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TEMPO DI "MEA CULPA": UN PRIMO PASSO VERSO LA CHIAREZZA, SPERANDO IN UN PIZZICO DI PASSIONE IN PIU'.

di Tommaso Loreto

L'estate è andata, passata, finita nel cassetto dei ricordi. Una bella stagione non propriamente semplice per la Fiorentina, se a tutt'oggi continuano a farsi sentire gli strascichi di tre mesi convulsi. Lasciti che risuonano nelle recenti parole dei dirigenti che si sono presentati in sala stampa. Prima il d.s. Pradè, poi il d.g. Rogg. Interventi apprezzabili (come tutti quelli dediti a fare chiarezza), così come sono certamente apprezzabili i “Mea Culpa” di cui si sono fatti carico i due dirigenti.

Ammettere che qualcosa non sia andata nel verso giusto, e ripartire, è di fatto il primo passo. Il secondo è invece chiarire cosa si vuol fare e soprattutto come. Anche su questo argomento la Fiorentina sta pian piano uscendo dai fraintendimenti, provando a dare voce ai propri progetti. Se la parola ridimensionamento è stata rispedita al mittente, almeno, si è segnalata la riduzione del monte ingaggi del 17%. Quota quest'ultima ritoccata (verso il basso) alla luce dei rinnovi (fondamentali) di Babacar e Bernardeschi. Due rinnovi che, per inciso, potevano esser valorizzati diversamente.

Gli indirizzi societari, adesso, sono indubbiamente più chiari. Che sia grazie a plusvalenze o ad altri introiti (la Fiorentina punta a sfruttare anche l'indotto turistico garantito da una città come Firenze) l'obiettivo è stato finalmente fissato senza troppi voli pindarici: restare nell'ambito europeo e possibilmente provare a colmare il gap con quelle squadre che tra diritti tv e bacini d'utenza incassano il doppio, se non di più, rispetto ai viola.

Interventi che servivano, e servono, anche per consentire a Sousa di gestire il suo primo anno in Italia con la necessaria serenità. Troppe volte alzare l'asticella delle ambizioni ha portato a una sorta di scaricabarile interno che ha sempre e comunque colpevolizzato solo il tecnico di turno. Che magari, dopo un certo percorso, chiedeva semplicemente il tanto famoso sforzo societario necessario per salire l'ultimo scalino. Il settimo monte ingaggi della Serie A, dunque, impone alla Fiorentina di mantenere una buona classifica, l'Europa e provare a fare ancora meglio (come del resto capitato negli ultimi tre anni con tre quarti posti consecutivi).

Perchè un conto è provare a fare il meglio possibile (come si ascolta dalla fine del mercato a oggi), un conto è provare a vincere come si è invece sentito dire (in più di una occasione) nel corso dell'estate, o anche prima. Se poi, in un futuro non troppo lontano, si tornerà a parlare anche della Fiorentina, e non solo ed esclusivamente di Fiorentina intesa come azienda, allora, davvero, sarà più semplice dare vita a quell'empatia che Rogg ha tirato in ballo ieri. Perchè l'unità si raggiunge non solo con i risultati, ma anche con le emozioni e con una comunicazione diversa. Fare calcio, in fondo, significa sì tenere i bilanci in regola, ma anche gestire l'aspetto emozionale di quella che resta la principale passione degli italiani. Tanto più dei fiorentini.  

Tommaso Loreto - Direttore www.firenzeviola.it