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ARRESI, INTEGRALISTI...E ITALIANI

di Tommaso Loreto

L'Argentina che si allinea al Belgio e all'Olanda, il Governo francese che stoppa la Ligue 1 fino ad agosto e persino il presidente del Comitato medico della FIFA il quale dichiara che “Le partite di calcio non dovrebbero tornare prima di fine agosto o inizio settembre”. Non ci fossero di mezzo argomenti più importanti del puro sport verrebbe voglia di tornare indietro di qualche settimana, quando non solo ci permettevamo di segnalare su queste pagine che concludere il campionato non fosse l'ideale, ma pure che tanti appassionati avrebbero col tempo perso interesse (aspetto confermato da un recente sondaggio secondo il quale il 64% degli italiani non vuole che si torni in campo).

Eppure mentre la fase due si palesa come una lenta e graduale ripresa che per ora scontenta molti, è come se anche il calcio italiano si trovasse chiuso all'angolo. Non tanto per lo scontro registrato nelle ultime ore con il botta e risposta con il Ministro dello Sport Spadafora sul protocollo medico e sulle date per il ritorno in campo, quanto per gli scenari europei e internazionali che si stanno profilando.

Di certo il dibattito attuale in Serie A annovera anche aspetti inediti, non solo per alcune tesi arrivate dalle società più interessate a ripartire, ma anche per la retromarcia infilata ieri dallo stesso Spadafora capace in 24 ore di passare da un virgolettato all'altro: prima "non è detto che il campionato finisca" poi "c'è ancora speranza". Potere dei danari che rischiano di saltare dalle tv, dell'ira della Lega o di chissà cos'altro, fatto sta che poi è Gravina, la FIGC, a far sapere che per gli scienziati servirebbe attendere la primavera del 2021. Dinamiche prettamente italiane.

Certo, in mezzo a una mappa globale a macchia di leopardo resistono le convinzioni più integraliste: l'Inghilterra che sta già predisponendo la ripartenza della Premier, o la Bundesliga pronta persino a isolare solo i positivi nel caso in cui avvenissero contagi dopo la ripresa del campionato fissata per fine maggio (quanto alla Corea che tornerà a vedere il calcio nella prima settimana di maggio risulta difficile qualsiasi confronto per svariati motivi). Ma in generale la sensazione crescente di questi giorni è più di arresa che non di rilancio.

Anche in Spagna, al di là di quanto riferito dal presidente della Liga sull'assenza di rischi nelle gare a porte chiuse, è un po' come se si attendessero sviluppi italiani, una sorta di esempio che la Serie A potrebbe rappresentare per i colleghi iberici. In forzata attesa dei prossimi sviluppi non c'è perciò molto altro da fare se non augurarsi che siano le condizioni generali delle prossime settimane i primi fattori a favorire una ripresa del calcio. Nel frattempo converrà semmai rendersi conto che tra arresi, integralisti e gli italiani che sanno sempre e comunque distinguersi, lo scenario a livello internazionale sta repentinamente cambiando.