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TIRO LIBERO AL PICCIONE YANKEE DOODLE RAFFAELE. MA IL SOSPETTO È CHE PIÙ CHE DI NUMERI IL PROBLEMA POSSA ESSERE DI INTERPRETI. I ‘CASI’ NELLA FIORENTINA

di Stefano Prizio

Al dì 18 settembre il tiro al piccione Palladino è già ampiamente cominciato, ad aprire la caccia più che il solito giornalista cattivo è stato addirittura Pradè, il quale in conferenza stampa (del 13 settembre, ndr) non s’è peritato di rilanciare nella metà campo del suo allenatore precisando che ogni scelta di modulo e formazione sta in capo a lui, ma che la squadra può giocare sia con la difesa a tre che a quattro. Apparentemente si tratta di un segno di rispetto per le prerogative di un tecnico, in realtà è un modo pratico per sviare il tiro incrociato sul volatile di Mugnano di Napoli invece che sul club ed il mercato.

Ed evitare che in troppi inizino a pensare che la squadra viola rende semplicemente come una compagine da ottavo o nono posto, settimo ad andar di culo (come abbiamo più volte detto). La piazza gigliata dalla sua è eccitata dalle amenità sull’ambizione e dal ricordo di glorie passate e ormai lontane, anche per questo rumoreggia davanti a tutti quei gol subiti. 

Il piccione Raffaele poi ci mette del suo continuando a provocare i tiratori come il piccione Yankee Doodle e continua a proporre la sua impresentabile difesa a tre con giocatori adattati e il centrocampo fitto di boscaioli, come diceva Corrado Orrico, tenendo i pensatori dai piedi buoni, tipo Adli (giocatore raffinato che guarda in verticale e cerca idee), in panchina.

Ora, il tiro al piccione sarà pure cosa poco commendevole ne conveniamo, ma l’allenatore viola si deve aiutare da solo, ma non cedendo completamente ai brontolii di tifo e critica, bensì prendendo in considerazione soluzioni alternative evitando analisi lunari nel dopo partita, come quella che elogiava la fase difensiva della squadra contro l’Atalanta, senza sentirsi umiliato da questa marcia indietro. 

Poi certamente, a parziale scusante dell’allenatore resta il fatto che non abbia potuto lavorare a ranghi completi nel tempo deputato a farlo, ovvero nel ritiro estivo prima del campionato. Era quello infatti il momento degli esperimenti e delle verifiche, invece per lui e la sua squadra è stato subito il momento di punti e gare ufficiali. 

Dipoi nel mondo ideale, ci vorrebbe un dirigente scafato che prendesse sotto braccio il suo tecnico e gli consigliasse, in camera caritatis, di cambiare questo o provare quello. Nel mondo ideale e nel club ideale. E infine, è inutile far drammi se la Fiorentina al primo vero scontro con una squadra realmente ambiziosa e oggettivamente più forte si è sciolta come neve al sole, prendendo tre gol che potevano essere di più se nel secondo tempo l’Atalanta non avesse sbagliato così tanto. 

Citando Lucio Battisti c’è insomma una gran confusione. La squadra viola è piena di casi che rischiano di deflagrare: delle punzecchiature a mezzo stampa della dirigenza verso il tecnico abbiamo già detto, poi c’è Beltran, ormai umiliato ai margini della squadra e così Parisi (primo acquisto del mercato dell’anno scorso), stesso destino lo vive Kayode, il quale dopo aver sfiorato la cessione, come ha raccontato pubblicamente Pradè, non vede mai il campo. Persino Gudmundsson, da molti designato uomo della provvidenza, ma che torna disponibile solo per la prossima con la Lazio, rischia a suo modo di diventare un caso: con l’Atalanta infatti non è stato neppure convocato, non si capisce se perchè turbato dai due giorni passati in Islanda per via del suo processo o se fermato ancora dal problema al polpaccio che però lo affligge da quando era ancora al Genoa.

Ma la nota ancor più stonata è che il giocatore, non fosse al seguito dei compagni pur non essendo convocato, lo si è visto invece comparire domenica sugli spalti del Curi di Perugia per seguire la partita del connazionale e cugino Pallson, trequartista degli umbri. Nessun obbligo, per carità, il giocatore era libero, ma si potrà almeno dire che per ora coi compagni viola egli non abbia fatto gruppo in maniera entusiasmante? Tutti questi casi, messi assieme al fatto che ad esempio Pongracic, chiamato a sostituire il difensore più bravo che aveva la Fiorentina, Milenkovic, sembra l’ombra del giocatore importante che anche la sua alta valutazione lasciava presagire fosse. Tutto questo, si diceva, mutuando l’iconica frase di Antonio Lubrano, fa nascere spontanea la domanda: ma siamo certi che tutte le scelte di mercato della Fiorentina siano state condivise?

Il gioiello del mercato poi, quel Gudmundsson di cui dicevamo, è di certo un gran bel giocatore, ma è anche un gran bell’alibi che è stato infatti evocato fino troppe volte, ma quando sarà in campo (speriamo prestissimo) ogni alibi cadrà e la Fiorentina di Palladino sarà giudicabile senza se e senza ma, insomma se le cose funzioneranno tutto bene, ma se non dovessero andare non ci si potrà più attaccare alla scusa ‘ma non c’è Gud’ e la verità sarà lì nuda e cruda sotto gli occhi di tutti, il re sarà nudo. 

Infine, tralasciando moduli e numerini del lotto che garbano così tanto, monta il sospetto atroce che il problema possa essere di interpreti. I calciatori ormai sono questi, e specialmente lì dietro fulmini di guerra non ce ne sono. 

Intanto taluni già sostengono sarebbe il caso di cambiare tecnico, per altro in serie A è già saltata la prima panchina, a Roma De Rossi è stato infatti esonerato. In primis, Commisso non ama farlo, eppure c’è chi spera persino arrivi Sarri, il nome che si sarebbe bene abbinato ad un progetto realmente ambizioso. Lui verrebbe a piedi, come ha più volte lasciato intendere anche pubblicamente, tuttavia un suo ingaggio in corsa comporterebbe un probabile e dispendioso sconvolgimento della squadra al mercato di gennaio, altro ostacolo per una scelta così drastica da parte di Commisso, il quale desidera tagliare i costi non aumentarli. La cosa più probabile è che il matrimonio non si farà nè a bocce ferme nè in corsa. 

Perciò sarà bene che il piccione Palladino trovi presto la quadra onde non finire arrosto. Gli schiacciatori non parlano dell’alzata, la risolvono, ha detto il tecnico di pallavolo Julio Velasco.

P.S. Ci giunge la triste notizia della prematura scomparsa di Totò Schillaci, uno dei grandi protagonisti di Italia ‘90, le celebri notti magiche, come cantavano Gianna Nannini ed Edoardo Bennato nell’inno ufficiale del mondiale, che noi uomini di oggi e adolescenti di ieri abbiamo nel cuore. Schillaci, capocannoniere del torneo, coi suoi gol e i suoi occhi spiritati fece sognare il Bel Paese che quell’anno organizzava la kermesse mondiale, ma nel proseguio della carriera, forse proprio per quel suo essere inatteso protagonista con l’azzurro e sempre fieramente palermitano, fu spesso fatto ingenerosamente segno di offese e cori a sfondo razzista, chi non ricorda quello stolto ‘ruba le gomme’?

Adesso Totò, come tanti protagonisti di quel calcio che non c’è più, se ne va per sempre e noi rimpiageremo ‘il gran visir de’ tutt i terun’, come lo chiamarono i comici Aldo, Giovanni e Giacomo in un loro simpatico film.