Guerini, dalla carriera all'incidente: "La Fiorentina mi trattò come un figlio"
Vincenzo Guerini, un passato alla Fiorentina sia da giocatore che da dirigenti, ha raccontato a TMW Radio, durante Storie di calcio, la sua storia:"Sono stato un uomo fortunato, perchè nella vita ho fatto quello che sognavo da bambino. Ho ricoperto tutti i ruoli, tranne il ds. E' stata un'avventura meravigliosa, fatta di grandi gioie, anche di sofferenze, delusioni, errori, ma è stato un mondo che ho sognato e che ho vissuto. Dovrei ringraziare tante persone, forse ho avuto più di quello che meritavo".
Poi è partito dagli esordi, da quella passione avuta fin da ragazzo: "Sono cresciuto nell'oratorio del mio paese, come quasi tutti ai miei tempi. Poi ho avuto la fortuna che a Brescia c'era Azeglio Vicini, che mi ha visto e mi ha portato con la Nazionale juniores a Coverciano. All'epoca c'erano Di Bartolomei, Oriali, Antognoni, e io ero dentro questo gruppo. Sono andato e cresciuto in fretta. A neanche 18 anni ho esordito in B, a 20 in A, ho fatto tutte le juniores in Nazionale. Ho finito presto, è vero. Dopo l'incidente mi è mancata la possibilità di fare una partita di calcio, anche con gli amici. Ora non ci penso più, ma a 22 anni fu molto dura. Per fortuna ho avuto una società come la Fiorentina che mi è stata vicino e mi ha dato la possibilità di fare l'allenatore dei giovani. Il mio primo maestro è stato Ulivieri, che mi ha dato anche coraggio".
Sulla Fiorentina ha detto: "Facevo il militare a Orvieto, da Brescia mi arrivò la telefonata da Bernardini che mi diceve che mi avevano venduto alla Fiorentina. Non ci credevo. Per una cifra sbalorditiva all'epoca. Non avevo mai visto una partita di Serie A dal vivo, e mi catapultarono subito lì. Per fortuna incontrai Antognoni e Roggi, che avevo frequentato con le juniores. Poi incontrai anche Radice, che mi ha fatto esordire e giocare anche titolare. Fatico ancora a crederci oggi a questo. Arrivai alla Fiorentina e capii che dovevo dare tutto me stesso". E ha confessato: "Quando nell'82 vinsero il Mondiale, ho pianto perchè ero felice per questi ragazzi che conoscevo, perché c'ero stato anche io in quel gruppo".
Poi il racconto dell'incidente che ne ha interrotto la carriera: "Non ho mai perso conoscenza. Ho avuto molta fortuna, perché ho fatto 70-80 metri in autostrada rotolando, nella corsia opposta, passando davanti a un camion. Poteva finire moto male, ma con la gamba spappolata ho avuto la freddezza di farmi dare la cintura per fermare l'emorragia. La mia paura più grande era che non vedevo più Mimmo Caso, poi meno male che mi hanno detto che stava bene. Mi sentivo in colpa e sono felice che sia andata bene per lui. La mia paura era che mi amputassero la gamba, invece l'hanno salvata con più di 70 giorni di ospedale e 5 operazioni. I medici furono meravigliosi. La Fiorentina poi mi ha trattato come un figlio".
E ha continuato: "Avevo 22 anni, ho fatto 7-8 mesi ad allenarmi a bestia perché volevo farcela a tutti i costi, ma per 2-3 mesi facevo allenamenti senza migliorare. Dopo un anno e mezzo, ho deciso di gettare la spugna perché non c'era verso. Forse oggi si poteva fare di più, ma non so, ho dovuto accettare la realtà. E pensavo 'Cosa faccio ora? Torno al paesello e in fabbrica?' Invece la Fiorentina non mi ha abbandonato, mi ha fatto fare il corso allenatore e dato in mano un gruppo di Allievi. C'erano Marco Baroni, Bortolazzi, Landucci, ancora li sento. E ogni anno ci rivediamo".