E ANCHE IL PISA DOVETTE SPALARE LA NEVE...
Devo ammetterlo. Quando ieri (più o meno saranno state le 17,30) ho saputo del fallimento del Pisa Calcio, la mente è tornata all'istante, quasi in modo violento, alla sera del 21 agosto 2002, quando 11 ragazzini vestiti di un anonima maglia bianca fasciata di viola, vennero battuti per 1-0 da altri 11, in completo nerazzurro, nella prima partita della Coppa Italia di serie C, stagione 2002-2003. Ma questo sarebbe stato il meno, nel calcio come nella vita si vince e si perde. La nota stonata, ed uso un eufemismo, fu vedere il "formaggino" occupato dai tifosi pisani che sfoggiava una coreografia raffigurante un cimitero illuminato ed una cassa da morto con su scritto "ACF Fiorentina". Il macabro spettacolo celebrava la morte (sportiva, s'intende) della Fiorentina di Cecchi Gori, e tutto, ne siamo certi, fu messo in piedi con malcelata perfidia e partecipe godimento. Ricordo come fosse oggi il buonismo di mio padre, tipico di chi ha vissuto (per sua fortuna) un calcio di altri tempi, nel vano tentativo di ridimensionare quello che per un tifoso come me fu un vero e proprio delitto, una ferita non rimarginabile, il colpo ferale ad una dignità sportiva oramai fatta a brandelli. E' lo stesso buonismo che, sette anni dopo, mi ha indotto a trasformare queste mie riflessioni da bieche e becere esternazioni di vendetta (secondo programma) a pensieri costruttivi, conciliatori, nel tentativo di ricucire il rapporto calcistico tra Firenze e Pisa. La Florentia viola, così si chiamava quella squadra simbolo della rinascita del calcio a Firenze, nel breve volgere di due anni scalò posizioni importanti arrivando ben presto alla serie A. Il Pisa, allora in C1, navigò a lungo in quelle acque perigliose, senza scendere mai negli inferi della C2 (dove, invece, stava la Florentia viola) ma dovendo rimandare di ben 5 anni la salita in serie B. Fino alla cancellazione di poche ore fa, ironia della sorte, proprio nell'anno del centenario.
Qual'è, quindi, la morale che se ne trae? Potremmo scivolare nel banale e dire: "Oggi a me, domani a te", piuttosto che chiosare... "La vendetta è un piatto che si consuma freddo", oppure raggiungere la sublimazione sedendosi sulla riva del fiume e, come recita il famoso proverbio cinese, attendere che passi il cadavere del nemico. Forse sette anni fa sarebbe successo, forse in quel 2002, tragico ed esaltante al tempo stesso, la rabbia avrebbe superato la ragione, ma da allora abbiamo vissuto una promozione in serie A e 4 partecipazioni consecutive alla Champions League. Abbiamo applaudito fuoriclasse (stavolta in maglia viola, senza quella buffa fascia in mezzo) dal nome di Toni, Frey, Mutu, Gilardino e ci abbeveriamo allo spessore tecnico ed umano di Cesare Prandelli...e allora servirebbe a qualcosa godere della disgrazia altrui? No, non crediamo. Serve, invece, rialzare immediatamente la testa e spingere le autorità cittadine pisane ad organizzarsi come fecero quelle fiorentine, senza perdere tempo. Anche perchè la Fiorentina in serie A col Pisa vanta uno score di 7 vittorie, 6 pareggi ed una sola sconfitta nei 14 precedenti (che tradotto nell'attualità vogliono dire sei punti sicuri in campionato, per i quali siamo disposti ad aspettare il tempo necessario). E poi, rivolgendoci ai cugini pisani, potrebbe capitare anche a voi l'anno prossimo di dover spalare la neve come fecero Di Livio e compagni il 16 marzo 2003 in quel di Gubbio. E credeteci, in quei momenti si capiscono tante cose...