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BURDISSO, Ancora: "In questi anni viste più di 450 partite"

di Redazione FV

Dopo le anticipazioni della giornata di ieri, nell'intervista complessa concessa a Cronache di Spogliatoio l'ex direttore sportivo della Fiorentina Nicolas Burdisso ha raccontato qualche altro retroscena: "Per me è un momento per seminare pensando al futuro. Nel mio metodo di lavoro ragiono tanto facendo scouting perché è una risorsa per noi conoscere i profili dei calciatori, conoscere realtà di mercati e campionati diversi, nel mio caso trovare e seguire allenatori, vedere quali possono essere compatibili per il nostro modo di pensare".

Su come ha lavorato in questi anni alla Fiorentina, Burdisso ha risposto: "In questi 3 anni ho visto più di 450 partite live, comprese le nostre che sono state l’85%. Io voglio stare con la squadra il giorno della partita, avere una condivisone prima e dopo con calciatori, allenatore, dirigenti. In questi anni ho lavorato tanto anche per il mio bagaglio personale conoscendo realtà che sarebbe stato impossibile conoscere da giocatore. Sono stato anche tanto a vedere allenatori, vedevo tanto il settore giovanile: sono appassionato da argentino, dobbiamo per forza vedere il settore giovanile. In questo punto l’Italia può crescere tanto, tanti calciatori erano pronti in tante squadre e poi fanno un passaggio in B, in C e inizi a stoppare la sua crescita. In argentina siamo molto più istintivi, se vediamo che è pronto lo mettiamo in campo. Alla fine, il calcio è selezione naturale, il campo non dice bugie. Tutto questo lavoro mi ha fatto crescere tanto. L’ultimo anno con la costruzione del Viola Park ho portato la creazione di un’area performance a 360 gradi su tutti i calciatori e calciatrici della società che può fare la differenza". 

Su come mediare la situazione tra dirigente e giocatore: "I giocatori sono persone nettamente istintive, intelligenti in base a questo istinto, Non arrivi a fare il giocatore ad alti livelli se non sei istintivo: vuol dire che dopo 2 minuti che stai parlando già il calciatore ha capito che tipo di persona sei, come tri può convincere, da dove entrare o no. Questo non c’entra nulla col livello di cultura o di istruzione. Sono persone molto istintive, sanno bene quanto gli puoi dare e quanto non gli darai. Mi è successo negli ultimi mesi che uno di questi calciatori aveva fatto un errore negli ultimi minuti, io sono entrato e gli ho detto “cavolo dovevi aspettare, temporeggiare un po’ di più”. Quello che non sapevo era che in campo finita la partita si era messo a discutere con un compagno su questa giocata, e poi nel tunnel prima dello spogliatoio l’aveva fermato l’allenatore e gli aveva detto “guarda che dovevi fermarti”. Io sono stato il terzo ad arrivare e lui mi ha ovviamente mandato a quel paese. E l’ho capito subito. È lì che devi morderti la lingua e capire il momento. Dopo 20 minuti è venuto lui nel mio ufficio e mi ha chiesto scusa lui. Tante volte è anche per l’altra cosa, per andare a parlare con un calciatore e dire “guarda che ci aspettiamo molto di più, perché noi crediamo in te, perché noi ti abbiamo portato”. Va rivolta sempre in positivo perché sei una persona costruttiva, devi essere una risorsa anche quando devi fare il cattivo. Lo stesso vale nel parlare con gli allenatori: vedo questo ruolo come un punto di riferimento ma anche come un equilibrante degli allenatori. Se perdono delle partite sono pieni di dubbi su come stanno allenando, su come preparano le partite. E sta a te dire: “Guarda che stai andando bene, guarda che la squadra sta facendo bene, arriveranno i risultati”. O quando vincono 2-3 partite che sono esaltati devi dire “Sì mister bisogna continuare ma attento a questo, questo può diventare un problema”. Questo è un po’ il mio metodo di lavoro, gestire i momenti belli. È la cosa più difficile del mondo. Gestire la sconfitta per me è la cosa più semplice che c’è. Noi siamo obbligati a reagire e farci domande nella sconfitta, ad analizzare e vedere come possiamo migliorare. Gestire il trionfo invece è il punto che ti fa crescere, quando le cose vanno bene dire “Possiamo migliorare, dobbiamo continuare” senza entrare nell’insicurezza o nella paranoia. Questa me la sono portata dietro dai grandi allenatori che ho avuto, che hanno vinto e continuano vincere. Da Mourinho a Mancini, Luis Enrique, Gasperini, tutti hanno una linea che è la gestione della vittoria. Nella sconfitta siamo tutti bravi a gestire, siamo obbligati a reagire, se no andiamo tutti a casa. Invece il migliorare e perfezionare costantemente mentre stai facendo bene è una cosa che guardo tanto. Quando trovo allenatori parlo tanto anche di questo".