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FELIPE, La Fiorentina deve puntare allo scudetto

di Redazione FV
Fonte: La Repubblica

Felipe lei è un´atleta di Cristo. Come riesce a tenere insieme fede e pallone? «Facile. Per giocare ci vuole fede. Per vincere una partita ci vuole fede. La fede è la chiave di tutto». Ma sono due mondi diversi e distanti. «Perché? La fede è la strada che tutti dovremmo seguire. Non vedo un problema». Inizia così la lunga intervista di Felipe Melo sulle colonne odierne de "La Repubblica".L´altra sera era in campo e ha visto Borgonovo, la fede può spiegare anche questo?
«No, ci sono cose che la fede non riesce a spiegare. E poi la fede non deve dare risposte, la fede è "la" risposta. Quello che è successo a Borgonovo è terribile, ma la vita purtroppo è fatta anche di queste cose. La vita è così».
Com´è la sua vita?
«Adesso è bella, ma ho lavorato tanto per conquistare quello che ho. I primi tempi, in Brasile, non era così. Non mi è mai mancato niente, però lì la vita non era bella».
Se l´è meritata una vita così?
«Sicuro».
Quanto è importante per lei la famiglia?
«Molto. Prima viene Dio e poi la mia famiglia. Senza la mia famiglia non so vivere. Mia moglie e i miei figli sono sempre con me».
A proposito di figli, il primo si chiama Lineker, come il calciatore.
«Sì, mi piaceva».
E il secondo David.
«Un nome della Bibbia. Ha presente Davide contro Golia?».
E a gennaio nasce il terzo.
«La terza, è una femmina. Pietra».
Quando ha capito che Dio era quello che cercava?
«I miei genitori sono cattolici e molto religiosi, fin da bambino mi hanno insegnato la parola del Signore. Ma io all´inizio seguivo un´altra strada».
Cioè?
«La Bibbia insegna certe cose, io ne facevo altre».
Tipo?
«Per esempio ho fatto sesso prima del matrimonio. Nella Bibbia c´è scritto che puoi fare l´amore solo con tua moglie, io invece l´avevo già fatto prima di sposarmi».
Adesso le cose sono cambiate.
«Adesso ho più esperienza, non sono più un ragazzo, ho venticinque anni e ho messo la testa a posto».
È sereno?
«Sono normale. Sono tranquillo. Sereno non sempre».

(...)


Parliamo di calcio. Che squadra è la Fiorentina?
«Forte, capace di farsi rispettare sia in campionato che in Champions League».
Qual è l´obiettivo in Champions?
«Passare il turno, dopo ne riparliamo».
E in campionato?
«Lo scudetto».
Come lo scudetto?
«Una grande squadra deve avere obiettivi ambiziosi anche se sa che sono difficili da raggiungere. Quindi il primo obiettivo deve essere lo scudetto. Il secondo la Champions. Il terzo la Uefa».
Qual è la partita che vorrebbe rigiocare?
«Quella con la Lazio, possiamo vincere».
Si sente un leader?
«Quando ero più piccolo mio padre mi diceva sempre: "Sei un leader, sei un leader" e io mi sono convinto. Le responsabilità non mi spaventano».
Ha un sogno?
«Sicuro, la nazionale. Sarebbe bellissimo. Quando ho fatto l´accordo con la Fiorentina ero a cena con la mia famiglia e alcuni amici. Mi ha chiamato il mio procuratore e mi ha detto: ho firmato. Ero così emozionato che mi sono messo a piangere e non riuscivo a parlare. Mia moglie si è spaventata. "Chi è morto, chi è morto", mi ha urlato. Pensava a una brutta notizia, invece la mia era solo felicità. Ecco, se mi chiamasse Dunga succederebbe la stessa cosa».
Che pensa di Prandelli?
«È troppo sincero e nel calcio è una cosa rara. Mi piace troppo».