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I 70 ANNI DI RIVERA, IL CALCIO DELLE BANDIERE

di Stefano Borgi

Lo ammettiamo, per una volta la Fiorentina c'entra poco e niente. Ma per uno che ama il calcio, per chi (e fra i tifosi viola ce ne sono parecchi) riesce ad andare oltre il tifo, oltre il colore della maglia, i 70 anni di Gianni Rivera meritano attenzione. E persino un applauso. Come accadrà per i 60 di Giancarlo Antognoni (il prossimo 1° aprile), per i 70 di Gigi Riva (il 7 novembre 2014). Come sarebbe accaduto per i 70 di Giacinto Facchetti (lo scorso 4 settembre), oppure di Giacomo Bulgarelli (24 ottobre 2010). Questi ultimi, purtroppo, non sono più tra noi, se non per la memoria, per i valori che ci hanno trasmesso. In una parola, Gianni, Giancarlo, Gigi, Giacinto e Giacomo sono state delle "bandiere", simboli di una città, di una tifoseria. Come loro ce ne sono stati altri, più o meno famosi, testimoni di una razza che (ahimè) va scomparendo.

GIANNI, IL PREDESTINATO - Oggi compie 70 anni Gianni Rivera. Chi vi scrive lo ha visto al crepuscolo della carriera: il fallimento del mondiale di Germania '74, la conquista dello scudetto della "stella" milanista nel '79. E poi aprire la strada al suo successore naturale, Giancarlo Antognoni, che da piccolo (Antonio dixit) aveva per idolo proprio il "golden boy" rossonero. Forse anche per questo gli dedichiamo volentieri questo spazio. Gianni Rivera è considerato da tutti il miglior calciatore italiano di sempre. Opinabile, come tutto ciò che fa parte del calcio. E' indubbio, però, che sia stato un predestinato: esordisce in serie A nell'Alessandria a 16 anni non ancora compiuti, è il secondo marcatore più giovane di sempre della massima serie, nel 1973 vince la classifica cannonieri con 17 gol pur essendo un "regista", nel '69 fu il primo italiano ad aggiudicarsi il "Pallone d'Oro". Ed è solo un assaggio delle prodezze che attengono al rettangolo verde. Fuori campo Gianni Rivera diventò dirigente del Milan nel 1975 quando ancora giocava, dall'87 al '94 è esponente della Democrazia Cristiana, sottosegretario alla difesa dal '96 al 2001, è stato deputato del Parlamento Europeo nel 2005. Il 4 agosto 2010 viene eletto, su proposta del presidente federale Abete, presidente del settore giovanile e scolastico della federazione. Fin qui il ruolo istituzionale. Ah, dimenticavo... ha partecipato all'ottava edizione di "Ballando con le stelle". Della serie, nessuno è perfetto... 

ABATINO O GOLDEN BOY? Su Gianni Rivera sono stati scritti fiumi di parole, tomi e tomi, libri di ogni genere. Noi ci limiteremo a ricordare alcuni aneddoti, alcuni episodi che ne hanno tratteggiato il mito. Pronunci il nome di Rivera e si materializza quello di Gianni Brera. E non solo per l'assonanza fonetica. I due soprannomi che intestano il paragrafo sono entrambi opera di Giovanni Luigi Brera (o meglio GioanfuCarlo, come amava dire lui citando il padre) prima mentore, poi censore della mezzala rossonera. Brera, il re dei neologismi applicati al calcio (contropiede, incornare, melina, goleador, cursore, Eupalla... sono solo alcuni dei termini coniati dalla fervida mente dello scrittore-giornalista pavese) dapprima lo esaltò appellandolo "Golden Boy" (ragazzo d'oro) del calcio italiano, poi lo criticò definendolo "Abatino". L'abatino, sosteneva Brera spiegando il termine settecentesco, era un "omarino fragile ed elegante, così dotato di stile, da apparire manierato". All'inizio, tale termine, fu coniato per Livio Berruti (medaglia d'oro sui 200 metri piani alle Olimpiadi di Roma). Poi per Bulgarelli, Mazzola e Corso. Dopo Rivera qualcosa di simile toccò anche a Beccalossi ed Antognoni, tutti coloro che secondo GioanfuCarlo difettavano di vigore fisico e di doti atletiche. Noi ci permettiamo di dissentire, ma lo facciamo sotto voce. Comunque Rivera rispose sul campo vincendo tre scudetti, 4 coppe Italia, 2 coppe dei campioni, due coppe delle coppe, una coppa Intercontinentale. Tutto col Milan, dal '61 al '79. Con la maglia azzurra mise insieme 60 gettoni e 14 gol, conquistando un campionato d'Europa nel 1968 ed un 2° posto ai mondiali di Mexico '70. Proprio in Messico la leggenda di Gianni Rivera si amplia a dismisura, nel bene e nel male. I 6 minuti in finale col Brasile fanno parte dell'immaginario collettivo, il gol che decise Italia-Germania 4-3 è entrato di diritto nella leggenda. E poi l'ultima immagine, il 6 maggio 1979, quando "catechizza" i tifosi rossoneri e li invita (con l'inconfondibile "erre" moscia) a liberare un settore pericolante dello stadio di San Siro. E' l'ultima giornata di campionato, si "dovrebbe" giocare Milan-Bologna, ai rossoneri manca un punto per conquistare la stella. I tifosi milanisti si spostano solo quando glielo dice Rivera, ed il Milan può così vincere il 10° scudetto. Anche questo vuol dire essere una bandiera.