ENZO BEARZOT, Un friulano col viola nel cuore...
La prima cosa che ho fatto quando ho saputo che Enzo Bearzot se ne era andato, è stato avvertire Giancarlo Antognoni. Qualche anno di professione mi hanno regalato il privilegio di essere in buona confidenza con il "capitano", ed ho pensato che fosse meglio saperlo da un amico piuttosto che da un lancio frettoloso di qualche agenzia. Un semplice messaggio, poche righe, per una risposta che si è fatta un pò attendere. Poi un laconico ringraziamento: "grazie, ma lo sapevo già..." Sono bastati pochi minuti perchè i suoi ragazzi, i 22 eroi di Spagna 82'', si mettessero in contatto l'uno con l'altro e partecipassero compatti, uniti, ad un dolore vero, autentico. Enzo Bearzot era fiulano d.o.c (nasce ad Aiello del Friuli il 26 settembre 1927), ma aveva il dono dell'empatia silenziosa, la capacità di comunicare con lo sguardo, con poche parole ma decise, spesso (appunto) col silenzio. Scrivo queste cose non perchè lo abbia conosciuto personalmente (questo privilegio, stavolta, non l'ho avuto...) ma perchè scambiando qualche parola con chi lo ha frequentato ho maturato la sensazione di un uomo schivo, riservato, ai limiti dell'introversione, capace allo stesso tempo di non farti sentire solo, di coinvolgerti nei suoi pensieri, nei suoi progetti.
Giancarlo Antognoni deve molto della sua carriera ad Enzo Bearzot. Il "vecio" (questo il suo storico soprannome) lo ha aspettato, protetto, imposto, abbattendo gerarchie geopolitiche radicate nel tempo, lo ha difeso per oltre 8 anni di maglia azzurra (dal 75' all'83') impreziositi da 73 presenze e 7 gol. Erano quelli gli anni del monopolio Juventus con qualche piccola concessione al Torino di Gigi Radice, e poi le milanesi che, nonostante risultati sportivi contraddittori, restavano sulla cresta dell'onda. La stampa, poi, picchiava duro. Cattiva, a tratti impietosa, e su tutti brillava la stella di Gianni Brera, con a ruota "soloni" del calibro di Gualtiero Zanetti e Vladimiro Caminiti, grandi firme che "tiravano" la volata ai propri pupilli e che vedevano come fumo negli occhi l'intrusione di un numero 10 vestito di viola. Prendete la formazione dell'Italia ai mondiali di Argentina 78': dall'uno all'undici, da Zoff a Bettega, nove juventini (Gentile, Cabrini e via andare...) con le sole eccezioni di Paolo Rossi allora al Vicenza e Giancarlo Antognoni, da sempre e per sempre alla Fiorentina. Zaccarelli e Dossena del Torino in panchina, Evaristo Beccalossi dell'Inter addirittura a casa. Bearzot sceglieva sempre il "capitano", puntava sempre sul "capitano", senza mai tradirlo. "C'era un grande legame tra di noi - racconta commosso Antognoni - e lo testimonia il fatto che mi ha dato fiducia per 10 anni in nazionale, nonostante i miei problemi fisici. Ricordo che lui era più dispiaciuto di me, quando non potetti giocare la finale di Madrid nel 1982". Già, il mondiale di Spagna, l'apice della carriera per entrambi, uno da giocatore, l'altro da Commissario Tecnico. In quell'edizione gli juventini erano scesi a sei (Paolo Rossi, nel frattempo, era diventato bianconero) mentre erano entrati a far parte dell'undici titolare Oriali dell'Inter, Collovati del Milan, Bruno Conti della Roma e Graziani della Fiorentina. Più Antognoni...della Fiorentina. Il CT friulano lo aveva atteso pazientemente per mesi dopo l'infortunio con Martina, gli aveva "tenuto" il posto, e quando nell'aprile 82' Antognoni rientrò in un amichevole con la Germania Est, il "vecio" capì che l'impresa sarebbe stata possibile. Ecco perchè abbiamo titolato "Bearzot, un friulano col viola nel cuore". Se Firenze e la Fiorentina sono diventati campioni del mondo lo devono anche a lui. Ma quella parte di cuore viola non toccò solo Antognoni: il 27 settembre 1975, data del suo esordio come commissario unico della nazionale (Italia-Finlandia 0-0) c'erano due viola in campo: Antognoni e Roggi. Il terzino si fermerà un anno dopo per un gravissimo infortunio, "Antonio" diventerà un pilastro inamovibile. A Spagna 82' saranno cinque i convocati col giglio sul petto: Antognoni, Graziani, Massaro, Vierchowod e Giovanni Galli. Graziani giocherà tutte le partite, Antognoni si fermerà alla semifinale con la Polonia dove il capitano viola si ferisce al collo del piede e salterà la finalissima con la Germania. Si racconta che fu proprio Antognoni a gettare la spugna, non riuscendo nemmeno a calzare lo scarpino per il dolore lancinante. Si racconta anche di un Bearzot distrutto dal dolore per il forfait del "capitano". Forse piansero insieme... non lo sappiamo, ma ci piace immaginarlo.