ASTICELLA E DIMENSIONE VIOLA, FILM GIÀ VISTO
L'asticella e la realtà fiorentina troppo stretta per gli allenatori, un film già visto. Ognuno si dà un tempo ma poi il finale è lo stesso. Prandelli parlò di asticella nel 2010, dopo quattro anni in panchina, quando semifinale di europa League, ottavi di Champions e piazzamenti costanti (due vanificati dalla penalizzazione per il calcio scommesse) avevano fatto capire al tecnico di Orzinuovi che con qualche aggiustamento si poteva osare di più e puntare più in alto. La sua richiesta prevedeva di cambiare diversi giocatori e la società, alle prerse con il monte ingaggi troppo alto e da ridurre, preferì cambiare tecnico (sirene bianconere o menofa lo stesso) piuttosto che la squadra e il sogno di Prandelli e dei fiorentini si interruppe malamente.
Poi, dopo due anni di purgatorio con Mihajlovic e Delio Rossi è toccato a Vincenzo Montella lamentarsi, far capire già dopo due anni che, per i brillanti risultati ottenuti, la squadra con lui al timone aveva dato il massimo. La società e il contratto lo "costrinsero" a restare un altro anno, con altrettante soddisfazioni, c'è da riconoscere, ma anche con glistessi malumori tanto da far interrompere il contratto a fine stagione, nonostante altri due anni da onorare.
Infine Sousa, che rispetto ai suoi colleghi ha bruciato le tappe visto che i malumori sono iniziati non dopo una stagione ma già a gennaio. Ieri sera ha parlato di cultura vincente, quella che purtroppo per i viola ha la Juve appunto. E il fatto che ieri la Fiorentina ha giocato alla pari non fa dei viola una grande squadra perché poi "durante un campionato è difficile esprimersi sempre così, ma dobbiamo tutti puntare a questo livello di gioco" ha spiegato Sousa "Questo ti consente di creare una cultura del lavoro che può permetterti di vincere anche due, tre campionati consecutivi. Per vincere però dobbiamo alzare l'asticella. Abbiamo dato tutti il massimo, ora dobbiamo continuare a crescere". Asticella, appunto. Per uno come Sousa attento alla comunicazione, le parole non sono mai a caso e si può scommettere che ha già saputo della storia di Prandelli. "Noi stiamo costruendo -dice - continuando progressivamente a crescere di anno in anno, e proveremo ad eguagliare il valore di un club che ha la vittoria nel suo dna come la Juventus. Se il nostro 100%, mio e dei miei giocatori, non è stato sufficiente per competere con una squadra come la Juventus, significa che dobbiamo inevitabilmente migliorare in qualche aspetto".
Ecco il punto, servono giocatori in grado di far alzare l'asticella, di far fare il salto di qualità perché questo gruppo, Sousa ha iniziato a sottolinearlo già mercoledì dopo la gara di Udine a "90° minuto" e lo ha ripetuto ieri sera, ha dato il massimo e per migliorare le prestazioni va ritoccato verso l'alto. Starà a lui e alla società sedersi intorno ad un tavolo capire se gli intenti coincidono per continuare insieme o meno, a patto che l'obiettivo ormai rimasto (l'Europa League) venga centrato altrimenti Sousa dovrà fare anche un bell'esame di coscienza sui suoi fallimenti rispetto alla gestione Montella.
La società invece deve ragionare sulla scelta degli allenatori: perché scegliere un profilo come quello di Sousa che vuole solo vincere e nello stesso tempo migliorare il suo curriculum (è lui stesso a dirlo e sono i cambiamenti del club di anno in anno a parlare) se poi non si è disposti ad accontentarlo? Se Sousa se ne andrà infatti c'è curiosità sul profilo del nuovo tecnico: giovane ed ambizioso, pronto a fare gavetta e poi spiccare il volo lontano da Firenze, o uno già esperto e vincente di suo che vuole semplicemente allenare la Fiorentina secondo i dettami e la "dimensione" (per usare una parola di Montella) della società? Lo sapremo tra tre settimane.