ACF, Il ricordo del Grande Torino
Fonte: violachannel.tv
Scarpini da calcio, documenti, i rottami di un aereo. Pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale verso la rinascita economica, tutta l’Italia si ferma. Da qualche minuto sono passate le cinque del pomeriggio del 4 maggio 1949.
Un’amichevole, a Lisbona, per omaggiare il campione lusitano Ferreira, conosciuto da Valentino Mazzola in una gara della Nazionale tra Italia e Portogallo. Il ritorno in patria per le ultime quattro partite di campionato e il quinto scudetto consecutivo all’orizzonte.
Quell’orizzonte che una tecnologia, ancora in divenire, non rese chiaro tra nebbia, vento e pioggia, al comandante dell’aereo che si schiantò sul colle di Superga.
Il Grande Torino degli invincibili, ora immortali.
Sono passati settant’anni, ma il ricordo è sempre mantenuto vivo. Molti stadi portano ancora il nome di quei campioni che riunivano l’Italia della rinascita nelle maglie Granata. Un calcio antico, un mondo lontano che Dino Buzzati, inviato dal Corriere sul luogo della tragedia, rende attuale anche a tre quarti di secolo di distanza: ”All' improvviso gli assi del pallone, i calciatori formidabili, i campioni [...] questi ideali dell' eta' moderna non sono piu' che uomini, giovani creature con madri, spose, figli con la loro casa amata, il letto dove mai piu' dormiranno, i loro trofei che la polvere degli anni fara' a poco a poco impallidire. […] Bel merito, saper dare dei calci ad un pallone: val la pena, per una prestazione simile, farne dei superuomini, per essi sgolarsi, smaniare, soffrire, spendere un mucchio di quattrini? Cosi' si pensava molto spesso. E ci voleva la tragedia del Torino per aprirci gli occhi. Ecco che cosa sono i grandi calciatori, lo si e' letto oggi sul volto di troppa gente perche' ci si possa ostinare a non intendere. […] essi portano ogni domenica un soffio di fantasia e di nuova vita […] “.
Fantasia e tanta passione, per il loro lavoro. Dirigenti, giornalisti, allenatori presenti insieme ai calciatori sull'aereo sono accomunati nella tragedia. Nessun superstite. E tra i racconti di chi si è impegnato a lavorare attorno alle macerie ci sono anche quelli legati a Romeo Menti. Lui con la Fiorentina aveva sollevato la prima storica Coppa Italia e disputato oltre un centinaio di partite segnando più di cinquanta goal. Con il Toro lo scudetto e anche quell'ultima rete a Lisbona contro il Benfica. L'ultima rete del Grande Torino.
Aveva scelto Firenze come casa. E proprio sul risvolto di quello che restava della sua giacca, quel tragico pomeriggio, fu ritrovato uno stemma della Fiorentina.
Calciatori sconfitti solo dal destino che Indro Montanelli, in un articolo il giorno successivo alla tragedia, prova a sintetizzare con queste parole “[...] e cosi' crederanno, i ragazzi, che il Torino non e' morto: e' soltanto in trasferta".