare. 

Dulcis in fundo, il Var. Sono sincero, il rigore chiesto dalla Fiorentina si poteva non dare. La palla sbatte prima sulle gambe e poi sul braccio (comunque largo) di Veloso: a termini di regolamento non è fallo. A far saltare il banco però è Torino e i due rigori ridicoli (uno soprattutto) fischiati in Juve-Samp: come si può pensare di fischiare rigore per l’intervento di Ferrari? Come può essere rigore un intervento con il braccio attaccato al corpo? E, andando più indietro nel tempo, come si può cambiare una decisione già presa per un tocco di polpastrello di Hugo a San Siro? I conti non tornano, il Var, usato così, è un mezzo disastro e crea i cattivi pensieri di zoffiana memoria. Pioli si è arrabbiato molto, i tifosi pure: li capisco, anche se, come detto, credo che il fallo di Veloso non ci fosse. Senza uniformità di giudizio però si creano equivoci, proprio quelli che l’utilizzo della tecnologia dovrebbe evitare. Tra rabbia e rammarico dunque si chiude un 2018 pieno di dolore, commozione e delusioni. L’augurio, per tentare di cambiare marcia per davvero, è che oltre ai carotaggi e le teoriche buone intenzioni, arrivino notizie concrete fin dai primi giorni del nuovo anno. Il 13 gennaio c’è la coppa Italia a Torino, un obiettivo concreto e una partita difficile. Da affrontare, se possibile, almeno con un Gabbiadini in più. 

Ps: un grande abbraccio a Prandelli, uno di noi. Vederlo applaudire Astori al 13' ha riportato indietro nel tempo. A quando lui guidava una Fiorentina da Champions. A quando Firenze godeva dei quarti posti, dei gol di Toni e di una squadra sulla bocca di tutti. Bentornato Cesare e che il 2019 possa regalarti le soddisfazioni che ti meriti. Come allenatore e come uomo.