.

PAREGGIO DAL SAPORE AMARO, VENTO FASTIDIOSO E ALCUNI ERRORI. SIMEONE, PJACA, GERSON SONO GIÙ. CHIESA SEMPRE PIÙ LEADER 

di Mario Tenerani

Forse il Cagliari è diventata la bestia nera della Fiorentina. Negli ultimi 7 incontri a Firenze 2 vittorie viola, 3 pareggi e 2 sconfitte. E pensare che prima, invece, il bilancio coi sardi aveva un saldo più che attivo per la Fiorentina. Un pareggio dal retrogusto molto amaro. 

Il Cagliari era passato dal Franchi il 13 maggio scorso e aveva vinto 0-1 grazie al gol di Leonardo Pavoletti, livornese doc, che ha il torto di essere nato in Toscana e non a Podgorica o sui Pirenei, altrimenti giocherebbe in club più pesanti, col massimo rispetto per il Cagliari. Pavoletti ha timbrato il cartellino anche ieri, dopo appena 7 minuti. E’ arrivato nella tarda mattinata nel ritiro del Cagliari dopo una notte in bianco in Sardegna. Aveva assistito al parto, un po’ tribolato, di sua moglie: nel cuore della notte è nato Giorgio (auguroni) e alle 6 di mattina il centravanti livornese è salito sul primo aereo per raggiungere i compagni. Con Maran è stato onesto: ha detto al tecnico che era stanco, ma se fosse stato chiamato in causa in corso d’opera non si sarebbe tirato indietro. E così è stato. Questo per raccontare che nel calcio le vie del gol sono davvero infinite. 

Pavoletti ne ha messi dentro 4 in 8 partite e quella di Firenze è stata la prima rete di piede quest’anno. Bellissima, ma nata da un errore della difesa viola schierata in superiorità numerica. Nessuno è uscito su Joao Pedro (maggior indiziato Hugo) e così Faragò ha ricevuto lo scarico, cross e centro di Pavoletti. Letture sbagliate, appunto, che capitano ad una squadra giovane. Non è la prima volta che succede, non sarà l’ultima. 

Dopo il 13 maggio la Fiorentina al Franchi aveva sempre vinto e l’ultimo gol preso a Campo di Marte era stato quello di Tomovic il 26 agosto scorso nel 6-1 sul Chievo. Peccato, la quinta vittoria consecutiva è stata mancata per troppo vento - pareva di essere in Sardegna - e diversi errori. 

Tutto è perfettibile e lo stesso Pioli con la consueta onestà ha spiegato a dovere dove dovrà intervenire per migliorare. Ma è innegabile che ci siano interpreti principali che stanno annaspando. 

Il primo è Simeone: siamo a 2 gol in 9 partite, ma quello che preoccupa di più adesso è lo stato di forma del Cholito, sembra sempre in ritardo. Lui deve essere servito però un centravanti deve pure cercarseli certi vantaggi. Lo stimiamo e lo aspettiamo fiduciosi, ma deve dare tanto di più. 

Il secondo è Pjaca: si muove come se giocasse la prima amichevole stagionale, con le gambe ingessate. Non c’è uno spunto, una sgassata, un’occasione. Non è possibile che sia questo, ce lo ricordavamo diverso. Pjaca oggi ricorda l’Eysseric di un anno fa. Pioli su di lui dovrà dare il meglio di se stesso perché Pjaca resta l’operazione più importante, quantomeno sulla carta, dell’estate passata. 

Il terzo è Gerson: impalpabile. Potenzialità alte, rendimento basso. Anche lui sembra passeggiare in un centrocampo in cui Veretout giganteggia. Morale: se questi tre non tornano in fretta ad offrire gol e giocate di spessore per la Fiorentina non ci potrà essere un decollo definitivo. 

Chiesa, invece, continua nella crescita costante: ha preso un altro rigore - c’era, altro che cascatore -, ha tirato da ogni posizione, ha portato apprensione alla difesa avversaria e se non avesse trovato Cragno - un altro fiorentino destinato ad una gran carriera -, avrebbe realizzato un gol stupendo. La differenza tra Chiesa e gli altri viola è evidente: Federico ha qualcosa di speciale, è già un leader. Sempre più forte, sempre più feroce nella sua voglia, sempre più corteggiato in Italia e all’estero. Una risorsa viola straordinaria, difenderla non sarà facile.