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ARIATTI A FV, MONDONICO UOMO D'ALTRI TEMPI E GRANDE ALLENATORE. QUA A BERGAMO...

di Giacomo A. Galassi

Due anni sono passati da quel 29 marzo 2018 che vide scomparire Emiliano Mondonico, indimenticato allenatore e tifoso della Fiorentina. Per ricordarlo FirenzeViola.it ha interpellato Luca Ariatti, che con Mondo ha vissuto la promozione in Serie A della Fiorentina e la fascia da capitano: "Emiliano è stato innanzitutto un grande allenatore - comincia Ariatti. Quando arrivò a Firenze la situazione non era delle più semplici, c'era grande pressione perché l'obiettivo era dichiarato e avevamo qualche difficoltà a raggiungerlo. Lui invece ci seppe dare i giusti stimoli e le giuste indicazioni durante le partite che ci portarono ad una cavalcata indimenticabile".

Poi ci fu quello spareggio con il Perugia…
"Proprio in questi giorni mi è capitato di vedere di nuovo le due partite. L'emozione della tensione di Perugia e il ritorno con tutto il tifo di Firenze sono emozioni impossibili da descrivere. Per me fu probabilmente il momento più importante della carriera perché dopo anni di gavetta ero finalmente arrivato alla A. E tutto questo grazie ad Emiliano, che mi confermò e mi dette anche la fascia da capitano: gli sarò grato in eterno".

Mondonico uomo di spogliatoio invece com'era?
"Era un personaggio incredibile, che forse nel calcio di oggi farebbe un po' fatica. Era genuino, per niente costruito e come lo vedevi lui era. Le scene della lavanderia o del salame mangiato assieme ai giocatori sono irripetibili nel calcio moderno. Il fatto che qui a Bergamo e anche a Firenze lo si voglia ricordare con questo affetto dimostra quanto sia stato importante per chiunque abbia avuto a che fare con lui".

Cambiando discorso e venendo alla sua attività di agente, come state vivendo questo momento di emergenza?
"Noi come agenzia cerchiamo di stare il più possibile vicino ai nostri giocatori via telefono. Si fa quel che si può. Purtroppo senza la routine dello spogliatoio e degli allenamenti per i giocatori, soprattutto quelli più giovani, è più difficile. Però è chiaro che le priorità sono altre".

Certamente. Lei che vive a Bergamo cosa ci può raccontare da una delle zone più colpite dal coronavirus?
"Che le persone qui lo stanno affrontando con la dignità che ha sempre contraddistinto i bergamaschi. La situazione è durissima, si fa fatica anche a pensare a qualcos'altro. Però è bello registrare come non ci sia isterismo o scene di follia: si affronta il tutto lavorando, in silenzio. Con la speranza che tutto questo finisca presto e che nelle altre parti d'Italia si possa imparare da quanto facciamo qui. E che il calcio possa ripartire per ridare normalità alle nostre vite".