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SAREBBE BELLO RIPARTIRE, MA È DURA. I GIORNI PASSANO, LE CRITICITÀ AUMENTANO. LA UEFA PER LA PRIMA VOLTA PARLA DI STOP. PRIMA LA SALUTE… ANCHE DEI CALCIATORI.

di Mario Tenerani

Noi che amiamo il calcio. Noi che ci emozioniamo se sul campo scorrono emozioni. Noi che più lo stadio è pieno e meglio è. Noi che alla partita cominciamo a pensare qualche giorno prima. Noi che quando gioca la Fiorentina gioca Firenze. Noi che stiamo male senza calcio perché col calcio stiamo da una vita. Noi che per queste e mille altre ragioni speriamo che il pallone possa tornare a rotolare prima possibile, dobbiamo avere la forza di capire che forse stavolta il problema è grande. Più di noi. Non si può immaginare una ripartenza del calcio senza aver fatto i conti con le condizioni del Paese dal punto di vista sanitario. Ci dobbiamo rimettere alla decisione della scienza. E del Covid-19. Sono loro i padroni del destino del campionato.

Non è da sottovalutare la reazione di molti tifosi viola, ma pure di altre squadre, che pur amando il calcio e i propri colori, non fanno mancare la loro disapprovazione rispetto alla voglia dei club di tornare a giocare in tempi brevi. La gente è l’anima di questo sport e questo dovrebbe farci riflettere. I club spingono, supportati da motivi validi di sopravvivenza economica, mentre i tifosi vorrebbero chiudere qui la stagione. Stati d’animo diversi che spiegano come questo frangente storico sia delicato e profondo nella sua drammaticità.

La Lega è spaccata, al di là del documento unitario varato 24 ore prima di incontrare il Ministro dello Sport Spadafora: metà società, anche per interessi propri, vorrebbero non ricominciare a giocare dando un taglio alla stagione. Pronti però ad immaginare subito la prossima. Ma dopo il summit a Roma di mercoledì scorso è cominciata a serpeggiare una sensazione: anche i club più duri sarebbero perplessi. Qualcuno dice che spererebbero - insinuazione maligna - che fosse il Governo a decidere per loro. In questo modo le società si scaricherebbero di qualsiasi responsabilità davanti alla drastica decisione di chiudere qui il campionato. Così anche in sede di discussione per i diritti tv, l’ultima tranche è ancora da incassare, la colpa dello stop andrebbe alla politica e non al calcio. La sensazione, appunto, nasce anche dal decalogo che la Lega ha presentato al Governo: dieci punti molto precisi, con domande legittime e pertinenti, alle quali in molti casi adesso però è impossibile dare risposte. Ne scegliamo una decisiva: che succede se durante la preparazione si trova un calciatore positivo al Coronavirus? Non esiste rischio contagio zero. Lo hanno ripetuto insigni virologi in queste ore, il resto sono discorsi. Tutto, allora, è rimandato alla metà di maggio: in quel periodo, forse, sapremo quando potranno cominciare gli allenamenti in gruppo e la prima partita di campionato. Tempi che si dilatano e che cozzano con i desiderata della Uefa. Ceferin che dal 3 marzo scorso ha detto tutto e il contrario di tutto, pretende la fine della serie A entro il 2 agosto. Facile, vero?

Direttive della Uefa che però cominciano a presentare qualche crepa. Ceferin, infatti, per la prima volta dallo scoppio di questo dramma, ha presentato lo scenario B: quello che prevede la cristallizzazione della classifica, secondo il criterio del merito sportivo espresso dalla graduatoria, nell’ipotesi che a causa della perdurante pandemia una federazione non riesca a portare a compimento la propria annata agonistica. Non c’è solo l’Italia in queste condizioni, altri hanno già tirato già giù la saracinesca da tempo. Evidentemente anche la Uefa comincia a capire che il quadro generale è complicatissimo ed il calcio non è avulso dalla realtà. 

Il risultato è che i giorni passano e le criticità anziché diminuire aumentano. Questa è cronaca, non sono opinioni. Il mantra che viene ripetuto è che la salute degli italiani viene davanti a tutto. Perfetto. Ma con la stessa forza andrebbe ribadito per il calcio: la salute dei calciatori prima di tutto. Le conseguenze del Covid-19 sui corpi contagiati non sono ancora chiare. In assenza di letteratura scientifica perché non ci sono precedenti, i medici stanno lavorando duro, ma con pochissimi elementi in mano. Emerge chiara però la necessità di effettuare visite mediche ancor più approfondite soprattutto per il cuore. Prima di firmare le prossime idoneità serviranno test accuratissimi. Non solo: si chiede ai giocatori di giocare tre volte a settimana con un caldo estivo, sottoponendo ad un forte stress fisici rimasti inattivi per settimane e settimane. Serve prudenza e in particolare rispetto per i calciatori che saranno pure super pagati, ma restano uomini con le loro fragilità. Un solo appunto alla categoria: toccherebbe proprio a loro e al sindacato che li rappresenta rivendicare maggiore attenzione rispetto a queste criticità. Invece non è così. E anche questo risulta molto strano. Lo show deve andare avanti. Ma stavolta forse si fermerà.