ALLA FERGUSON O ALLA LIPPI?
Gli 'heroes' cantati da Mourinho sono la resistenza delle panchine contro il regime degli esoneri, della firma e dell'addio facile. Pochi uomini in un sistema durissimo, spietato, letale. Eroi, tra mille virgolette, dei campi moderni. Allegri, Gasperini, Prandelli, lo Special One stesso. Poi il valzer è continuo, un turbinio di andirivieni, tra la moda del guardiolismo, quella dei cavalli di ritorno, l'altra dei salvatori della patria last-minute e quella dei caratteri diversi che prendon fuoco facilmente.
Prandelli appartiene alla categoria in via d'estinzione, quella che in un club vorrebbe sedersi e rialzarsi solo in tarda età. A Genova chiamano il tecnico Gasperson e con tanti motivi a seguire: Ferguson, uno scozzese divenuto Sir, è il capostipite del calcio d'oggi delle mosche bianche che da una società non se ne vanno più. Firenze lo ha chiesto e quasi supplicato, che al tecnico di Orzinuovi venisse rinnovato il contratto. Aria di firma, poi la quiete, ora il ritorno della tempesta a forti tinte azzurre. La Nazionale chiama, Prandelli risponderà?
La tentazione di una vita in viola alla Ferguson è forte. La Nazionale, però, checché se ne dica sulle rive dell'Arno, è la Nazionale. Quella che fa gioire da Bolzano a Lampedusa, italiani emigranti e viandanti compresi. Lippi ha già dato in anticipo il suo adieu al ruolo di ct, in primavera la Federazione romperà gli indugi e muoverà i primi, ufficiali, passi, per la sua sostituzione. Ed i nomi che ballano sono quelli di 'quasi' eroi di tempi moderni, leggi Spalletti, che pareva avere la Roma tatuata indosso prima di rompere con l'ambiente e volare in Russia. Vedi Ancelotti, una vita al Milan prima di virare ed ormeggiare Oltremanica. Come Prandelli, al bivio tra un rinnovo che la società ancora non ha messo sul tavolo ed una chiamata azzurra pronta ad esserci, su quel tavolo.