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OCCHI PUNTATI SU... Mutu e la solitudine della 1° punta

di Stefano Borgi

Adrian Mutu come Alberto Gilardino. 90' di solitudine, di abbandono, passati a chiamare i compagni, ad urlare di "salire", cercando un aiuto, un pò di collaborazione, chissà...forse una carezza. Mutu come Gilardino, con l'unica, sostanziale differenza che il gila spesso trova la rete mentre stavolta il "fenomeno" è andato miseramente in bianco. Eh già, perchè ieri con l'Udinese (oltre ad una serie infinita di storture e nefandezze che non citeremo per non annoiare) si è ripetuta la costante che ha accompagnato Gilardino in queste prime 15 giornate di campionato: la solitudine della prima punta. Tutto si riconduce ad un'equivoco tattico, ad un modulo che era di Prandelli ma che non è di Mihajlovic, ma sopratutto non è di questa squadra. Le avvisaglie di questo disagio tattico si erano già avvertita nel finale della scorsa stagione, quando la Fiorentina andava a gonfie vele in Europa ma stentava in campionato. Questione di motivazioni, di stimoli, ma anche di attitudine al ruolo, di predisposizione al sacrificio. Il palcoscenico europeo, si sa, moltiplica le forze, accresce l'entusiasmo, senza contare che la Fiorentina (oltre a venire molto spesso sottovalutata) proponeva un 4-2-3-1 innovativo e a tratti "sorprendente" per squadre come Lione, Liverpool, Bayern... Questione di modulo, quindi. Il 4-2-3-1 è un sistema di gioco che richiede ai due esterni un lavoro massacrante, diviso tra il continuo allineamento col centrocampo a formare un 4-1-4-1 in fase difensiva, ed un altrettanto continuo affiancamento alla prima punta per creare un 4-2-1-2 in fase offensiva.

Ecco dove nasce il problema: i vari Vargas, Cerci, Marchionni, Santana, per non parlare di Ljajic che giostra da rifinitore ma ancora troppo acerbo, non nascono esterni d'attacco, o quantomeno non ci credono abbastanza per supportare tale modulo. Forse lo sarebbe Vargas, ma quì si entra nel campo delle motivazioni, dell'entusiasmo ed allora stendiamo un velo pietoso. Forse lo sarebbe Cerci, ma il "Garrincha di Valmontone" dobbiamo ancora capire che tipo di giocatore sia. Forse lo sarebbe Marchionni se fosse in buona condizione fisica e mentale. Non lo è certo Santana che ormai da tempo ha subito un involuzione tecnica preoccupante alla quale ha spesso sopperito con la corsa, con l'abnegazione che però alla lunga non può bastare. Il risultato è di un centrocampo scoperto (prendiamo gli ultimi esempi di Cagliari ed Udinese dove la mediana avversaria ha fatto a fette quella viola, per corsa e presenza numerica) e di un attacco (anzi, di un attaccante) abbandonato a se stesso. Adrian Mutu di Udine, appunto. Sinisa Mihajlovic si era illuso di poter riproporre il modulo "Liverpool" cioè con il romeno lassù, da solo, a far da specchietto per le allodole, in attesa del rientro di Alberto Gilardino. Ma non funziona, non fuori casa, non contro formazioni motivate ed in salute, non con un manipolo di svogliati in maglia viola che umiliano la dignità di Firenze e dei propri tifosi.

Mihajlovic (lo abbiamo detto più volte) deve tornare se stesso: deve fare il 4-3-3 (il suo modulo da sempre), deve motivare in modo diverso i giocatori (faccia un pensierino a riesumare i famosi "calci nel culo"), deve abbandonare i sogni di gloria riaffiorati dopo le recenti prestazioni contro Milan e Juve. Deve semplificare le cose (non va bene il 4-3-3? Allora si provi un elementare ma efficace 4-4-2) e raggiungendo il prima possibile 40 punti. Ultima considerazione. Premesso che per il ruolo di seconda punta ci sarebbe anche Seferovic, ci chiediamo: l'ostracismo di Babacar ha una matrice soltanto tattica? Solo caratteriale? Di maturità che non c'è piuttosto che di indolenza da parte del giovane senegalese? Il quarto d'ora di "baba", ieri ad Udine, ha detto che la Fiorentina gioca meglio con due punte, che la presenza fisica di Babacar è un problema per le difese avversarie, che Mutu ha toccato più palloni in 15 minuti che nei precedenti 75'... E allora Babacar...perchè no?