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QUESTO È IL FALLIMENTO DI UN MODO DI FARE CALCIO. QUATTRO CAMBI IN PANCHINA IN VENTI MESI. ORA ROCCO DEVE RIVOLUZIONARE LA SOCIETÀ. CESARE GRANDE UOMO DI CALCIO NON POTEVA RESTARE. ANCHE I TIFOSI SONO STANCHI. IACHINI, SALVEZZA E POI NUOVO PROGETTO

di Enzo Bucchioni

Dopo il doloroso addio di Cesare Prandelli e tutto quello che è successo, adesso sapete qual è il mio timore-terrore? Che Iachini salvi la Fiorentina, Rocco Commisso si rinnamori e in base al suo personalissimo concetto di meritocrazia, lo confermi per la prossima stagione. Mi rendo conto che sarebbe comunque il colmo anche in un modo sbagliato di fare calcio, ma guardando indietro a quello che sono stati i primi venti mesi americani della Fiorentina c’è sempre da aspettarsi di tutto e non meravigliarsi mai di niente.

Venti mesi fallimentari. Ormai credo che quasi tutti, eccetto forse quelli del Club dell’Hamburgher che in questi giorni stanno facendo il doppio gioco, abbiano capito che questa proprietà arrivata con grande energia, grandi progetti e tanti soldi, in realtà abbia saputo fare cose importanti solo per le infrastrutture (Viola Park) e non per il calcio.

O meglio, abbia fatto calcio seguendo idee e concetti non applicabili al pallone italiano in particolare e al football in generale. Credo che anche per questo Prandelli si sia dimesso, per aver visto cose che sono fuori dalle regole, per altro spesso raccontate da lui stesso fra le righe nelle conferenza stampa. Quali? Una fra tutte: l’allenatore deve sempre essere forte, al centro del progetto, va protetto e difeso, mai messo in discussione con i giocatori, i procuratori o all’esterno. Ma non solo questo.

Sulle dimissioni di Prandelli che erano nell’aria dopo la strana sparizione dallo spogliatoio di domenica e s’erano in qualche modo intuite, come ho scritto lunedì, però tornerò più avanti. Ora vorrei rimanere sul concetto di fallimento.

Non lo dico io e non lo dicono i pochi altri che da mesi si permettono di segnalare problemi o anomalie, non lo dicono i cattivi messi nel libro nero da Rocco, questa volta facciamo parlare i numeri.

Non è normale che una società come la Fiorentina, che ha speso decine di milioni sul mercato, con il settimo monte ingaggi del campionato, una tifoseria appassionata come poche, una grande storia e la proprietà più ricca della serie A, da due anni sia stabilmente nella parte destra della classifica, a lottare per evitare la retrocessione fin dall’inizio del campionato.

Non è normale che si ritrovi al livello di Benevento e Spezia, entrambe piccole neopromosse. Questi sono fatti, non parole.

Non è normale che in venti mesi di calcio italiano, Rocco Commisso sia stato costretto a cambiare quattro allenatori, perché di quattro cambi si tratta, anche se uno è lo stesso. Ha cominciato con Montella, poi Iachini, dopo Prandelli e adesso Iachini-bis perché era già a libro paga. Possibile che siano tutti scarsi gli allenatori?

E’ più probabile, invece, che siano andati in difficoltà in una società che non li ha protetti, non li ha supportati, non li ha messi nelle condizioni di lavorare nel mondo giusto, non ci sia un valido progetto calcistico da seguire. Quattro cambi fanno una prova.

E allora se non è colpa degli allenatori, se non è colpa dei giornalisti liberi che (fra l’altro) non vanno in campo, se non è colpa dei tifosi visto che (purtroppo) lo stadio è chiuso, di chi sarà mai la colpa di questo disastro calcistico? Restano la società e i giocatori. Di sicuro qualche colpa l’hanno anche i giocatori, come in qualche modo l’hanno anche gli allenatori. Ma qualche.

