M. CIOFFI A FV: "IO E GABRIELE FIORENTINI VERACI, NEL CUORE I GOL DI BATI. IL FUTURO VIOLA..."
Il calcio come una missione, sempre con Firenze nel cuore. Quella di giovedì sera sarà sicuramente una gara speciale per Gabriele Cioffi, tecnico dell’Udinese ma fiorentino di nascita e di tifo. Un incrocio con quello che per anni ha rappresentato la sua quotidianità e che adesso invece mette in palio tre punti pesanti per avvicinare il prima possibile la salvezza. Un gara da batticuore, tanto per lui quanto per il fratello Matteo, per oltre dieci anni nel settore giovanile della Fiorentina nel corso dei quali ha contribuito alla fioritura di talenti indiscussi come Zaniolo e Sottil: “Io non sono Gabriele, per cui posso raccontare solo parzialmente le emozioni che la partita del 6 gennaio porterà con sé…” ha raccontato in esclusiva a Firenzeviola.it Matteo Cioffi, fino ad ottobre coordinatore del vivaio dell’Fk Sarajevo e oggi responsabile della formazione per la materia di Psicologia dello sport nei corsi centrali di Coverciano, in attesa di un ritorno in panchina (nella foto dell'articolo, ritratto assieme al fratello dopo la sconfitta del Mantova nella finale playoff di B del 2006 contro il Torino). “Sicuramente fa effetto a tutti pensare di vedere mio fratello allenatore in prima al Franchi. Il Comunale è uno stadio che io e Gabriele abbiamo frequentato tante volte da ragazzi. Prima, da calciatori, con il sogno di poterci giocare un giorno, oggi - chissà - di avere l’opportunità di allenare”.
Si può dire che lei e suo fratello siate dei fiorentini veraci?
“Noi siamo di Piazza Beccaria, siamo nati in via Manzoni 1: dalla nostra terrazza vedevamo ad un passo la cupola del Duomo e la Sinagoga. Siamo fiorentini al 100% e come tali amiamo Firenze: è una vera e propria malattia che condividiamo al pari di tutti i nostri concittadini”.
Quali sono i vostri luoghi simbolo di Firenze?
“Noi siamo cresciuti inizialmente in Piazza Beccaria, poi ci siamo trasferiti in zona Bellariva, dove stavano i nostri nonni. Ultimamente però il nostro quartier generale, dove mi ritrovo spesso con mio fratello quando torna in città, è San Niccolò. Spesso ci vediamo con gli amici o al “Rifrullo” o all’”Enoteca fuoriporta”: è un modo come un altro per non perdere le vecchie abitudini e soprattutto coltivare le antiche amicizie. Viviamo da quartierani, perché San Niccolò è ancora un grande paesone”.
Da dove nasce la passione per fare l’allenatore per lei e suo fratello?
“Nasce da nonno, che era un autista di bus nonché un grande tifoso della Fiorentina: ci raccontava che quando aveva la sosta tra un servizio e l’altro, la domenica andava allo stadio e si posizionava sempre nei posti sotto la torre di Maratona”.
E la vostra prima partita allo stadio se la ricorda?
“Sì, fu una gara emozionate: fu l’amichevole tra Fiorentina e Losanna che si giocò al Franchi in occasione dell’addio alla maglia viola di Giancarlo Antognoni, nel 1987. Ma abbiamo avuto la fortuna di seguire le notti di Champions della Viola di fine anni ’90, con Batistuta protagonista: ricordo la vittoria contro il Manchester United, con Gabriele che era accanto a me”.
Che differenze ci sono tra lei e suo fratello nel modo di vedere il calcio?
“Il nostro è un percorso simile per cui non ravvedo troppe diversità: io forse sono più appassionato alla parte metodologica e della formazione, mentre Gabriele ha fatto un percorso differente ed è più attento agli aspetti del campo. Ci legano però gli aspetti valoriali, che vengono prima del calcio giocato. Non è un caso che io abbia avuto il piacere di lavorare per anni nel settore giovanile”.
Che ricordi conserva dei suoi oltre dieci anni alla Fiorentina?
“Per me è stata una fortuna iniziare il mio percorso in viola: è un aspetto su cui ho basato tanto della mia carriera. Sarebbe un sogno per tornare ad allenare la prima squadra viola: per me è stato un onore lavorare a Firenze, mi è dispiaciuto venire via”.
E suo fratello lo vedrebbe bene un giorno sulla panchina viola?
“Sicuramente sarebbe un sogno però, come si suol dire, nessuno è profeta in patria. Firenze, lo sappiamo bene noi che siamo nati qua, è una piazza molto esigente. Non quanto per un fiorentino sia opportuno allenare nella propria città”.
Giovedì sarà allo stadio?
“Sì, certo. Sarò lì con i miei nipoti, i figli di Gabriele. Speriamo che lui vada in panchina e non venga in tribuna… che non sbagli squadra”.
E per chi farà il tifo?
“Solo per questa partita dovrò tener conto degli affari di famiglia e tiferò Udinese… ma solo per i prossimi 90’, poi tornerò a sostenere la Fiorentina che sta facendo peraltro una grande stagione, sopra tutte le previsioni”.