"CATTIVI PENSIERI" Prandelli e la nazionale. "Questo matrimonio 'NON' s'ha da fare"
Fonte: www.stefanoborgi.it
C'è una voce, incontrollata, che da qualche giorno gira in città: Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio, avrebbe contattato Cesare Prandelli per sondare la sua disponibilità a guidare la nazionale dopo la fine del secondo mandato di Marcello Lippi. E' ormai notizia di dominio pubblico: il tecnico viareggino lascerà dopo il mondiale sudafricano del 2010 (a prescindere dal risultato finale) per tornare alla casa madre, la Juventus, con il ruolo di direttore tecnico a fianco del discepolo Ciro Ferrara. Aggiungiamoci che Prandelli ha il contratto con la Fiorentina in scadenza nel 2011 e per la proprietà transitiva, secondo i beninformati (che qualcuno chiama "gufi" o "corvi" nel migliore dei casi), il mister di Orzinuovi sarebbe il primo e più autorevole candidato per la panchina azzurra. Va da se che il contratto in scadenza tra due anni con i viola non è che il primo movente per il passaggio di Cesare in azzurro, ancor di più conta il valore dell'uomo e del tecnico, il gradimento trasversale del personaggio Prandelli, il suo spessore a 360° ed il suo equilibrio nel trattare qualunque aspetto della sfera calcistica, insomma... il prototipo, anzi, l'archetipo (tradotto in soldoni, la perfezione) per rivestire un simile ruolo. Ora, noi che ci occupiamo di Fiorentina e non nascondiamo certo un'endemica simpatia per questi colori, condividiamo senza riserve tale giudizio, ma siamo altresì d'accordo a valutare queste caratteristiche perfette anche per i colori viola ancora per tanti, tantissimi anni.
Tutto questo però, se permettete, è un dettaglio, una goccia nel mare di una indistruttibile certezza: Cesare Prandelli sarà l'allenatore della Fiorentina ancora per molto tempo e, ci giochiamo la reputazione, non lo sarà della nazionale per un tempo quantomeno indefinito. Da dove nascono certe convinzioni? Andiamo, ovviamente, ad argomentarle. Prandelli ha 52 anni (è nato il 19 agosto del 1957) e da soli 5 anni allena ad alti livelli. Prima di Firenze è stato sulle panchine di Verona, Lecce, Venezia, Parma e (solo per poche settimane) Roma prima di abdicare sull'altare della sofferenza della signora Manuela. Prandelli, sotto quelle sembianze di uomo mite, serafico, rispettoso di tutto e di tutti, è un uomo tremendamente ambizioso, permaloso per sua stessa ammissione, orgoglioso e cocciuto quasi all'eccesso. Ma sopratutto non abbandonerebbe mai la Fiorentina senza aver vinto qualcosa, senza aver raggiunto "quel" sogno (leggi terzo scudetto) paventato in più occasioni (a volte sbandierato, a volte ammesso a denti stretti), senza aver regalato ai fiorentini il sogno di una vita. La gente di Firenze lo ama, la ammira, lo adora in tutte le sue esternazioni, sentimenti ricambiati in egual misura da Prandelli. Per fare un esempio: Cesare non dimenticherà mai il minuto di silenzio dedicato a Manuela in quel Fiorentina-Inter successivo alla sua scomparsa, il primo minuto di vero silenzio della storia del calcio, l'unico minuto dove il silenzio fu più assordante di 80.000 persone che applaudono scriteriatamente obbedendo ad un assurdo canovaccio. Basterebbe questo per capire che Prandelli rimarrà a lungo a Firenze. Potremo aggiungere, per chiudere definitivamente il cerchio, l'abitudine e la voglia di lavorare sul campo, di preparare quotidianamente la squadra senza subire i tempi morti che giocoforza fanno parte del ruolo di selezionatore. Perchè questo è il punto: Cesare Prandelli è un allenatore e non un assemblatore, è un maestro di calcio e non un semplice motivatore, è uno che cura i particolari in maniera maniacale e per farlo ha bisogno del contatto costante con i giocatori. Prandelli ha ancora voglia di combattere, di migliorare, di sperimentare e non di godere di una pensione dorata come, nella maggior parte dei casi, è quella dell'allenatore della nazionale.
Gli esempi a riguardo non mancano: Fulvio Bernardini arrivò alla nazionale nel 1974 dopo aver sbalordito con Fiorentina e Bologna ma per lui fu il capolinea professionale. Enzo Bearzot dopo l'esperienza in nazionale (fortunatissima) ha smesso di allenare e così ha fatto Azeglio Vicini. Sacchi, lo abbiamo detto, ha fatto eccezione ma dopo la maglia azzurra ha fallito dovunque è andato (ritorno al Milan, Parma, Real Madrid...). Trapattoni allena ancora ma senza particolari ambizioni. Insomma la Nazionale è una specie di canto del cigno e per Prandelli questo sarebbe inaccettabile. Metteteci, poi, che, a breve, la Fiorentina gli offrirà il rinnovo fino al 2014 e vedrete che, come direbbe Don Diego, questo matrimonio tra Prandelli e la nazionale...NON s'ha da fare.