Non esistono giocatori che fanno apposta a giocare male, tengono tutti alla loro carriera e a fare bene, se non altro per ragioni economiche. Se non rendono come ci si sarebbe aspettati, vuol dire che non sono messi nelle condizioni di giocare in base alle loro attitudini, che non c’è un progetto calcistico, che hanno problemi non risolti che li distraggono, tipo rinnovi, insoddisfazioni e quant’altro.

E così, come si vede, si torna sempre alla società che, volendo, potrebbe eventualmente adottare nei confronti dei giocatori dei provvedimenti come il ritiro o robe del genere. Non ha fatto neppure quello. Concludendo?

E’ evidente che il problema vero sia la società, per come ha pensato e fatto calcio in questi venti mesi, senza un progetto nel quale credere, senza idee chiare da difendere, cambiando modi e opinioni, non dando responsabilità o delegando nessuno al di fuori del cerchio magico di Rocco, accentrando nelle mani di pochissimi, non intervenendo per monitorare minuto per minuto quello che succede, non trovando equilibrio di rapporti con il mondo esterno non allineato. In venti mesi non ho sentito un’autocritica, un mea culpa, qualcuno  dire “abbiamo sbagliato”. L’ha fatto solo Pradé parlando di cose sue, di mercato, che sono marginali perché anche lui non ha autonomia, come dimostra il caso-Juric.

Questa è una società giovane, avrebbe anche diritto di sbagliare. Il problema è che dall’inizio è mancata l’umiltà, è passato il concetto che con i soldi si può fare tutto, che comunque Rocco e Joe Barone sanno bene cos’è il calcio perché hanno giocato al college, e qualche altro lo conosce per grazia ricevuta visto che fino a tre anni fa faceva un altro mestiere. Quali sono i risultati di tutto questo?

Oggi la Fiorentina è una società in lotta per non retrocedere, che ha cambiato un altro allenatore, con tanti giocatori che vogliono andare via e tanti altri allenatori o giocatori che pensano che la Fiorentina per loro non sia una società dove andare fino a quando non risolverà i suoi problemi. Provate a parlare in giro e sentirete cosa si dice nel calcio di questa Fiorentina. Provate….

Senza contare che la Fiorentina americana è andata in rotta di collisione quasi con tutti, dalla Lega (ricordate la famosa litigata di Joe che appena arrivato, senza titoli, avrebbe voluto diventare vicepresidente o consigliere?), dalle istituzioni nazionali, regionali e locali, per chiudere con i giornalisti liberi.

Restano i tifosi con i quali si sono sempre intrattenuti rapporti eccessivi anche se sarebbero vietati dai regolamenti federali, ai quali è sempre stata prospettata l’idea di una grande Fiorentina. Ora che questa prospettiva sta svanendo, basterebbe leggere i social per capire che aria sta tirando attorno a Rocco e al suo cerchio magico.

E’ chiaro che Prandelli si sia dimesso anche perché a disagio dentro questo calcio.

Come detto, attorno a un bravo allenatore che cerca disperatamente di salvarti, che ha trovato mille problemi e li ha spesso raccontati con onestà in sala stampa, che sta cercando di stimolare e usare i giocatori funzionali al suo progetto che comunque sta crescendo, la Fiorentina avrebbe dovuto fare muro. Fosse soltanto per la valorizzazione di Vlahovic, i dirigenti viola avrebbero dovuto parlare pubblicamente bene del loro allenatore, elogiarlo, rafforzarlo, proteggerlo, solo per farlo lavorare meglio. Se Cesare si fosse sentito apprezzato da dentro e non fosse stato lasciato solo con la responsabilità di non far retrocedere la Fiorentina tutta sulle sue spalle, forse non se ne sarebbe andato.

I dirigenti ora fanno sapere di non avere avuto sentori, ma non le hanno sentite le conferenze stampa quando Cesare Prandelli parlava di un progetto calcistico che non c’è, dell’allenatore che deve avere libertà, e di tante altre cose calcistiche che evidentemente all’interno della Fiorentina non funzionavano?

