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GRUPPO, DENSITÀ E SEDUTE SPECIFICHE: ALLA SCOPERTA DI PALLADINO ATTRAVERSO LA SUA TESI DI COVERCIANO

di Andrea Giannattasio

Non ha dubbi, Raffaele Palladino, circa quelli che devono essere i tre verbi chiave per interpretare al meglio il ruolo di allenatore: trasmettere, conoscere, apprendere. Solo così - a suo avviso - possono essere sviluppate al meglio le abilità tattiche e tecniche dei giocatori e un istruttore acquisisce leadership all’interno dello spogliatoio. Questo è solo uno dei tanti spunti che regala la tesi per la qualifica a Uefa Pro che il nuovo allenatore della Fiorentina ha discusso a settembre dell’anno scorso a Coverciano, assieme a un relatore d’eccezione come Renzo Ulivieri. Un elaborato di 30 pagine dal titolo “Dal settore giovanile alla prima squadra: l’evoluzione della metodologia” (che ha ottenuto uno dei voti più alti nel master per allenatori di ultimo livello, all’interno di un esame che ha visto coinvolti ex calciatori ormai in panchina del calibro di Aquilani, Barzagli - futuro mister dell’Under-16 viola - De Rossi e Farioli) suddiviso in sei capitoli che viene aperto e chiuso da una frase più che programmatica che Palladino ha sentito più volte pronunciare da Silvio Berlusconi: “Chi ci crede combatte, chi ci crede supera tutti gli ostacoli, chi ci crede vince”.

L'INVESTITURA DEL "CONDOR" - Lo scritto - conservato presso la biblioteca di Coverciano e consultato da Firenzeviola.it su gentile concessione di Antonio Acconcia, responsabile organizzativo dei corsi del Centro tecnico federale - prende le mosse con una prefazione di Adriano Galliani, che oltre a tessere le lodi di Palladino (“Ha il carisma del talento”) definisce la scelta di promuovere il tecnico dalla guida della Primavera del Monza a quella della prima squadra come una «decisione coraggiosa come quella presa con Sacchi al Milan nel 1987”.

LA SVOLTA TATTICA - La tesi prosegue poi con una sinossi di quello che è stato il percorso di Palladino dall’esordio nel settore giovanile del Monza (in particolare alla guida dell’Under-15 nella stagione 2020/21, quella funestata dal Covid) con un modulo di partenza che, per linee societarie, era il 4-3-1-2, passando per l’avventura in Primavera (dove ha debuttato l’attuale 3-4-2-1 che sarà il vestito principale della Fiorentina nella prossima stagione) fino all’esordio (vincente e contro la Juventus) in prima squadra, tappa di partenza di un’escalation che da allora non si è più arrestata. 

L'UNIONE FA LA FORZA - Passando poi agli aspetti gestionali, due sono i principi base che Raffaele Palladino porta avanti: l’affiatamento con il proprio staff (che l’allenatore suddivide in tre settori: tecnico, d’analisi - la parte affidata a match e data analyst - e di performance, con un ruolo chiave recitato dal preparatore addetto al recupero infortuni) e con i membri del club più vicini alla squadra (il team manager e il direttore sportivo) e l’importanza di avere un rapporto vero e leale con i propri giocatori. La riprova si è avuta nella conferenza stampa di due giorni fa, dove Palladino, ammettendo di aver chiamato ad uno ad uno i suoi nuovi giocatori, ha messo in pratica quello che è un principio fondante del suo credo calcistico, ovvero il dialogo e la forza del gruppo. Il capitolo 5 si chiude infatti con un dogma mai così chiaro: “Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile”.

POSSESSO E NON POSSESSO - La parte finale della tesi - quella più interessante - è quindi dedicata agli aspetti tattici che Palladino è solito applicare. Oltre a specificare che, tra i tecnici avuti, l’allenatore non ha un unico modello di riferimento (“Ma ho scelto di rubare le migliori caratteristiche di ognuno”, racconta), il neo mister viola si concentra sul 3-4-2-1 e i risvolti in fase di possesso e senza palla: quando la squadra attacca, il modulo passa a un 3-2-4-1 o in alcuni casi a un 3-1-5-1 mentre in ripiegamento le sue formazioni sono solite schierarsi con il 5-4-1. Il segreto alla base del suo calcio? Il concetto di “ampiezza” (con la costruzione dal basso e il ruolo chiave sia di uno dei due quarti di centrocampo e di uno dei due difensori laterali, che si abbassano per impostare) che garantisce imprevedibilità, palleggio e densità in “zona palla”.

110' O 112' IN CAMPO? - Il tutto, ovviamente, senza prescindere dal lavoro settimanale, la “summa” dei concetti di Palladino di cui l’allenatore è estremamente geloso. Due, in tal senso, sono le proposte di sedute che il tecnico è solito mettere in pratica: una di 110’ improntata sulla forza massima, i duelli (dall’1 vs 1 al 5 vs 5) e le partite «a pressione» alternata a una della durata di 112’ basata su forza a contrasto e tattica, con particolare attenzione alla ricerca del terzo uomo in fase di costruzione dal portiere (ovvero il terzo elemento che, dopo l’estremo difensore e uno tra il centrale e il quarto di centrocampo, riceve palla). Pensieri e parole di Palladino. Tra poco, a parlare, ci penserà il campo.