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UNA CRISI D’IDENTITÀ E DUE VITTORIE CHE NON CANCELLANO IL MALUMORE

di Tommaso Loreto

E’ ripartito inaspettatamente Rocco Commisso. Che la permanenza fiorentina del presidente fosse al termine era stato preannunciato ma la partenza di ieri mattina è parsa perfino a sorpresa viste le questioni ancora aperte sul tavolo vicenda stadio in primis. Commisso ha preferito rientrare negli States: il lavoro, il voto, certamente un momento tornato nuovamente drammatico a livello globale e persino il rischio di un lockdown che comincia a incombere sull’Europa devono averlo spinto ad anticipare, e c’è pure da capirlo. 

Di certo Commisso tornerà nel New Jersey con una rinnovata conoscenza del mondo fiorentino e più in generale del calcio italiano, là dove il passaggio tra le stelle e le stalle è pressoché immediato. Tra le riflessioni che il presidente dovrà affrontare ci permettiamo di annotare un clima che va mutando partita dopo partita e che paradossalmente sembra eludere persino l’equazione base legata ai risultati. D’altronde se le critiche sono tornate a farsi prepotenti soprattutto nei confronti di Iachini non è certo per i risultati, quanto per le prestazioni della squadra. 

Anche in questo caso c’è tuttavia da comprendere lo scoramento di una tifoseria che teme di vivere l’ennesima stagione anonima. Perché oltre una classifica che resta certamente dignitosa e migliorabile c’è un gioco che non coinvolge, un gruppo di calciatori che parte forte ma poi si blocca psicologicamente di fronte al rischio di una rimonta come quella che si è concretizzata a Cesena o sfiorata con Udinese e Padova. Un problema che chiama in causa un po’ tutti, squadra e tecnico, mentre tra gli argomenti più dibattuti resta l’autonomia dirigenziale a fronte del decisionismo di Commisso. Di recente l’americano ha tenuto a precisare che di quasi 75 operazioni ha messo bocca solo sull’affare Amrabat, ma è oggettivamente impossibile scindere dal momento attuale la conferma di Iachini, anche dopo il pari con lo Spezia. 

Intanto le voci su Sarri sono tornate a farsi sentire per via di una rescissione con la Juve sempre più imminente, seppure non manchino altre pretendenti come già anticipato di recente. Roma e chissà quali altri big straniere restano alla finestra, la Fiorentina dal canto suo a oggi è costretta a pensare ad altro, chi vivrà vedrà, ma è chiaro che tra i nodi da sciogliere c’è soprattutto quello di un marchio di gioco che ancora non si scorge. Più che nel gioco, o nella difesa dei vantaggi raccolti in partita, è nell’identità che la Fiorentina sta deludendo - non poco - quasi che quel processo di ripartenza avviato con la sostituzione di Montella, nel dicembre 2019, si fosse limitato alla salvezza dell’anno scorso. D’altronde se vincere come è accaduto ai viola negli ultimi 180 minuti non cancella il malumore generale significa che il problema ha radici più profonde.