Andatevi a rileggere o a risentire con quanta onestà intellettuale l’allenatore si sia sempre espresso e abbia acceso i riflettori sui problemi. O non hanno capito o hanno fatto finta di non capire. Se poi fosse vero quello che dice radio-spogliatoio (perché la Fiorentina non smentisce?) che le prese di posizione (per ora non racconto altro) di Amrabat e Biraghi avrebbero messo in difficoltà Prandelli, allora le dimissioni non solo sarebbero comprensibili, ma dovute. Che qualcosa non andasse, in queste ore lo dimostra anche il silenzio di tutti i giocatori, Vlahovic escluso. Da gente attenta ai social e alla comunicazione come i calciatori, non è arrivato un grazie, ma neppure un saluto di facciata all’allenatore che se ne va. Pensate in quale spogliatoio ha lavorato Cesare. All’Atalanta la vicenda Papu-Gasperini s’è chiusa con l’allenatore ancora più forte e un segnale netto della società a tutto il gruppo: o così o andate a casa.

A Firenze, invece, l’allenatore s’è ritrovato più solo e più debole, con lo spettro della B e una difesa pubblica (anche per le cattiverie dei social e dei tifosi-contro) che dalla società non è mai arrivata.

Guardate Pirlo. Le difficoltà sono evidenti, il futuro appeso a un filo. Cosa ha fatto ieri la Juventus per rafforzarlo al momento all’interno dello spogliatoio e all’esterno: lo ha difeso pubblicamente e confermato per l’anno prossimo. Il calcio si fa così, non scaricando le responsabilità.

Detto questo, ho ancora fiducia in Rocco Commisso.

Credo davvero che questi venti mesi di amaro rodaggio possano essergli serviti per capire tante cose che non conosceva e il valore o meno di certe persone che si sono spesso autoreferenziate agli occhi del Capo senza avere meriti o requisiti.

Sono sicuro che Rocco interverrà per ripartire su basi nuove, con gente diversa e un grande progetto calcistico. Un rilancio vero.

Commisso ha le risorse per farlo, Firenze lo meriterebbe e lui ne potrebbe godere a breve perché il Popolo Viola sa dare tanto, come pochi altri, a quelli che si sbattono per la Fiorentina. Rocco s’è dato, ma se i conti non tornano, ora deve intervenire, senza buonismi, senza il concetto di famiglia che in altre aziende funziona e nel calcio no, in modo concreto, mirato, per cambiare tutto e tutti quelli che hanno portato a questa situazione. I conti si faranno a salvezza acquisita, ma andranno fatti.

Se poi Rocco è sempre convinto di avere fatto tutto bene, allora allargo le braccia e mi fermo qui.

Quello che diciamo noi è solo per amore della Fiorentina, per cercare di costruire, per stimolare, per riavere quella squadra che Firenze e i fiorentini meritano e che Rocco aveva promesso. Niente a che fare con quelli che sussurrano all’orecchio di Rocco “quanto sei bravo”, solo per interessi personali. E sono tanti.

Adesso però non resta che augurare a Iachini il bene possibile. E’ un allenatore che all’inizio del lavoro dà il meglio di sé, riesce a caricare il gruppo con i suoi sistemi, credo che dieci partite possano essere la distanza giusta per tirare fuori il massimo in chiave salvezza. Fra l’altro fino a una partita e mezzo fa questa squadra ha continuato a giocare il 3-5-2 caro a Iachini. Dovrebbe essere più facile riannodare il filo, ma non cominciamo a dare alibi a nessuno: ci sarà da sudare.

Se poi la Fiorentina ha diversi giocatori nelle nazionali è normale nel calcio di oggi, se può consolare Iachini, il Genoa né ha di più. Ora pochi discorsi e pochi alibi, testa bassa e rialzatela solo a salvezza raggiunta.

Il Popolo Viola è stremato, sopraffatto dalla delusione, ha esaurito anche la pazienza. Ricordatevelo sempre.