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STILE E GNEGNERO: LA FAVOLETTA SU CIÒ CHE FU E ROCCO

di Stefano Prizio

Once upon a long time ago… C’era una volta tanto tempo fa: un presidente della Fiorentina mal consigliato, al quale fu detto di avvicinarsi al palazzo del calcio.

Che poi lui al palazzo era già vicino, perché in fondo la squadra l’aveva potuta prendere, gratis et amore, grazie alla politica, nello specifico il mondo dei Ds, poco più avanti gli fu fatto pure il regalino di saltare la C1 andando direttamente in B, solo per quell’anno venne fatto un regolamento ad hoc con 5 promozioni dalla B alla A e uno spareggio, come a dire bisogna trovare un modo per far tornare i viola in massima serie (cosa peraltro più che giusta visto come era finita, sola e in maniera discutibile, nell’oblio del calcio) perciò in 2 anni quel presidente si ritrovò una squadra in A, ma senza i debiti della vecchia società fallita di Cecchi Gori.

Incassati i regalini, quel presidente si mise a fare il moralizzatore, col ditino alzato, voleva ribaltare la spartizione della torta, insomma i diritti tv, voleva più quattrini.

Risultato?

Una serie di schiaffoni, tipo i film di Bud Spencer, ed ecco che a quel presidente si riavvicinarono altri cattivi consiglieri, affinchè tornasse a Canossa, anzi a Villa La Massa, sede del famigerato pranzo con Paolo Bergamo, ai vertici arbitrali del tempo.

Ma sul tavolo tra il pane, l’olio e la ribollita, c’era la saliera col microfono: e scoppiò Calciopoli, con la Fiorentina che finì più danneggiata di prima.

C’è oggi invece, un presidente di stile opposto, uno che è arrivato a Firenze spendendo del suo, uno che paga le sue consumazioni al bar.

Uno, Rocco, al quale in una città piena di conventicole, legge e loggette, hanno ormai stracciato la giacchetta a furia di tirargliela: ‘e presidente venga di qua…. Venga di là, faccia questo e quest’altro… non faccia quello… s’iscriva al nostro club….’.

Ma invece lui non si mette il cappuccio e il grembiulino, non china il capo davanti  a chi comanda da decenni in riva all’Arno ed è in vena di prepotenze.

Anzi, se ha qualcosa sul gozzo, te lo dice sul muso (anche troppo), come ha fatto con la stampa, divenuta da cane da guardia del potere, cagnetta da riporto.

Questo presidente, malgrado non riceva grandi aiuti dal potere nonostante i quattrini spesi, in due anni fa ciò che mai s’era fatto per la Fiorentina: un centro sportivo all’avanguardia nel calcio italiano, forse pagando dazio sul piano sportivo che infatti per due anni non miete buoni risultati, ma i campionati passano, le strutture restano.

E poiché è questione di stile, ma anche di ‘ gnegnero’ (cervello), se ha qualcosa da dire al palazzo del pallone, non ne invita i caporioni a un ristorante, coi Carabinieri appostati fuori armati di macchine fotografiche, né si mette a chiamare a nastro i telefoni più intercettati d’Italia.

No, Rocco invita Gravina e Dal Pino, presidenti di Figc e Lega, laddove sta sorgendo, veloce e imponente, l’opera del Viola Park, e lo fa a favore di telecamera e microfono, in piena, anzi sbrilluccicante trasparenza, con un grande ritorno d’immagine per se stesso e la Fiorentina, riuscendo nel mentre a infilare pure una critica al sistema calcio che con la mala organizzazione dei calendari internazionali, mette in crisi i campionati e li rende irregolari.

Una battaglia credibile e razionalizzatrice che la Fiorentina farà bene a portare avanti.

Era questa la favoletta di ciò che fu e per fortuna più non è e di quel che è invece l’oggi delle cose viola.