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ITALIANO, Io allenatore per vocazione, vi spiego il 4-3-3

di Redazione FV

Protagonista dell'ultimo episodio di "Like Tattico", trasmissione curata da DAZN, l'allenatore viola Vincenzo Italiano ha parlato di attualità e anche di passato: "Se la mia Fiorentina ha un difetto è che produce tantissimo ma non riesce a finalizzare. Ci serve più concretezza".

E' partito tutto dalla Polisportiva Sacra Famiglia.
"In quel campettino andavo la sera a trovare tutta la gente che era a far parte di questa società, nel quartiere dove abitavo a Padova. Avevo appena smesso di giocare e andavo a fare pratica, così iniziavo un po' ad esercitarmi. Mi sono sempre interessato al ruolo di allenatore, è stata una vocazione arrivata subito".

Perché il 4-3-3?
"Questo modo di occupare lo spazio mi era piaciuto tantissimo già da calciatore, con il fatto di sfruttare l'ampiezza, avere tanti uomini pronti a concludere l'azione e con gli esterni da poter usare in vari modi". 

Si è ispirato a qualche allenatore in particolare?
"Non ho avuti tanti di altissimo livello: Prandelli, Malesani, Delneri, Iachini, Gigi Cagni. Tutti mi hanno lasciato tantissimi, a volte mi segnavo qualche discorso o esercitazione particolare".

Le vie laterali la contraddistinguono.
"Sfruttare gli eterni permette a chi aggredisce l'aria di farlo nel migliore dei modi. Entrare negli ultimi sedici metri è sempre difficile, ma va fatto con chi sa leggere certe situazioni. Aver fatto il calciatore è stato fantastico, un sogno. Una volta ho detto che non ho mai avuto un piano B, poi mi è venuta fuori questa passione di fare l'allenatore".

Anche il pressing alto la caratterizza, è qualcosa che vuole da tutti?
"Anche un centrale difensivo lo portiamo a lavorare con l'interno di centrocampo avversario, così da limitare il palleggio dal basso delle squadre contro cui giochiamo".

Avendo allenato in tutte le categorie, crede ancora che l'insegnamento sia sacro?
"Sì, le coppe tolgono sedute di allenamento e devi essere più veloce nella preparazione ottimizzando il poco tempo a disposizione".

Nella metà campo offensiva lei lavora uomo contro uomo?
"Sì, ricerca della riconquista della palla, di non permettere all'avversario di avere spazio e tempo di ragionare. Il concetto è che qualche rischio devi sempre correrlo e quindi adattarti alle caratteristiche degli avversari".

Lei studia più la partita o l'avversario?
"L'importante è convincere i ragazzi che tutto ciò che si propone può portare risultati e vantaggi. Nel momento in cui si conoscono le proprie qualità, lavorare anche su quelle dell'avversario".

Tutto questo spazio alle spalle però si tramuta in un gol subito?
"Col Basaksehir ad esempio il cambio d'uomo poteva avvenire tra Igor e il centrocampista. Quando abbiamo analizzato questo episodio, sapevamo di dover assorbire il cambio d'uomo coi difensori".