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OCTAVIO A FV, A FIRENZE SONO CRESCIUTO, MA SPERAVO DI GIOCARE. I TIFOSI...

di Andrea Giannattasio

Se n’è andato tra l’indifferenza totale di Firenze, senza lasciare nessuna traccia. Ma del resto non poteva essere altrimenti. Octavio Merlo Manteca, approdato in viola il 7 luglio scorso, ha passato infatti un’intera stagione alla Fiorentina, alternando le comode poltrone della tribuna coperta del Franchi ai freddi lettini dell'infermeria di casa viola, non riuscendo a conquistarsi nemmeno una convocazione nel corso di tutto l’anno ma finendo piuttosto per inabissarsi nell’anonimato. Non certo per colpa del giocatore, ancora giovane ed acerbo e nel corso dell’anno messo a dura prova da una serie di brutti infortuni. E per salutare definitivamente Firenze, Octavio ha scelto in esclusiva Firenzeviola.it, che lo ha rintracciato in Brasile, dove si sta già allenando con il Botafogo.

Octavio, come valuta nel suo complesso la sua breve parentesi a Firenze?
“È stata certamente un’esperienza che rifarei, comunque la si voglia vedere positiva: in viola sono cresciuto molto per ciò che riguarda la mia formazione da calciatore, grazie anche ai consigli che ho ricevuto da parte dei giocatori di maggior esperienza nel corso di tutto l’anno. Ora sono un giocatore più completo e posso dire di sentirmi più forte”.

Certo, le sarà dispiaciuto di non aver mai giocato nemmeno 1’ in maglia viola.
“Sì, è vero: sono triste per non aver fatto mai nessuna partita ufficiale con la Fiorentina. Eppure mi sentivo pronto, ero preparato per scendere in campo. Purtroppo però l’occasione non si è mai presentata: non importa, la vita va avanti”.

Con quali giocatori ha avuto modo di legare maggiormente durante la sua esperienza a Firenze?
“Ho stretto legami con tutti i giocatori viola, ma in particolar modo lascio a Firenze tre grandi amicizie: quella con Gonzalo Rodriguez e Babacar ma soprattutto quella con Neto, che è brasiliano come me”.

Cosa si sente di dire ai tifosi viola, che l’hanno aspettata un anno intero?
“Che sono dei tifosi veri! Ogni giorno ci aspettavano fuori dal centro sportivo per incitarci anche solo per un allenamento. Nessuno poi, a Firenze, si dimentica di andare allo stadio: ogni domenica il Franchi era sempre pieno ed era una vera e propria festa. Non lo dimenticherò mai”.