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"INNO ALLA GIOIA"

di Stefano Borgi

E alla fine... Narciso Parigi batte Venditti per 3-1. Una vittoria netta, schiacciante, per di più ottenuta fuori casa, in uno stadio tradizionalmente ostile per i colori viola. Anzi (permetteteci subito una piccola chiosa), ci piace ricordare come per i corsi e ricorsi storici, l'ultima vittoria ufficiale di una Fiorentina (quella dei "grandi" però...) all'Olimpico contro la Roma risalga addirittura a 19 anni fa: era il 23 febbraio 1992 ed anche allora come oggi fu un 3-1, griffato Batistuta (doppietta) e Dunga. Non ce ne vorrà il permaloso "Bati-gol" se stavolta preferiamo la vittoria delle "pianticelle", se "una tantum" la copertina se la prendono Seferovic, Carraro e Piccini, ma quella era una normale (seppur prestigiosa) vittoria di un altrettanto normale giornata di campionato, questa vale la coppa Italia Primavera, vale il primo trofeo della gestione Della Valle. Ma torniamo al trionfo di Narciso Parigi. L'arbitro Pairetto (figlio d'arte) emette il triplice fischio finale ed esplode la gioia viola. Scene di giubilo con gran cerimoniere Pantaleo Corvino, immerso gongolante nella sua creatura. Pochi minuti ed ecco riecheggiare la voce stentorea del Narciso nazionale, che inneggia ad un "labaro viola che garrisce al vento". Non sappiamo se in origine il riferimento fosse al Ponentino romano, fatto sta che quelle note suonate nella cattedrale di Roma capitale ci hanno fatto effetto, ci hanno fatto riscoprire l'orgoglio di essere fiorentini, riassaporare il gusto di tifare viola. Insomma, un vero e proprio "Inno alla gioia". In un attimo le note di Venditti col suo "Roma Roma" (puntualmente trasmesso in apertura) si sono dissolte impercettibili, le altre note (quelle di "Grazie Roma") che sarebbero venute di lì a poco sono state stoppate, spazzate via dal magnifico "Oh Fiorentina" intonato e doppiato dai 40 (50?) eroi venuti da Firenze. Li abbiamo un pò invidiati, sparuti testimoni di un'emozione per pochi intimi. Li abbiamo applauditi e ringraziati per aver tenuto alto il nome di Firenze di fronte a 20.000 giallorossi fuggiti con la coda tra le gambe. Sullo sfondo la rivincita di Pantaleo Corvino, l'investitura di Renato Buso, l'entrata in società di Carraro, Seferovic, Piccini, e con loro Acosty Maxwell, fisicamente (a nostro parere) il più pronto di tutti.

Il primo trofeo della gestione Della Valle abbiamo detto. Peccato che nessuno dei due fratelloni marchigiani abbia trovato il tempo per condividere la gioia con questi ragazzi. Che immagine sarebbe stata Andrea, tronco secolare del futuro viola, in mezzo alle pianticelle che crescono rigogliose. E cantare tutti insieme l'inno viola, l'inno alla gioia viola. Peccato... a prima vista ci pare un piccolo autogol, ma tant'è... la partita sarebbe comunque finita 3-2. Adesso tocca ai "grandi" seguire l'esempio. Lungi da noi indulgere a luoghi comuni, piuttosto che inscenare reprimende di basso conio. Mancano otto partite alla fine, c'è da onorare la maglia, un simbolo (il giglio di Firenze), c'è ancora da inseguire un traguardo. E a proposito... per chi (tra giocatori e dirigenti viola) non lo sapesse, l'Inno alla Gioia (oltre che movimento finale della 9° sinfonia di Ludwig van Beethoven) è anche l'inno ufficiale dell'Unione Europea e dell'Europa in generale. Chi l'avrebbe mai detto: da Narciso Parigi a Beethoven passando sopra Venditti, per arrivare ad un inno alla gioia viola che profuma d'Europa. A buon intenditor...