MARCHIONNI A FV, ACF-JUVE IN VIOLA HA UN ALTRO SIGNIFICATO. ASSENZA CHIESA PUÒ PESARE
Mancano due giorni a Fiorentina-Juventus, una partita che non sarà mai come le altre, ancor di più in questo momento: sia per la recente questione Superlega, che ha visto acuirsi l’astio tra le due società, che per le recenti operazioni di mercato (ultima quella di Chiesa, che difficilmente domenica giocherà contro la sua ex-squadra) ma anche per l’assenza di pubblico (mai come questa volta un fattore negativo per i viola), lo scontro tra viola e bianconeri assume un valore particolare. Per analizzare la sfida del Franchi ed approfondire la rivalità tra queste due squadre, la redazione di FirenzeViola.it ha contattato l’attuale allenatore del Foggia Marco Marchionni, arrivato a Firenze nel 2009 dopo 3 anni in bianconero:
Le faccio innanzitutto una domanda sulla partita di domenica: che gara si aspetta?
“Le due squadre sono un po’ più indietro rispetto a quanto ci si aspettava. La Juve è comunque in corsa per un traguardo europeo, che penso fosse l’obbiettivo minimo; forse la Fiorentina è un po’ in ritardo col nuovo progetto Commisso. Credo sarà una partita equilibrata”.
Un altro ex-viola, Federico Chiesa, è in forte dubbio per la partita del Franchi: cosa perderebbe la Juve senza di lui e come giudica la sua stagione?
“La Juve perde tanto senza Chiesa, ma ha comunque grandi giocatori in avanti. Penso che il più dispiaciuto di tutti sia proprio Chiesa, credo ci tenesse a tornare a Firenze e fare bene contro i suoi ex-compagni. Il suo rendimento è stato ottimo per ora, ma sulle sue qualità non avevo dubbi; è riuscito comunque a risaltare nonostante un rendimento, quello di squadra, non sempre ottimo. Per esperienza però, consiglio a Chiesa di non adagiarsi: in un ambiente come quello della Juventus non ci si può permettere di rilassarsi, deve confermarsi a questi livelli”.
Lei ha seguito il percorso inverso nel 2009, dalla Torino bianconera a Firenze. Sappiamo di diversi giocatori che, provenienti dalla Juventus, hanno dovuto compiere un rito di “degobbizzazione”, cosa è successo a lei?
“Mi ricordo che quando arrivai in ritiro a San Piero a Sieve alcuni tifosi della Fiorentina mi diedero una tessera del club per sancire il mio passaggio in viola, è stata un’esperienza goliardica e scherzosa, che mi ha fatto capire subito quanto contasse quella rivalità per i fiorentini”.
A tal proposito, un peccato che soprattutto in questa partita non ci siano tifosi…
“Sì dispiace molto, anche perché da come ho vissuto io quelle sfide con la maglia viola, da una settimana prima della partita in città si respirava un’aria completamente diversa. Quando ero alla Juve quella con la Fiorentina era solo una partita come le altre, a Firenze era la partita: i tifosi nei giorni precedenti ci caricavano come non mai. Per quanto riguarda la partita di domenica ed in generale l’assenza dei tifosi, dalla mia esperienza in Lega Pro ho visto che la mancanza di spettatori porta alla conseguenza che sia più facile vedere risultati imprevedibili: si è visto anche nella gara di andata con la vittoria della Fiorentina allo Stadium, la mancanza di tifosi non rende scontata nessuna partita”.
In conclusione, una domanda sull’altro tema caldo: ieri anche il presidente viola Commisso si è espresso contro il progetto di una Superlega; ha avuto modo di sentire le sue parole? Qual è la sua opinione in merito?
“Non ho avuto modo di sentire cosa ha detto il presidente, certo che se anche lui, dall’alto della sua esperienza nel mondo del business e del suo passato in America, si è espresso contro non posso che confermare l’idea che quello della Superlega sia un progetto che non mi piaceva per niente. Io posso dare la mia opinione che è quella di sportivo ma prima di tutti di appassionato: dovremo tutelare innanzitutto il sogno dei bambini; tutti, me compreso, da piccoli sognavamo di giocare in grandi squadre come Inter, Milan e Juve ed anche in Nazionale. Una volta che si crea questa Superlega si creano evidentemente barriere che rendono difficile realizzare quei sogni per tutti e, soprattutto, si costringe un giocatore a scegliere tra il sogno di giocare in una grande e quello di vestire la maglia del proprio paese, questo lo trovo profondamente sbagliato”.