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CATTIVI PENSIERI... Una "motivazione" per Corvino

di Stefano Borgi

Prima dell'inizio del campionato Pantaleo Corvino disse due cose: "questo sarà un anno pericoloso" , prefigurando una nuova stagione di sofferenze e difficoltà sull'onda dei sei mesi precedenti. Poi la seconda... "vorrei comprare un giocatore che si chiama motivazione" che è poi la trasposizione moderna della celeberrima frase di Angelo Massimino, quando negli anni 70' voleva comprare... l'amalgama. Non c'è che dire, i due personaggi si somigliano, per stazza fisica e linguaggio colorito. Ma, non ce ne voglia la buon anima del presidente del Catania, crediamo che Pantaleo Corvino sia di un'altra pasta, di una diversa vivacità intellettuale, insomma...Pantaleo Corvino disse quella frase non per ignoranza, ma per reale convinzione. Il ds di Vernole aveva capito il rischio al quale andava incontro una squadra che aveva dato tutto, che era stata spremuta in ogni sua stilla vitale da quattro stagioni disputate al limite (e forse al di sopra) delle proprie possibilità, fisiche e tecniche. Il resto è storia: il giocatore "motivazione" non è stato comprato, ed il cammino in campionato della Fiorentina lo sta a testimoniare. Quello che Corvino non aveva capito è che questo giocatore serviva sopratutto a lui, al dirigente navigato che forse per la prima volta accusa il peso degli anni e delle responsabilità.

Ma andiamo con ordine: c'era una volta un direttore sportivo osannato ed idolatrato dalla tifoseria, tanto che gli fu intitolata anche una via di Firenze (virtualmente, ma il gesto fu significativo) come ringraziamento ed eterna gratitudine per il lavoro svolto. I viola veleggiavano in Europa, in viale Fanti arrivavano calibri come Gilardino, Vargas, Jovetic, e qualche anno prima c'erano stati Toni, Frey, Mutu oltre a giovani di bellissime speranze come Montolivo e Pazzini. L'altra metà del cielo viola si chiamava Cesare Prandelli, con il quale c'era scarsa sintonia ma i due personaggi erano talmente forti, autonomi, fortunati (anche questo va detto) che la barca andava, eccome se andava. Poi, piano piano, il vento comincia a girare... arrivano i primi tentennamenti, le prime cessioni amare, discutibili (Pazzini su tutte, ma anche Kuzmanovich e Semioli) i primi risultati negativi. Nel mezzo il colpo di coda della cessione di Melo alla Juventus e, praticando un labile buonismo, mettiamoci anche gli arrivi di Marchionni e Zanetti (oltre alla promessa Ljajic) ma poco altro. Fino all'addio di Prandelli e lo scorso mercato di gennaio che si rivela un vero e proprio spartiacque tra il Corvino sicuro, spavaldo, simpaticamente arrogante e quello impaurito, dubbioso, cattivo giocatore (memorabile la scommessa alla Snai sulla permanenza di Prandelli, rinfacciata e minacciata dalla gran parte dei tifosi). Bolatti e Felipe i fallimenti più clamorosi, ma anche le partenze di Dainelli e Jorgensen che hanno svuotato lo spogliatoio viola di due elementi fondamentali, imprescindibili. Il mercato di quest'estate, poi, è un dettaglio: Cerci, D'Agostino ed il mancato ingaggio di...motivazione. Corvino lo spiegò dicendo... "avevamo pensato alla fine di un ciclo, a smantellare la squadra, poi ho guardato negli occhi i miei giocatori ed ho visto il fuoco, la voglia di rivalsa, ed ho deciso di puntare ancora su questo gruppo". Sarà l'errore finale, che la Fiorentina sta pagando tutt'oggi. Lo spunto per queste riflessioni ce l'ha dato la presentazione di Neto, pochi giorni fa. Quello che abbiamo visto non era il vero Corvino, bensì un uomo sotto esame senza serenità, senza la necessaria tranquillità. Corvino sa che non può più sbagliare, che Della Valle si aspetta molto dal suo mercato creativo, e lui stesso mette le mani avanti quasi contraddicendo il suo azionista di riferimento. Un Corvino con scarsa...motivazione, almeno in apparenza, senza sicurezze, senza certezze. Ci sono 12 giorni per recuperare tutto questo e migliorare la Fiorentina, il vero Corvino ce la può ancora fare...